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Sei mesi di tensione: la battaglia per Fort Sumter
Testo
e mappe di Matteo Fontana

Pubblicato il 12/04/2011, in occasione del centocinquantesimo anniversario

Una battaglia politica e militare
Nel 1860 la città di Charleston era un baluardo della "cavalleria sudista" e sin dall'inizio del 1800 la culla dei "diritti degli stati". La città vide forse il suo periodo migliore attorno agli anni '30, nel periodo della cosiddetta crisi della nullificazione e principalmente sotto la guida del politico e ideologo sudista John C. Calhoun. Da allora lo stato del South Carolina continuò a portare avanti il sogno dell'indipendenza, ma la città simbolo del movimento secessionista all'alba del 1860 cominciava ormai a presentare i primi segni di decadenza, di una città non più al passo con i tempi e priva di leader solidi e carismatici come il recentemente scomparso Calhoun.
Il periodo di crisi e scontro degli anni '50 e le elezioni del 1860 che culminarono il 6 novembre con la vittoria del repubblicano Abraham Lincoln diedero però nuovo vigore agli estremisti del South Carolina e alle paure dei sudisti. Persino i più moderati e alcuni unionisti furono contagiati dalla paura per i "repubblicani neri". Il 5 novembre il governatore del South Carolina William H. Gist convocò la legislatura in sessione speciale, sessione che finì per discutere sulla possibilità di una secessione dagli Stati Uniti. Il 10 novembre venne deciso che il 6 dicembre sarebbero stati eletti i delegati da inviare il 17 alla riunione per decidere il futuro del South Carolina. Per le strade di Charleston già si stavano formando le compagnie di milizia, discorsi patriottici venivano tenuti in ogni angolo e ad ogni ora del giorno, il governo federale era sempre più scomodo, oppressivo, odiato e straniero. La secessione sembrava ormai imminente, il clima era diverso dalla crisi degli ani '30, l'intero sud era in fermento e la possibilità che altri stati valutassero la possibilità di abbandonare l'Unione si faceva sempre più forte, come anche l'idea che forse una secessione pacifica era impossibile e che una sanguinosa guerra civile si prospettava all'orizzonte.

Una presenza non gradita: il governo federale a Charleston
Nei primi giorni di novembre del 1860, quando la notizia del successo elettorale di Lincoln giungeva a Charleston e la possibilità concreta di una secessione si diffondeva tra le strade della città, si fece sempre più evidente e scomoda la presenza del governo federale a Charleston.
Ma è fondamentale prima comprendere la geografia della baia della città. Charleston si trovava su una piccola penisola delimitata ad ovest dal fiume Ashley e ad est dal fiume Cooper. A sud e ad ovest di Charleston si trovavano la James Island prolungata dalla Morris Island e la Sullivan's Island. Queste specie di isole erano collegate alla terraferma da aree paludose interrotte da canali, fiumi navigabili e torrenti. L'ingresso alla baia, al fondo della quale si trovava Charleston, era delimitato dalle estremità di Morris Island e Sullivan's Island. Questa apertura era di circa 2 chilometri ma di cui solo uno era navigabile come canale di ingresso.
A rappresentare il governo centrale in città e nella baia vi era l'ufficio postale diretto da Alfred Huger, un unionista ma leale al suo stato nativo, situato nel "Old Exchange and Custom House" sulla East Bay Street. Sempre nella stessa via si trovava la dogana, il cui edificio era in costruzione dal 1853 ed ancora inconcluso, tanto che già nel 1859 in vista di una possibile secessione il governo non fornì più i fondi necessari a continuare i costosi lavori. Sulla Ashley Avenue si trovava l'arsenale federale che alla fine del 1860 conteneva 18.000 moschetti, 3.400 fucili, più di 1.000 pistole e alcuni grossi pezzi d'artiglieria. Il responsabile dell'arsenale era F.C. Humphreys che gestiva anche una decina di impiegati civili locali. Il 12 novembre Humphreys informava Washington che per difendere l'edificio da un'insurrezione civile, il governatore del South Carolina aveva inviato 20 soldati della milizia di stato sotto il comando di un tenente, assicurandosi così la possibilità di prendere facilmente la struttura in futuro.
