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L'inaugurazione e il discorso di Jefferson Davis
Testo di Matteo Fontana, traduzione del discorso di Gabriele Mollia
Pubblicato il 18/02/2011, in occasione del centocinquantesimo anniversario

La cerimonia
Nella gelida mattina del 17 febbraio 1861, nella stanza 101 dell'Exchange Hotel di Montgomery, il presidente eletto della nuova Confederazione sudista Jefferson Davis si mise al lavoro per preparare il suo discorso inaugurale. In città, e sopratutto tra alcuni membri del neonato congresso, circolavano voci che indicavano Davis come un "ricostruzionista". Al presidente toccava quindi non solo il compito di ispirare i cittadini e i suoi rappresentanti, ma anche rassicurarli nella sua determinazione a continuare nella strada scelta, quella della completa indipendenza dall'Unione, un distacco definitivo dal quale non si sarebbe tornati indietro. Ma per sua sfortuna egli non possedeva l'eloquenza del poeta, ma solo la fredda prosa del politico. Davis si rendeva conto di ciò e sapeva cosa doveva dire, ma non riusciva ad esprimere queste idee e sentimenti con parole ispiratrici. Per tutto il giorno scrisse e corresse il suo discorso riuscendo a terminarlo. All'indomani, alle 13:00, avrebbe prestato giuramento e letto il suo discorso alla folla.
Il 18 febbraio si rivelò un'altra fredda giornata, la notte aveva ghiacciato e ora alcune nuvole coprivano il cielo. Ma per le 13:00 la temperatura si alzò e il sole cominciò a splendere nel cielo, non che il clima avesse però impedito nelle ore precedenti alla città di prendere vita per la giornata di festa. Già dalle prime ore di luce la gente cominciò a scendere per strada, numerose bandiere decoravano ogni via, i proprietari dei negozi che non avevano potuto chiudere si affacciavano dai loro locali per osservare la folla di cittadini nei loro migliori abiti da festa radunarsi in vari punti della città per assistere alla sfilata e all'inaugurazione di Davis. Di fronte all'Exchange Hotel giunsero le Columbus Guards, una compagnia di milizia, ad intrattenere con le loro manovre la folla in attesa del presidente. Più tardi giunsero sul posto altre compagnie di milizia e infine verso le 11:00 anche un calesse aperto trainato da sei cavalli bianchi che si fermò davanti all'entrata dell'hotel. Sul posto arrivò il colonnello H.P Watson, capo della polizia, che con i suoi sei aiutanti predispose il corteo. Ad aprire la sfilata ci sarebbe stata la banda del signor F. Arnold, seguita dalle varie compagnie di milizia, poi doveva venire il calesse con il presidente seguito dalle carrozze che trasportavano i comitati del congresso, dello stato dell'Alabama, della città di Montgomery, i delegati degli altri stati, alcuni governatori, giudici della corte suprema e in fondo il resto dei cittadini a piedi.
Jefferson Davis uscì dall'edificio e si sedette sui sedili posteriori del calesse, alla sua sinistra il vice presidente Alexander H. Stephens. Di fronte a loro erano seduti il reverendo Basil Manly e il capitano George Jones, la guardia di scorta al presidente. A mezzogiorno una salva di cannoni segnalò l'inizio della cerimonia e la banda cominciò a suonare "Dixie". Nel frattempo al campidoglio il resto dei delegati si apprestavano a firmare uno alla volta la costituzione provvisoria della nuova nazione, per poi riunirsi in sessione segreta in attesa dell'arrivo della parata.
