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•Le questioni giuridiche di rilievo sorte con la secessione degli Stati del Sud e con la guerra civile
Testo di Stefano Di Matteo

Pubblicato il 31/03/2010

Con l’articolo che segue, si tratteranno le questioni giuridiche di rilievo che si sono poste in America con la secessione e poi con la guerra civile, che riguardano problematiche concernenti il Diritto Costituzionale e il Diritto Internazionale. Detto argomento, poco trattato a livello organico ed unitario, risulta invece di fondamentale importanza in quanto sia L’Unione che la Confederazione furono molto attente a far sì che i loro atti apparissero, di fronte all’opinione pubblica mondiale, sempre legittimi sotto il profilo giuridico, secondo le proprie differenti opinioni in merito.
Si metteranno, altresì, in evidenza le questioni di Diritto Internazionale che sorsero tra L’Unione, la Confederazione e la Gran Bretagna e le altre potenze Europee.

La questione della costituzionalità della Secessione degli Stati del Sud
La costituzionalità della secessione degli Stati del Sud rimane una questione controversa e molto dibattuta dai giuristi, i quali si sono ripetutamente confrontati con diverse opinioni sulla legittimità o meno della secessione medesima.
La Costituzione Americana del 1787 - sulla quale si rimanda il lettore all'articolo contenuto in questo sito che tratta per esteso detto argomento- non prevede la possibilità della secessione. Però, gli Stati del Sud che uscirono dall'Unione erano convinti di esercitare un loro preciso diritto che trovava fondamento nella Costituzione medesima e nella Dichiarazione d'Indipendenza.Essi, rifacendosi al fatto che l'Unione si basava su un mutuo consenso, con degli obblighi e doveri da rispettare, ritenevano che l'accordo tra gli Stati fosse stato violato per l'inadempienza degli obblighi posti a fondamento della Costituzione. Poichè l'Unione-a loro dire- non tutelava tutti gli Stati in uguale misura e non tutelava i loro interessi in modo paritario, gli Stati del Sud ritenevano di avere il diritto di uscire da essa. D'altra parte, la secessione, non essendo ammessa, ma neppure vietata dalla Costituzione, era considerata comunque legittima dal Sud.
Gli Stati del Sud fondavano il loro diritto a ritirarsi dall'Unione per formare una Confederazione intesa come Stato a se stante, sulla Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d'America e, in particolare, sulla frase finale del testo medesimo:
....queste Colonie Unite sono, e per diritto devono essere, Stati liberi e indipendenti; ... e che, come Stati liberi e indipendenti, essi hanno pieno potere di far guerra, concludere pace, contrarre alleanze, stabilire commercio e compilare tutti gli altri atti e le cose che gli stati indipendenti possono a buon diritto fare.
L'Unione sosteneva invece che le secessioni violassero il primo comma della Sez. 10 dell'Art. I, della Costituzione:
"Nessuno Stato potrà partecipare a trattati, alleanze o patti confederali"..
Una delle motivazioni mosse dal primo Stato del Sud che dichiarò la secessione dall'Unione e cioè la Carolina del Sud fu la seguente: essa asserì, per giustificare la secessione, la violazione del patto federativo che era uno dei fondamenti della Costituzione Americana. Il governo federale doveva rappresentare gli interessi di tutti gli Stati in uguale misura, senza mostrare delle preferenze verso uno o più Stati. L'Unione trovava il suo fondamento proprio nel perseguimento di un fine sociale che assicurasse a tutti gli Stati parità di condizioni sia politiche che economiche.
La Carolina del Sud ritenne che questo ultimo punto fosse stato violato dal governo federale a favore degli Stati del Nord. Pertanto,venendo meno, per le ragioni sopra dette, il patto originario federativo, gli Stati avevano diritto di staccarsi dall'Unione.
In questo modo,gi Stati del Sud si erano garantiti una giustificazione che potesse avere una base giuridica a sostegno della secessione: il recesso dal patto federalista per inadempienza degli obblighi previsti dalla Costituzione; a mio avviso, quanto sopra, sta a significare come gli Stati del Sud, nel momento che si staccavano dall'Unione, sentirono la necessità di trovare in primis una motivazione giuridica a sostegno della secessione. Molti però ritennero che fosse solamente un mero espediente giuridico.
Di converso, in base al vecchio detto latino "Ubi lex voluit,dixit, ubi noluit,tacuit" (trad. Dove la legge ha voluto,ha detto, dove non ha voluto,ha taciuto) che viene utilizzato a proposito dell'interpretazione delle leggi, si potrebbe ipotizzare che la Costituzione Americana, non prevedendo espressamente la possibilità dei singoli Stati di secedere dall'Unione, non l'abbia, di fatto, consentita.
Se infatti in una legge non è stata espressamente prevista una fattispecie o non è stato analizzato un determinato aspetto, si deve presupporre che il legislatore non lo abbia voluto disciplinare e pertanto non l'abbia voluto consentire.
Per concludere, la materia risulta estremamente complessa e, come abbiamo visto, le opinioni sono diametralmente differenti sia pro o contro la secessione degli Stati del Sud.