Più importanti di tutti erano però forse i quattro forti costruiti per difendere Charleston da un attacco proveniente dal mare e sui quali continuava a sventolare la bandiera degli Stati Uniti. Castle Pinckney, che doveva il suo nome ad un politico dello stato ed eroe della guerra d'indipendenza, era situato sulla Shutes' Folly Island, una piccola isola paludosa alla foce del fiume Cooper all'interno della baia e vicinissimo alla città. Si trattava di un piccolo forte-castello in muratura costruito nel 1808, una struttura superata e ormai utilizzata solo come deposito per la polvere da sparo delle armi depositate nell'arsenale. La sua guarnigione consisteva in un sergente con la sua giovane moglie e alcuni operai che ogni giorno si recavano sul posto per riparare il forte. Trovandosi all'interno della baia era di secondaria importanza come struttura difensiva ma nel 1860 ospitava 28 cannoni.
Sulla Sullivan's Island, a nord est della baia, era collocato quello che si potrebbe definire meglio una batteria costiera piuttosto che un forte, ovvero Fort Moultrie. Già durante la guerra d'indipendenza venne costruita una fortificazione nell'area ma solo nel 1809 venne eretto il forte in muratura che fu protagonista degli eventi della guerra civile. Progettato per ospitare 300 uomini, negli ultimi mesi del 1860 vi erano stazionate solo due compagnie del 1st Artillery (la E e la H) e la banda reggimentale di nove musicisti, per un totale di 84 uomini che rappresentavano praticamente l'intera guarnigione federale di Charleston. La situazione era critica anche perchè le mura alte circa tre metri e mezzo erano vecchie e piene di crepe, in fronte e ad est del forte il vento e la scarsa manutenzione avevano alzato delle dune di sabbia che dominavano la posizione e la rendevano ulteriormente vulnerabile ad un attacco terrestre.
Sulla James Island, dall'altra parte della baia rispetto a Fort Moultrie si trovava Fort Johnson. Il forte fu costruito all'inizio del 1700 ma già durante la guerra d'indipendenza fu di scarsa importanza. Nel corso degli anni venne migliorato e sistemato più volte in seguito a periodi di abbandono. Nel 1860 il forte ospitava solo un sergente e le sue strutture, alcune costruite recentemente, potevano essere usate come alloggiamenti ma erano in gran parte diroccate.
La struttura più importante per Charleston era senz'altro Fort Sumter, nominato in onore del generale Thomas Sumter, eroe sudcaroliniano della guerra d'indipendenza. Situato su una piccola isola artificiale quasi al centro del canale che portava all'interno della baia di Charleston, il forte occupava una posizione chiave, i suoi cannoni avrebbero potuto aprire il fuoco su qualsiasi nave tentasse di entrare a Charleston, sull'intera costa all'interno della baia e sulla città stessa. La sua costruzione venne iniziata nel 1829 e fu progettato per schierare 135 cannoni ed ospitare 650 uomini di personale all'interno della sua struttura poligonale in muratura. Le mura erano alte più di 18 metri e spesse dai 2 ai 3 metri e mezzo, ma i lavori erano incompleti, ogni giorno una squadra di circa 110 operai si recava sull'isola per continuare i lavori. Pochi cannoni erano stati posizionati e inoltre nel 1860 la guarnigione del forte era costituita solamente dal capitano George Snyder, che dirigeva i lavori, un sergente e la sua famiglia. A novembre 1860 si contavano nel forte un totale di 78 cannoni, tra pezzi montati e ancora da schierare.

     
Da sinistra: Castle Pinckney nella primavera del 1861, Fort Moultrie nel 1860 e Fort Sumter nell'aprile del 1861 dopo l'attacco. Clicca sulle immagini per ingrandirle e vedere le relative piantine.

