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Testo di Matteo Bellotto

Pubblicato il 11/07/2010

Capitolo IV, riveduto e corretto della Tesi di Laurea in Economia e Commercio – ambito Scienza delle Finanze dal titolo “Federalismo fiscale ed evoluzione dei rapporti finanziari tra i vari livelli di governo negli Stati Uniti d’America”.

Le amministrazioni statali tra il 1790 ed il 1840, sono secondo gli studiosi americani, tra cui il prof. John J. Wallis38, il più attivo livello di governo dell’Unione. I motivi sono vari tra cui il fatto che la nuova costituzione lasciava loro ampi poteri e perché tranne i governi federalisti, la classe politica tendeva a circoscrivere le prerogative federali, piuttosto che allargarle e questo permetteva agli stati di agire dove il governo centrale non agiva. Il motivo che però, ai fini di questo scritto si trova più interessante, è che gli stati compirono maggiori opere pubbliche perchè erano in grado di fare ciò che il governo federale non poteva. Promuovere la crescita economica, costruire infrastrutture e garantire l’equità di opportunità economiche e politiche erano compiti di entrambi i livelli, ma solo l’amministrazione statale riuscì ad operare al meglio. Per gli stati era più facile raccogliere i tributi o trovare mezzi di finanziamento, anche a seguito della “espropriazione” dei diritti doganali. Questo per due ragioni: la prima riguardava il tipo di imposte che venivano applicate e la seconda fa riferimento ai benefici connessi all’uso del denaro pubblico. Mentre la Federazione esercitava il suo intervento su opere pubbliche di carattere nazionale o per le quali i benefici potessero essere goduti dai cittadini di più stati, i governi statali avevano poteri su opere, quali strade e canali, che interessavano il proprio territorio. Tali governi potevano con molta più facilità imporre tributi a quegli stessi industriali che avrebbero beneficiato del servizio pubblico. Abbiamo parlato in precedenza del fatto che vi fossero all’epoca degli schieramenti di tipo economico tra Nord e Sud, e non è plausibile pensare che il governo centrale avrebbe raccolto tasse in tutto il paese per poi costruire infrastrutture solamente a favore delle manifatture del settentrione. Ogni singolo stato era invece libero di scegliere il tipo di tributo da imporre e la spesa da effettuare ed in pratica di creare il “proprio” sviluppo. Così emerse non un sistema economico nazionale, come nelle aspirazioni dei federalisti, ma un aggregato di sistemi locali.
Parte della strategia fu la creazione di un sistema di economia mista pubblico-privato. Gli stati iniziarono man mano ad aumentare i propri investimenti nelle compagnie e società che costruivano strade e canali ed in un secondo momento ferrovie. In tutte le località si sviluppò il sistema creditizio e i governi statali oltre a concedere la licenza per la banca (la “chart”) divenivano soci e si servivano del credito per finanziare le opere di ammodernamento39. La cosa interessante è il fatto che questi governi si servivano delle società anche sotto l’aspetto fiscale, imponendo loro tasse sulle attività e fino al 1840 - 50 anche sulla proprietà. Ciò che si è appena descritto non rappresentò forse una politica predefinita ma piuttosto un espediente, nel senso che all’epoca, e probabilmente anche oggigiorno, la popolazione americana odiava due cose: le tasse e i privilegi delle banche e delle società in generale. Per neutralizzare il problema i leader politici, in modo trasversale, trovarono un giusto connubio alla faccenda; avrebbero continuato ad usare le società e le banche che servivano allo sviluppo locale ma avrebbero spostato il carico fiscale su di queste. A questo si aggiunga che la proprietà azionaria faceva entrare nelle casse dell’erario locale delle somme ragguardevoli.40
Quando il sistema di economia e finanza statale entrò in crisi, negli anni “40, si ricorse a misure limitative dei poteri degli esecutivi e dei legislativi. Furono imposte in tutti gli stati che dichiararono bancarotta e anche a quelli che miracolosamente si salvarono, riforme costituzionali che imponevano tetti massimi all’indebitamento e maggiori controlli della rappresentanza parlamentare nei confronti degli organismi finanziari e su accordi con società private; in alcuni casi si sottopose alla elezione popolare le cariche di tesoriere, revisore dei conti e direttore dei lavori pubblici. Dopo il 1842, si ebbe, a causa probabilmente della paura di ricadere negli errori del passato, uno spostamento dell’iniziativa per la creazione di infrastrutture dal campo statale a quello locale ma soprattutto all’iniziativa privata.40
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38 Vedi Wallis “American government finance in the long run” J.of Economic Perspectives 2000., oltre a “Early American federalism and economic development, 1790-1840” 1999.
39 Vedi J.J.Wallis op.cit.
40 Sull’argomento vedi anche Studenski e Krooss op.cit.
41 Vedi J.J.Wallis 1999 e 2000 oltre a Studenski e Krooss, op.cit.; Toninelli op.cit..