La sfilata imboccò Market Street, la strada che portava alla collina dove era situato il campidoglio dell'Alabama e che ora ospitava il congresso confederato. Lungo la strada, sui tetti delle case, alle finestre e sui balconi migliaia di persone salutavano il presidente e seguivano il corteo. Nei pressi del campidoglio la milizia si schierò in linea e il capitano Jones aprì al presidente una strada in mezzo alla folla. Mentre Davis scendeva dal calesse e si avvicinava al campidoglio la banda intonò la "Marsigliese", Robert B. Rhett alla testa del comitato di benvenuto del congresso accolse Davis, e circondato dai politici il presidente si apprestò ad entrare nell'edificio. Prima di entrare Davis si fermò per qualche istante nel portico in cima alle scale, allora i circa 10.000 spettatori eruttarono in un boato di saluti e urla, fiori e bouquet vennero lanciati ai vari rappresentanti del nuovo governo. Davis venne poi introdotto da Rhett al congresso all'interno dell'edificio, che lo accolse con un applauso. William P. Chilton propose che la sessione segreta fosse aggiornata temporaneamente per potersi recare all'esterno e assistere alla cerimonia di inaugurazione. Così tutti si radunarono fuori dal campidoglio attorno ad una piattaforma eretta per l'occasione, poco dopo comparve Davis accompagnato da Stephens, Howell Cobb e il reverendo Manly. La milizia saluto con un colpo di cannone il presidente e la folla con altre urla, Davis poi si sedette vicino ad un tavolo sul quale erano stati preparati una bibbia prelevata dall'ufficio del governatore dell'Alabama e una corona di fiori. Pochi minuti prima dell'una, il reverendo si fece avanti per dire una preghiera e chiedere la benedizione del Signore. All'una meno un minuto precisa, Cobb introdusse Jefferson Davis che si alzò, e da dietro il tavolo, cominciò il suo discorso. Ad ogni punto saliente il popolo applaudiva e gridava la sua approvazione, la sua voce riusciva a raggiungere anche le persone posizionate più lontano. Egli assicurava i cittadini che la secessione era un diritto inalienabile, che il suo obbiettivo era la pace e che il nord non era un antagonista, i suoi bisogni e richieste erano complementari a quelle del sud. Ora bisognava costruire un governo, instaurare relazioni con l'estero e creare un esercito e una marina. Il popolo doveva prepararsi ad accogliere nuovi stati ma capire che l'idea di ricongiungersi alla vecchia Unione era impraticabile. Se poi la guerra fosse scoppiata, allora la Confederazione avrebbe combattuto per difendersi. Infine egli ribadì di non aver cercato la posizione che ora si apprestava a ricoprire ma che avrebbe affrontato il compito con grande zelo e dedizione, chiedendo il perdono del popolo nel caso avrebbe fatto degli errori provando a fare il bene del paese.
Il discorso durò 18 minuti, alla fine del quale ci fu un lungo applauso. Howell Coob si alzò, prese la bibbia dal tavolo, Davis vi posò la mano sinistra sopra e sollevò la destra. A voce alta e con grande commozione fece il suo giuramento: "Io giuro solennemente che adempirò con lealtà ai doveri di Presidente degli Stati Confederati d'America, e al meglio delle mie abilità preserverò, proteggerò, e difenderò la costituzione. Che Dio mi aiuti", dopodichè baciò la bibbia nelle mani di Cobb. Mentre i membri del congresso rientravano nel campidoglio per proseguire i lavori in sessione segreta e la folla ugualmente commossa come il presidente continuava a festeggiare, la corona di fiori venne consegnata a Davis. Dal balcone superiore al portico alcune donne lanciarono petali di fiori, Davis ricevette le congratulazioni delle persone attorno a lui e poco dopo la piattaforma si svuotò. Tra la folla invece i giornalisti si precipitarono a stampare il discorso per divenire i primi ad aver diffuso nel mondo le parole del presidente, il fotografo William W. Culver prendeva gli ordini per vendere le copie della foto appena fatta alla cerimonia. Jefferson Davis era diventato presidente del primo governo provvisorio degli Stati Confederati d'America.


La foto realizzata da Culver durante il discorso di inaugurazione di Davis. Il presidente è una delle figure visibili in piedi nel portico sotto ai balconi.
 