Due mesi di indecisione
Già il giorno delle elezioni giunsero a Washington alcune voci, che si rivelarono false, di un assalto ai forti di Charleston da parte della popolazione locale. Il preoccupato presidente uscente James Buchanan doveva decidere come agire e per prima cosa discusse con il segretario della guerra John B. Floyd sull'inevitabilità della secessione e sulle condizioni dei forti, decidendo infine di inviare il maggiore Fitz John Porter a Charleston per osservare e riferire sulla situazione. Il presidente ricevette anche il parere del tenente-generale Winfield Scott, comandante in capo dell'esercito, che suggeriva di rinforzare immediatamente tutti i forti situati nel sud. Questa strategia non piacque al presidente che temeva che una manovra simile avrebbe solamente agitato gli estremisti del sud portando ad uno scontro. Così il 9 novembre 1860 il gabinetto di Buchanan si riunì per discutere della crisi in South Carolina. Il segretario di stato Lewis Cass e il procuratore generale Jeremiah S. Black condannarono la secessione e proposero di inviare rinforzi a Charleston per dissuadere il South Carolina dal lasciare l'Unione. Il segretario della Marina Isaac Toucey, il segretario del Tesoro Howell Cobb e il segretario degli Interni Jacob Thompson si opposero all'invio di truppe e suggerirono di costituire un convegno con i rappresentanti degli stati per trovare un compromesso. Il Direttore generale delle Poste Joseph Holt si dimostrò scettico nei confronti di una riunione dei rappresentanti degli stati mentre il segretario della guerra John B. Floyd si limitò a condannare la secessione e a sconsigliare l'uso della forza. Al termine della riunione giunse William H. Trescot, assistente del segretario di stato, con la notizia che il colonnello John L. Gardner, un veterano della guerra del 1812 e comandante della guarnigione federale a Charleston, aveva inviato una piccola squadra di soldati sotto il capitano Truman Seymour presso l'arsenale nella città sudista. I soldati, vestiti in abiti civili per non attirare l'attenzione della popolazione ormai ostile al governo, avevano il compito di prelevare delle armi e munizioni da trasferire al sicuro a Fort Moultrie. Tuttavia mentre gli uomini stavano caricando la loro barca vennero scoperti da un civile che li minacciò di dare l'allarme, venendo poi raggiunti da una folla di abitanti, sospettosa che il governo stesse trasferendo armi e munizioni per usarle contro la città. Per evitare di far precipitare la già critica situazione e far svanire qualsiasi ipotesi di compromesso, tutte le armi vennero riportate all'arsenale. Va detto però che successivamente il sindaco della città autorizzò il colonnello a effettuare il trasferimento, ma Gardner fece presente che il sindaco non aveva alcuna potere di autorizzare o meno il trasferimento di proprietà federale.


Il gabinetto del presidente James Buchanan. Da sinistra: il segretario degli interni Jacob Thompson, il segretario della guerra John B. Floyd, il segretario di stato Lewis Cass, il presidente James Buchanan, il segretario del tesoro Howell Cobb, il segreto della marina Isaac Toucey, il direttore generale delle poste Joseph Holt e il procuratore generale Jeremiah S. Black.

Il giorno seguente il gabinetto, in seguito al rapporto fatto dal maggiore Porter, decise di sostituire Gardner con il maggiore Robert Anderson e rimpiazzare temporaneamente all'arsenale il magazziniere F.C. Humpreys con il colonnello Benjamin Huger, che però dopo breve tornò a Washington. Huger era nativo del South Carolina, ciò avrebbe servito a tranquillizzare la popolazione, si pensava a Washington. Robert Anderson era nativo del Kentucky e sua moglie della Georgia, i due avevano posseduto sino a quell'anno una piantagione con degli schiavi ma Anderson era completamente estraneo alla politica e totalmente dedito al suo dovere di soldato. Si diplomò a West Point nel 1825 dove divenne amico del futuro presidente confederato Jefferson Davis, combatté poi nella guerra contro Falco Nero, contro i Seminole e i Cherokee, fu istruttore a West Point, scrisse un manuale d'artiglieria e combatté contro il Messico, venendo ferito alla testa del suo reggimento durante la battaglia di Molino del Rey. Dopo la guerra fece carriera nell'esercito regolare divenendo maggiore d'artiglieria nel 1857. Sebbene non schierato politicamente le sue simpatie andavano al sud, suo padre aveva difeso Fort Moultrie durante la guerra d'indipendenza e la sua carriera era degna di nota, tutto ciò sembrava renderlo l'uomo giusto da mandare a Charleston per alleviare la tensione.