La crisi causata dall'attacco a Fort Sumter
L'attacco dei Confederati a Fort Sumter fu il "casus belli" che scatenò la guerra civile. Al riguardo, ci sono due differenti interpretazioni su detto episodio: la prima ritiene che sia da addebitare alla neonata Confederazione la responsabilità di aver scatenato la guerra, attaccando appunto Forte Sumter; la seconda invece sostiene che, essendo il Forte situato nel territorio della Confederazione, la guarnigione Federale avrebbe dovuto abbandonare la fortezza e di conseguenza, non avendola lasciata spontaneamente, le autorità Confederate erano state costrette a sparare per prime, al fine di affermare agli occhi dell'opinione pubblica il diritto sulle proprietà che erano situate nei loro territori.
Alla base di questo episodio ci furono anche interpretazioni di natura giuridica che portarono a diverse valutazioni. Secondo alcuni, le Fortezze e i Forti gestiti dai Federali nei singoli Stati erano di proprietà del Governo degli USA, ai sensi di quanto stabilito dalla Costituzione Americana, e, pertanto, gli Stati,pur essendosi separati dall'Unione, non avevano alcun diritto a pretendere le proprietà in questione.
Secondo altre opinioni, l'Unione aveva invece ricevuto in concessione dagli Stati le fortificazioni, fra le quali Fort Sumter, e quindi dopo la dichiarazione di secessione, avrebbe dovuto ritirare le proprie forze militari ubicate nei territori degli Stati secessionisti, essendo venuto meno il titolo che legittimava le originarie concessioni. L'Unione, nel febbraio 1861, rinforzò le proprie guarnigioni, fatto che- secondo i Confederati- costituiva aperta violazione dell'integrità territoriale della Carolina del Sud e di tutta la Confederazione, ed era quindi da considerarsi un atto di aperta ostilità nei loro confronti.