Il discorso

SIGNORI DEL CONGRESSO DEGLI STATI CONFEDERATI D'AMERICA, AMICI E CONCITTADINI:

Chiamato al difficile e responsabile incarico di Capo Esecutivo del Governo Provvisorio che avete istituito, mi avvicino all'adempimento delle funzioni assegnatemi con umiltà sulle mie capacità, ma con fiducioso affidamento nella saggezza di coloro che saranno alla guida e che mi aiuteranno nell'amministrazione degli affari pubblici, e una costante fede nella virtù e nel patriottismo del popolo.

Attendendo la rapida istituzione di un governo permanente che sostituisca quello attuale e che per la sua più grande forza morale e fisica sarà più abile a lottare contro le molte difficoltà che sorgono dagli interessi contrastanti di nazioni separate, io comincio l'incarico per il quale sono stato scelto, con la speranza che l'inizio della nostra carriera come Confederazione non possa essere ostacolata dall'opposizione ostile al godimento di quell'esistenza separata e indipendente che abbiamo affermato e che, con la benedizione della Provvidenza, intendiamo mantenere. La nostra posizione attuale è stata conseguita in un modo senza precedenti nella storia delle nazioni, illustra l'idea Americana che i governi si poggiano sul consenso dei governati, e che è diritto del popolo modificare o abolire i governi quando essi diventano distruttivi per i fini per i quali sono stati istituiti.

Lo scopo dichiarato del patto di Unione da cui ci siamo ritirati era "di stabilire la giustizia, assicurare la tranquillità domestica, provvedere alla difesa comune, promuovere il benessere generale e, garantire la benedizione della libertà per noi stessi e i nostri posteri;" e quando, a giudizio degli Stati sovrani che ora compongono questa Confederazione, esso è stato allontanato dai propositi per cui fu creato, e ha cessato di rispondere ai fini per cui fu costituito, un appello pacifico alle urne ha decretato per quanto li riguardava, che il governo creato da quel patto doveva cessare di esistere. In questo essi hanno semplicemente affermato un diritto che la Dichiarazione d'Indipendenza del 1776 aveva definito essere inalienabile; del tempo e dell’opportunità per il suo esercizio, essi, in quanto sovrani, erano i giudici finali, ciascuno per se stesso. Il verdetto imparziale e illuminato dell’umanità rivendicherà la rettitudine della nostra condotta, e Colui che conosce i cuori degli uomini potrà giudicare la sincerità con la quale ci siamo affannati per preservare il Governo dei nostri Padri nel suo spirito. Il diritto proclamato solennemente alla nascita degli Stati, e che è stato affermato e riaffermato nella Carta dei Diritti degli Stati successivamente ammessi nell'Unione del 1789, innegabilmente riconosce al popolo il potere di riprendere l'autorità delegata allo scopo di governare. Così gli Stati sovrani qui rappresentati hanno proceduto a formare questa Confederazione, ed è per un abuso del linguaggio che il loro atto è stato denominato una rivoluzione. Essi hanno formato una nuova alleanza, ma all'interno di ogni Stato il suo governo è rimasto, i diritti delle persone e delle proprietà non sono stati turbati. Il rappresentante attraverso il quale hanno comunicato con le nazioni straniere è cambiato, ma questo non ha necessariamente interrotto le loro relazioni internazionali.

Sostenuto dalla consapevolezza che la transizione dalla precedente Unione all’attuale Confederazione non è stata preceduta da una noncuranza verso i nostri giusti obblighi, o qualsiasi inadempimento di ogni dovere costituzionale, mosso da nessun interesse o passione di invadere i diritti degli altri, ansioso di coltivare pace e commercio con tutte le nazioni, se non possiamo sperare di evitare la guerra, possiamo almeno sperare che i posteri ci assolveranno per averli inutilmente impegnati in essa. Doppiamente giustificati dall'assenza di torto dalla nostra parte, e dalla lasciva oppressione da parte degli altri, non può esserci motivo di dubitare che il coraggio e il patriottismo del popolo degli Stati Confederati non siano all'altezza di qualsiasi misura difensiva che l'onore e la sicurezza possano richiedere.