Prima di giungere a Washington per incontrare il segretario della guerra, Anderson si rivolse ad un suo amico del genio che conosceva le strutture difensive della baia di Charleston, il quale condivise con il maggiore la sua opinione secondo cui la secessione era imminente e che Fort Sumter era il posto più sicuro per la guarnigione di Charleston. A Washington Anderson parlò col segretario della guerra Floyd il quale insistette sul fatto che con le poche truppe a disposizione il maggiore doveva evitare di provocare uno scontro. Il 21 novembre il maggiore giunse a Charleston e cominciò subito un'ispezione della posizione inviando un rapporto al colonnello Samuel Cooper, aiutante generale dell'esercito degli Stati Uniti, a Washington. Fort Moultrie doveva essere sistemato per garantire una difesa da un attacco terrestre e dei rinforzi erano indispensabili. Fort Sumter era in buone condizioni, nel giro di qualche giorno i cannoni della casamatta inferiore sarebbero stati posizionati e i quattro depositi contenevano 40.000 libbre di polvere. Anderson suggerì che Castle Pinckney fosse adeguatamente presidiato con più uomini poiché la sua vicinanza a Charleston minacciava la città e scoraggiava eventuali attacchi alla guarnigione federale. In conclusione se il governo voleva mantenere il controllo della baia, dei rinforzi dovevano essere immediatamente inviati a presidiare Sumter e Pinckney. Anderson trovò però anche scarsa disciplina tra i soldati ma buoni e determinati ufficiali. Anderson, capendo che la sua presenza avrebbe ricoperto anche un ruolo politico, chiese a Cooper di riceve istruzioni dettagliate. Il colonnello gli rispose semplicemente che se attaccato avrebbe dovuto difendersi al meglio.
Il 24 novembre il presidente Buchanan dopo aver ricevuto le richieste di rinforzi dal maggiore Anderson ricevette anche una lettera dall'ardente politico secessionista ed editore del South Carolina Robert Barnwell Rhett. Questi comunicava al presidente che il suo stato "lascerà l'Unione ed è nel vostro potere rendere questo evento pacifico o sanguinoso. Se invierete ulteriori truppe nella Baia di Charleston, esso sarà sanguinoso". Ma Buchnan dopo aver consultato Jeremiah S. Black e Lewis Cass aveva recentemente deciso di inviare aiuti ad Anderson. Uno spaventato Floyd giurò sul suo onore che il South Carolina non avrebbe attaccato i forti e convinse il presidente a tardare la spedizione. L'assistente del segretario di stato Trescot, nativo di Charleston, si schierò con Floyd e disse al presidente che nessun attacco sarebbe stato lanciato, a meno che la popolazione venisse provocata dall'arrivo di rinforzi. Buchanan dichiarò di voler evitare lo scoppio delle violenze, ma temeva che se Charleston non fosse stata rinforzata in tempo i sudisti avrebbero poi agito con la forza senza alcun avvertimento. Trescot continuò a dissuadere il presidente assicurandolo che nel caso il South Carolina avese lasciato l'Unione, dei delegati sarebbero stati inviati per trattare col governo. Dopo aver convinto Buchanan che senza l'invio di rinforzi non ci sarebbe stato un attacco da parte dei sudisti, Trescot si rivolse al governatore del South Carolina, William H. Gist, chiedendogli di garantire al presidente che finché lo stato fosse rimasto nell'Unione e finché il governo federale non avesse alterato la situazione nella baia di Charleston, nessun attacco o preparativo sarebbe stato compiuto. Gist scrisse allora una lettera al presidente informandolo che il suo stato intendeva abbandonare l'Unione molto presto ma che non vi era alcun desiderio di fare qualcosa che "porti ad una collisione prima che l'ordinanza di secessione sia passata e un avviso sia stato recapitato al presidente", a meno che "un altro singolo soldato o un altro cannone o altre munizioni vengano inviate." Venne così raggiunto il 10 dicembre un accordo tra Gist e il presidente per mantenere lo status quo e il segratorio Floyd istruì Anderson l'11 dicembre orinandogli di "evitare qualsiasi atto che potrebbe provocare" la popolazione. Inoltre nel caso che "prove tangibili di intenzioni a procedere con un atto ostile" si fossero presentate, il maggiore poteva spostarsi in un altro forte della baia.
Alla fine di novembre Trescot, che ormai fungeva da intermediario tra le autorità del South Carolina e il governo, venne inviato a sud. Qui tentò di persuadere il governatore Gist a posporre l'ordinanza di secessione ma diversi incontri con politici a Columbia, capitale del South Carolina, lo convinsero che ciò era impossibile. Quando tornò a Washington il 9 dicembre era chiaro ormai a Buchanan che lo stato avrebbe presto abbandonato l'Unione e inviato degli uomini per negoziare con il governo. Se i negoziati fossero falliti allora un attacco ai forti sarebbe divenuto inevitabile. Intanto il segretario del tesoro Cobb diede le dimissioni, il segretario di stato Cass le annunciò l'11 ormai indignato per l'incapacità del presidente di tutelare gli interessi della nazione in South Carolina e chiedendo ancora che dei rinforzi fossero immediatamente inviati ai forti e che una nave da guerra fosse mandata di supporto. Il presidente riorganizzò il suo gabinetto nominado Black segretario di stato e rimpiazzandolo al posto di procuratore generale con Edwin M. Stanton, al tesoro venne messo Philip Francis Thomas. Lo stesso giorno l'assistente dall'aiutante generale, il maggior Don Carlos Buell giunse a Charleston per ispezionare le fortificazioni. Questi diede oralmente delle istruzioni ad Anderson, ovvero che se attaccato doveva difendersi fino allo stremo e consigliò di concentrare tutte le sue esigue forze in un solo forte.