Il Riconoscimento della Confederazione secondo le regole del Diritto Internazionale
Le nazioni Europee all’inizio della guerra civile proclamarono la propria neutralità di fronte alla guerra scoppiata in America. Tale dichiarazione comportava che le nazioni medesime non sarebbero scese in guerra a favore di una o dell’altra parte e avrebbero mantenuto un atteggiamento equidistante nei confronti di esse. In realtà, le cose non andarono proprio in questo modo. Gli Stati Europei non scesero in guerra né per l’una, né per l’altra parte, ma l’Inghilterra mantenne a livello governativo un atteggiamento contraddittorio che, anche se non in palese contrasto con le allora vigenti regole del Diritto Internazionale, creò a livello diplomatico, non pochi contrasti, in special modo con l’Unione.
Il primo aspetto che va evidenziato è che nessuno degli Stati Europei riconobbe la Confederazione quale nazione. Tale riconoscimento, per le relazioni internazionali, come è noto, è di fondamentale importanza, tant’è vero che la Confederazione ci teneva molto ad ottenerlo, e cercò sempre di assicurarsi dei buoni rapporti diplomatici con le altre nazioni, avendo come obiettivo detto riconoscimento.
Il riconoscimento in questione avrebbe comportato lo “status” di nazione pienamente legittima nell’interezza dei suoi poteri, mettendola in condizioni di parità con le altre nazioni. La Confederazione avrebbe avuto il diritto di mandare ambasciatori all’estero dove sarebbero stati regolarmente accreditati, avrebbe potuto ricevere ufficialmente i delegati di altre nazioni, fare negoziati e intavolare trattative con Stati terzi e, più in generale, compiere qualsiasi atto alla pari di uno Stato avente piena sovranità. E’ evidente che il riconoscimento della Confederazione come nuova nazione da parte delle potenze Europee avrebbe assunto una valenza politica fondamentale nei confronti dell’Unione, con la quale si sarebbe trovata in condizioni di parità quale soggetto di Diritto Internazionale oltre che logicamente nei confronti di altri Stati.
Secondo gli studiosi della materia, la guerra civile, sul piano internazionale, acquista evidenza solo in una fase avanzata delle ostilità, e viene caratterizzata dall’attribuzione della soggettività internazionale ai ribelli, per effetto del c.d.“riconoscimento di belligeranza”, lecitamente effettuabile sia dal governo contestato, sia da Stati terzi. Nella prima ipotesi, assume la fattispecie di un atto unilaterale discrezionale, che resta tale anche se gli scontri assumano un'intensità tale da non lasciare dubbi circa l’esistenza di una guerra civile a tutti gli effetti.
Alla Confederazione venne appunto riconosciuto, solo da parte degli Stati terzi, lo “status di belligerante”.
Tale status, anche se di minore importanza rispetto al riconoscimento quale nazione, poteva già rappresentare un successo per la Confederazione, in quanto in virtù di esso, la Comunità Internazionale non avrebbe considerato i Sudisti alla stregua di comuni ribelli che si erano rivoltati contro uno Stato (l’USA) legittimamente esistente, ma bensì li avrebbero considerati come un gruppo organizzato che si appoggiava ad una base popolare e che cercava di assicurarsi la propria indipendenza.
I giuristi ritengono che per il c.d. “Riconoscimento di belligeranza”, in presenza di una guerra civile, devono sussistere alcune condizioni: la prima che i “ribelli” abbiano un controllo esteso su una parte di territorio e quindi si possa desumere una garanzia di sovranità con tanto di strutture e di apparati sotto la loro giurisdizione, la seconda condizione che siano muniti di una Forza Armata organizzata militarmente a livello centrale e non formata esclusivamente da gruppi armati che agiscono autonomamente, gli uni dagli altri, senza un potere gerarchico effettivo esercitato da un’autorità di governo; la terza che ci sia un appoggio fornito dalla maggioranza della popolazione nei territori da loro occupati.
Situazioni queste che, per quanto riguarda i Confederati,erano tutte presenti.
Il riconoscimento di belligerante garantiva, tra l’altro, alla Confederazione la possibilità di armare navi da guerra corsare, cosa che essa fece con successo; va sottolineato che senza di esso, le navi medesime sarebbero state considerate come vascelli-pirata. Ciò era possibile perchè L'Unione, ne tanto meno la Confederazione, avevano aderito al Trattato di Parigi del 1856 che aveva messo al bando "la guerra da corsa" e Lincoln, a tale proposito, si pentì di non aver firmato detto Trattato.
Sotto un profilo strettamente politico, lo status di belligerante rappresentava una condizione minima dato che le nazioni Europee avevano preso atto dello “stato di guerra” esistente tra gli Stati Uniti e “gli Stati che si definiscono Stati Confederati D’America”, quest’ultima era l’espressione che venne letteralmente utilizzata. Era, in fondo, a prescindere dalla condizione giuridica che detto riconoscimento implicava, una misura necessaria che assicurava una convivenza tra gli Stati su basi accettabili; si trattava di un sistema tradizionale che occorreva per gestire una guerra e regolare soprattutto il traffico marittimo. In realtà, l’Unione non gradì affatto il riconoscimento di belligerante concesso alla Confederazione. Lincoln non riconobbe formalmente alla Confederazione alcuno status. Non venne presentata da nessuna delle due parti una formale dichiarazione di guerra. Nell’Unione i Confederati vennero definiti ribelli e la secessione venne definita una ribellione. Per Lincoln- e lo manifestò più volte- i territori appartenenti agli Stati Confederati continuavano ad essere parte integrante dell’Unione; la guerra civile- secondo il pensiero di Lincoln - assumeva l’aspetto di un’operazione di polizia, anziché di una guerra contro un’altra potenza. Molti storici affermano che, secondo l'opinione di Lincoln, l'Unione si era trovata di fronte ad un'insurrezione e non davanti ad una guerra,e per questo motivo,il Sud non poteva essere considerato un corpo di belligeranti aventi rilevanza esterna. Anche la definizione di Stati secessionisti- secondo Lincoln- era sbagliata. Gli Stati del Sud,a suo parere, non andavano considerati secessionisti per un semplice motivo: perchè non potevano secedere. Lo storico James M.McPherson invece sostiene che Lincoln nel 1862 si fosse convinto che " il conflitto era una vera e proria guerra tra due governi belligeranti".
In realtà, come ha fatto notare il prof.Luraghi nella sua "Storia della Guerra civile Americana", "il governo di Washington, pur senza mai confessarlo, riconobbe sin dall'inizio ai Confederati i diritti dei belligeranti e ciò servì ad impedire che la guerra si trasformasse in una catena atroce di repressioni e rappresaglie". D'altronde, prosegue il Luraghi, il Neutrality Act dava la possibilità alla Marina militare degli USA di esercitare tutte le prerogative di chi conduce una grande guerra, compresa ovviamente quella di fermare e visitare i mercantili britannici in pieno oceano.
Va detto comunque che questo riconoscimento della Confederazione, possiamo dire effettuato a metà da parte delle potenze Europee, a lungo andare, creò dei rapporti confusi e poco chiari sotto il profilo dei rapporti diplomatici tra la Confederazione medesima e le altre nazioni. La Confederazione mandò lo stesso inviati diplomatici, però non formalmente accreditati, presso le potenze straniere più importanti; ci furono rapporti informali tra essi e i ministri Europei. Ne derivò una situazione ibrida dove l’aspetto politico-militare della guerra, nel corso degli anni, assunse un grande rilievo nel determinare la volontà dei paesi Europei di dare più o meno importanza ai rapporti con la Confederazione in relazione alle fluttuanti sorti della guerra stessa, a scapito dei normali rapporti diplomatici che dovrebbero intercorrere tra le nazioni.
Quando le sorti della guerra si dimostrarono avverse per la Confederazione, i rapporti tra essa e le potenze Europee,si raffreddarono. Tant’è vero che verso la fine dell’anno 1863, il Segretario di Stato Confederato, John P.Benjamin, ordinò al suo inviato, James M.Mason, di lasciare l’Inghilterra in quanto era palese che ormai il governo inglese non aveva alcuna intenzione di ricevere il Mason come inviato ufficiale del governo Confederato.