Un popolo agricolo, il cui principale interesse è l'esportazione di merce necessaria in ogni paese manifatturiero, la nostra vera politica è la pace, e il più libero commercio che le nostre necessità permetteranno. E' ugualmente nostro interesse, e quello di tutti coloro ai quali vorremmo vendere e dai quali vorremmo acquistare, che ci sia il minor numero di restrizioni praticabili al momento dello scambio delle merci. Non può esserci che scarsa rivalità tra noi e qualsiasi comunità manifatturiera o marittima, come quella degli Stati Nord-Orientali dell'Unione Americana. Ne consegue quindi, che un interesse reciproco inviterebbe a gesti di buona volontà e buoni suggerimenti. Se, tuttavia, la passione o il desiderio di dominio dovesse offuscare il giudizio o infiammare l'ambizione di questi Stati, dobbiamo prepararci a rispondere all'emergenza e mantenere con l'arbitrio finale della spada, la posizione che noi abbiamo assunto tra le nazioni della nostra terra. Noi stiamo procedendo verso l'indipendenza ed essa deve essere perseguita inflessibilmente. Attraverso molti anni di controversie con i nostri vecchi soci, gli Stati del Nord, ci siamo sforzati invano di garantire la tranquillità, e di ottenere il rispetto per i diritti acquisiti. Per necessità, non per scelta, siamo ricorsi alla separazione e d'ora innanzi, le nostre energie devono essere dedicate alla conduzione dei nostri affari e a perpetuare la Confederazione che abbiamo formato. Se una giusta percezione del reciproco interesse ci permetterà di perseguire pacificamente i nostri fini politici, il mio più grande desiderio sarà soddisfatto. Ma, se questo ci sarà negato, e se l'integrità o la giurisdizione dei nostri territori sarà assalita, non ci resterà, con fermezza, che fare appello alle armi e invocare la benedizione della Provvidenza per una giusta causa.

Come conseguenza della nostra nuova condizione e con uno sguardo verso le prime necessità, sarà necessario provvedere per l'organizzazione rapida ed efficiente dei rami del dipartimento esecutivo, aventi incarichi speciali di rapporti con l'estero, finanze, affari militari e il servizio postale.

Ai fini della difesa, gli Stati Confederati possono, in circostanze normali, affidarsi principalmente alla loro milizia, ma si ritiene opportuno, allo stato attuale delle cose, che ci sia un esercito ben istruito e disciplinato, più numeroso di quanto sarebbe normalmente richiesto in tempo di pace. Suggerisco inoltre che per la protezione dei nostri porti e del commercio d'alto mare sia formata una flotta adeguata a tale scopo. Queste esigenze hanno indubbiamente attirato l'attenzione del Congresso.

Con una Costituzione che differisce solo nella forma da quella dei nostri Padri, in quanto è esplicativa dei loro ben conosciuti intenti, liberata dai conflitti settoriali che hanno interferito con il perseguimento del benessere generale, non è irragionevole aspettarsi che gli Stati da cui ci siamo recentemente separati potrebbero cercare di unire le loro fortune con le nostre, sotto il governo che abbiamo istituito. Per questo la Costituzione provvede adeguatamente, ma al di là di questo, se non erro il giudizio e la volontà del popolo, una riunione con gli Stati da cui ci siamo separati, non è né praticabile né auspicabile. Per aumentare la forza, sviluppare le risorse e promuovere la serenità di questa Confederazione, è necessario che ci sia tanta omogeneità che il benessere di ognuno deve essere l'obbiettivo di tutti. Qualora ciò non sussista, si genereranno antagonismi che devono e dovrebbero portare come risultato la separazione.