Il 15 dicembre Buchanan si incontrò con il generale Scott e il segretario Floyd per discutere della faccenda dei rinforzi, il primo sosteneva di agire come nel 1833 e inviare l'esercito a Charleston. Ma per il presidente, anche se condannava la secessione, era incostituzionale usare la forza contro uno stato per obbligarlo ad aderire all'Unione, in queste circostanze l'unica cosa che per legge poteva fare era difendere la proprietà pubblica se attaccata, spettava poi al congresso trovare una soluzione e legiferare in modo da permettere un intervento armato legale. Buchanan disse quindi a Scott che in mancanza di una minaccia alle proprietà federali nessun rinforzo che avrebbe potuto causare una collisione sarebbe stato inviato. Lo stesso giorno in South Carolina veniva scelto il nuovo governatore dello stato, Francis W. Pickens. Questi venne immediatamente contattato da Buchanan che chiedeva di rimandare la votazione per l'ordinanza di secessione. Fu un tentativo inutile perchè il nuovo governatore aveva già inviato una lettera al presidente nella quale chiedeva la resa dei forti della baia di Charleston. Pickens riferiva di essere stato informato che nei forti della baia venivano compiuti lavori per puntare i cannoni contro la città. Il nuovo governatore pretese che tutti i lavori ai forti fossero interrotti e che nessun rinforzo venisse inviato. Inoltre, per garantire la pace, le truppe di stato del South Carolina dovevano essere autorizzate a presidiare Fort Sumter. Pickens si recò anche di persona a Charleston per prendere personalmente il controllo della situazione. Il 18 dicembre a fronte di alcune voci che indicavano un imminente tentativo di trasferire armi dall'arsenale ai forti, venne ordinato al capitano Charles H. Simonton della compagnia di milizia Washington Light Infantry di prevenire qualsiasi tentativo del genere e bloccare qualsiasi trasferimento di truppe da Moultrie a Sumter. Nel caso ciò avvenisse, il capitano aveva l'ordine di affondare qualsiasi imbarcazione coinvolta e occupare immediatamente Fort Sumter.
Il maggiore Anderson da parte sua si stava occupando di portare avanti i lavori ai tre forti con l'aiuto del capitano John G. Foster del genio. Il problema principale erano i cannoni di Fort Sumter, che per via delle cattive condizioni degli affusti non erano stati ancora posizionati. Sorse comunque il dubbio che se il forte fosse caduto in mano nemica quei cannoni sarebbero poi stati puntati contro Fort Moultrie dove attualmente si trovavano gli uomini del maggiore. Foster propose di collegare i depositi di Sumter con un dispositivo che permettesse di farli esplodere da Moultrie nel caso l'isola fosse stata occupata, il capitano propose anche di minare l'area intorno a Fort Moultrie. L'unica cosa che fece Anderson fu chiedere l'autorizzazione a Washignton per eliminare le dune di sabbia che rendevano critica la posizione di Fort Moultrie. La risposta fu negativa, una gesto simile avrebbe affrettato una reazione armata da parte del South Carolina.