Il trattamento riservato ai prigionieri di guerra
Nonostante il mancato riconoscimento della Confederazione da parte dell’Unione ,i soldati Confederati catturati dagli Unionisti vennero riconosciuti quali “prigionieri di guerra” a tutti gli effetti secondo le regole dell’allora Diritto Internazionale consuetudinario e non vennero pertanto passati per le armi come ribelli e guerriglieri. La Confederazione adottò lo stesso metodo per i soldati Unionisti catturati. Discorso a parte va fatto sulla guerriglia che insanguinò gli Stati di confine, la quale provocò assassinii e conseguenti rappresaglie.
Per un certo periodo di tempo venne seguita la regola di scambiarsi reciprocamente i prigionieri,poi,su iniziativa del gen.Grant, pressato dal Ministro della Guerra Stanton, detto scambio venne a cessare al fine di diminuire l’affluenza di soldati per la Confederazione. Vennero quindi istituiti dei campi di prigionia, sia nel Nord che nel Sud, dove il tasso di mortalità divenne estemamente alto,dovuto, però,al sovraffollamento, alla mancanza di cibo e a causa di condizioni igieniche scadentissime, piuttosto che per un’azione premeditata volta ad infierire volutamente e deliberatamente sui prigionieri di guerra.

L’incidente concernente la nave “Trent”
Nel novembre del 1861 avvenne un incidente che coinvolse la Marina Militare degli USA, incidente che rischiò di compromettere seriamente la neutralità che era stata dichiarata dalle principali nazioni Europee nei confronti della guerra in atto tra l’Unione e la Confederazione.
Il Capitano della Marina Militare dell’Unione, Charles Wilkes, avendo saputo che il Presidente Davis aveva intenzione di mandare due inviati diplomatici a titolo permanente in Francia e in Gran Bretagna, John Slidell e James M.Mason, decise di sua iniziativa di catturare i due diplomatici mentre erano in viaggio. La nave San Jacinto comandata dallo stesso Wilkes fermò la nave postale inglese Trent a largo delle coste di Cuba; detta nave venne perquisita e Mason e Slidell, che si trovavano a bordo come passeggeri, vennero portati via e rinchiusi in una prigione a Boston; le loro mogli poterono continuare il viaggio. L’azione posta in essere dal cap.Wilkes-che non risulta avesse avuto alcuna autorizzazione da parte dei suoi superiori- era stata effettuata in violazione delle regole del Diritto Internazionale consuetudinario. Mentre al Nord il cap.Wilkes venne osannato come un eroe nazionale ,in Europa invece la cattura e l’internamento dei due diplomatici Confederati sollevò un’ondata di proteste. Il governo inglese, il cui Primo Ministro era Lord Palmerston, manifestò pubblicamente la propria ostilità nei confronti del comportamento tenuto,in questa occasione,dall’Unione. Il Ministro degli Esteri. Lord Russell, inviò una nota di biasimo contro il governo USA, mitigata dall'intervento della Regina Vittoria e dell' erede al trono, esigendo l’immediato rilascio dei due diplomatici. Il Cap.Wilkes poteva fermare la nave Trent, ma non aveva alcun potere di procedere all’arresto dei due Confederati. Wilkes, una volta salito sulla nave, avrebbe potuto impadronirsi dei dispacci in possesso della moglie di Slidell i quali potevano essere considerati come contrabbando di guerra, ma egli, sbadatamente, non lo fece.
L'incidente diplomatico fece salire la tensione tra l’Unione e l’Inghilterra. Lincoln,consultato il suo gabinetto Ministeriale, decise di rilasciare i due diplomatici per evitare che la questione assumesse proporzioni ancora maggiori.
Essi furono rilasciati il 25/12/1861 e poterono recarsi stavolta indisturbati in Europa.