Motivato soltanto dal desiderio di preservare i nostri diritti e promuovere il nostro benessere, la separazione degli Stati Confederati non è stata segnata da nessuna aggressione verso altri, né seguita da alcuna ribellione interna. La nostra ricerca industriale non ha avuto alcun freno. La coltivazione dei nostri campi è progredita come prima, e anche se dovessimo essere coinvolti in una guerra, non ci sarebbe alcuna diminuzione considerevole nella produzione del principale prodotto che costituisce la nostra esportazione e in cui, il commercio mondiale ha un interesse non inferiore al nostro. Questo interesse comune tra produttore e consumatore, può essere interrotto soltanto da una forza esterna, che ostacolerebbe lo scambio con i mercati stranieri, un comportamento che sarebbe ingiusto verso di noi, come sarebbe dannoso per gli interessi commerciali e produttivi all'estero. Se il motivo che guida l'azione del governo da cui ci siamo separati, è una politica così dannosa per il mondo civilizzato, inclusi gli Stati del Nord, essa non potrebbe essere dettata neppure dal più forte desiderio di infliggerci una ferita; ma, al contrario, una terribile responsabilità resterà su di esso e la sofferenza di milioni di persone rimarrà come testimonianza della follia e della malvagità dei nostri aggressori. Nel frattempo ci rimarranno, oltre ai mezzi ordinari che prima ho proposto, le ben note risorse per effettuare la rappresaglia sul commercio del nemico.

L'esperienza in incarichi pubblici, di minore responsabilità rispetto a quello che voi cortesemente mi avete conferito, mi ha insegnato come la concentrazione, il duro lavoro e la delusione siano il prezzo di riconoscimenti ufficiali. Vedrete molti errori da perdonare, molte carenze da tollerare, ma non troverete in me nessuna mancanza di zelo o di fedeltà alla causa, che è per me la più grande speranza e il più grande e duraturo affetto. La vostra generosità mi ha concesso un onore immeritato, che non ho nè cercato nè desiderato. Sulla continuazione di quel sentimento e alla vostra saggezza e patriottismo mi affido, affinché mi dirigiate e sosteniate nel compimento del dovere che avete riposto nelle mie mani.

Abbiamo cambiato gli elementi costitutivi, ma non il sistema del nostro Governo. La Costituzione formata dai nostri Padri è quella di questi Stati Confederati, nella loro esposizione, e nella struttura giudiziaria che ha ricevuto noi abbiamo una luce che rivela il suo vero significato.

Così istruito per quanto riguarda la giusta interpretazione dell'atto, e sempre ricordando che tutti questi incarichi sono tenuti con fiducia per il popolo, e quei poteri delegati debbano essere severamente interpretati, mi auguro con il dovuto impegno, nell'esercizio delle mie funzioni, anche se io dovessi deludere le vostre aspettative, di mantenere ancora, ritirandomi, qualcosa della buona volontà e della fiducia che hanno accolto il mio ingresso in carica.

E' confortante, in questi tempi difficili, trovarsi intorno un popolo unito nel cuore, dove uno scopo di forte determinazione anima e motiva il tutto, dove tutti i sacrifici che sono fatti non vengono pesati sulla bilancia contro l'onore, il diritto, la libertà e l'uguaglianza. Gli ostacoli possono ritardare, non possono impedire a lungo il progresso di un movimento santificato dalla sua giustezza e sostenuto da un popolo giusto. Riverenti invochiamo il Dio dei nostri Padri per guidarci e proteggerci nei nostri sforzi, per perpetuare i principi che, con la sua benedizione, essi furono in grado di rivendicare, creare e trasmettere ai posteri, e con la continuità del Suo favore, riconosciuto sempre con gratitudine, guardiamo fiduciosamente avanti al successo, alla pace e alla prosperità.

Fonti
A Government of our own. The making of the Confederacy - William C. Davis;
CSA, Congressional Journal;
The Papers of Jefferson Davis
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