La questione delle navi Confederate costruite in Gran Bretagna
Un’altra questione di Diritto Internazionale che si pose durante il conflitto riguardò la costruzione di navi da guerra da parte dei cantieri inglesi. Fornire navi a scopo militare,comprensive delle armi occorrenti alle due parti in lotta era contrario alle regole poste dal Diritto Internazionale e anche le leggi inglesi dell’epoca lo vietavano espressamente. Venne trovato un artifizio da parte dei fornitori inglesi per aggirare tali disposizioni: si fornirono separatamente navi senza armi e l’occorrente per armarle. Pertanto, dai cantieri britannici uscirono navi quali la CSS Florida e la più temibile CSS Alabama, destinate alla Confederazione. Il vascello Alabama fece strage delle navi mercantili USA per molto tempo; si trattava di navi corsare alle quali lo status di belligeranti conferito ai Confederati legittimava le loro imprese.L'Unione comunque non era molto d'accordo su detta legittimazione e, all'inizio, cercò di considerarli vascelli-pirata,senza riconoscere alcuna guarentigia ai marinai Confederati catturati, volendo invece processarli; essa fu costretta a cambiare idea al fine di evitare ritorsioni sui soldati nordisti catturati dai Confederati.
Nei cantieri inglesi di Liverpool vennero successivamente costruite due potenti corazzate a vapore commissionate dalla Confederazione. Ne nacque una questione a metà tra gli aspetti diplomatici e quelli giuridici tra il governo inglese e i rappresentanti dell’Unione.
Gli uffici legali Britannici esigevano prove certe che attestassero che le navi fossero state realmente commissionate dalla Confederazione. I diplomatici dell’Unione fornirono le prove richieste, ma gli uffici legali britannici non ne furono troppo convinti. Quando la situazione minacciò di deteriorarsi tra L’Unione e l’Inghilterra, il governo inglese, che comunque era deciso a rispettare le leggi sulla neutralità, impedì alle navi in questione di salpare.
Anche in questo episodio salì la tensione a livello diplomatico tra i due paesi .

Il risarcimento dei danni richiesti alla Gran Bretagna da parte degli USA nel dopo-guerra.
Alla fine della guerra civile vennero presentate delle richieste di risarcimento danni da parte di spedizionieri USA per le perdite subite a causa delle scorrerie effettuate, durante il conflitto, dalle navi corsare appartenenti alla Confederazione.
Il governo inglese negò di aver violato il Diritto Internazionale permettendo la costruzione nei propri cantieri di navi corsare destinate alla Confederazione. Anche stavolta i rapporti diplomatici tra USA e Inghilterra si inasprirono. L’entità delle richieste di risarcimento danni presentate dagli Americani aumentarono notevolmente; si parlò anche di una responsabilità “morale” della Gran Bretagna per il procrastinarsi della guerra civile.
Solo nel 1871, durante l’amministrazione del Presidente Grant, con il Trattato di Washington, l’Inghilterra ammise di aver permesso la costruzione di navi corsare per la Confederazione, manifestò il proprio rincrescimento per l’accaduto e si dimostrò pronta ad un accomodamento. Si concordò tra le parti che l’ammontare dei danni sarebbe stato deciso da un arbitrato- altro strumento di Diritto Internazionale- formulato da una commissione composta dai rappresentanti di cinque nazioni. I danni stimati, che ammontarono a 15,5 milioni di dollari, vennero risarciti dal governo Britannico e pertanto la controversia ebbe fine.
L’aspetto più significativo di tutta questa vicenda fu che la controversia tra le due nazioni venne risolta tramite uno strumento di Diritto Internazionale fino ad allora poco usato per derimere le controversie tra nazioni quale l’arbitrato:decisione presa da una commissione “super partes” avente efficacia vincolante per i contendenti, i quali avevano stabilito preventivamente di rimettersi alla predetta decisione.