Giunse infine il 20 dicembre. I delegati del South Carolina si riunirono nella St. Andrew's Hall di Charleston per approvare l'ordinanza di secessione. Alle 13:30 l'ordinanza era approvata all'unanimità e i cannoni nella baia di Charleston rombarono per celebrare l'indipendenza. L'ufficio postale cadde inevitabilmente nelle mani delle autorità del South Carolina mentre i forti e l'arsenale divennero definitivamente simboli di una potenza straniera. Il giorno successivo la convenzione secessionista nominò tre delegati, James L. Orr, Robert W. Barnwell e James H. Adams, per negoziare col governo. In quegli stessi giorni, 20 e 21 dicembre, a Washington vennero accettate le dimissioni di Trescot e cosa più importante giunse la lettera di Pickens di qualche giorno prima dove veniva richiesta la resa dei forti. Trescot stava continuando ad occuparsi della vicenda e ritenne la lettera del governatore pericolosa, essa violava lo status quo stabilito tra governo e South Carolina, pertanto gli chiese di ritirarla. Nel frattempo Buchanan preparò una risposta nella quale reiterava il concetto che era il congresso che doveva occuparsi delle relazioni con uno stato, che la sua intenzione era mantenere la pace ma difendere le proprietà federali, pertanto qualsiasi attacco ai forti sarebbe stato considerato una dichiarazione di guerra contro gli Stati Uniti. Buchanan ricevette anche la notifica dell'ordine orale di Buell dato ad Anderson l'11 dicembre. L'ordine non piacque al presidente che fece comunicare al maggiore Anderson che non era richiesto il sacrificio della sua vita e di quella dei suoi uomini, nel caso, sarebbe stato suo dovere cedere e ottenere i miglior termini possibili.


Gli ufficiali di Anderson a Charleston. Seduti da sinistra: capitano Abner Doubleday, maggiore Robert Anderson, chirurgo Samuel W. Crawford, capitano del genio John G. Foster. In piedi da sinistra: capitano Truman Seymour, tenente George Snyder, tenente Jefferson C. Davis, tenente Richard "Dick" K. Meade, capitano Theodore Talbot.

"Per prevenire lo spargimento di sangue": l'abbandono di Fort Moultrie
Il maggiore Anderson passò il primo mese al comando della guarnigione di Charleston a chiedere ordini precisi a Washington e rinforzi. Tutto ciò che ottenne fu l'autorizzazione a difendersi se attaccato, ma i rinforzi non potevano arrivare poiché avrebbero potuto scatenare un attacco contro i forti. Ovviamente attirare l'ostilità della popolazione era l'ultima cosa che serviva ad Anderson. Il 5 dicembre il maggiore insieme al colonnello Huger dall'arsenale si recò in città per un colloquio col sindaco e altri cittadini di rilievo. Tutti lo assicurarono che il massimo sforzo sarebbe stato fatto per prevenire un assalto ai forti da parte dei cittadini, ma che una volta avvenuta la secessione tutte le strutture sarebbero dovute essere consegnate. I primi di dicembre il maggiore inviò il capitano Foster a procurasi un centinaio di moschetti da dare agli operai che lavoravano a Fort Sumter e Castle Pinckney, ma Floyd intervenne bloccando tutto. Il capitano realizzò poi che in fondo non ci si poteva fidare degli operai, almeno non tanto da armarli. Il 17 dicembre vennero comunque prelevati dall'arsenale e trasferiti a Fort Sumeter e Castle Pinckney dei fucili già richiesti tempo prima dal colonnello Gardner. Il giorno seguente la notizia giunse alle orecchie della popolazione di Charleston provocando parecchia agitazione, Huger aveva infatti giurato che nessun'arma sarebbe stata prelevata dall'arsenale. Il capitano Foster rifiutò di riconsegnare le armi senza ricevere prima un ordine da Washington che giunse infine direttamente dal segretario Floyd. Quando il capitano si era ormai rassegnato a riportare le armi nell'arsenale federale, presidiato dalle truppe di stato del South Carolina da più di un mese, giunse la notizia della secessione. Ad Anderson giunse anche la notizia che il governatore Pickens aveva ordinato a un piroscafo di pattugliare le acque tra Fort Moultrie e Sumter. Al comandante federale venne poi riferito di un episodio avvenuto la notte del 20, quando una sentinella a Castle Pinckney rivolgendosi all'imbarcazione chiese cosa volessero e l'equipaggio gli rispose "Lo scoprirai in una settimana". In quello stesso giorno le autorità del South Carolina cominciarono a concentrare dei cannoni nell'estremità settentrionale di Sullivan's Island per costruirvi delle batterie. Un'altra batteria per ospitare due grossi mortai veniva approntata a Mount Pleasant.
Sembrava ormai evidente che una collisione fosse imminente, la notizia che dei delegati del South Carolina vennero inviati a Washington per trattare il 24 dicembre non fu di grande sollievo per il comandante federale come anche le scarse informazioni provenienti dalla capitale, le uniche indicazioni che il maggiore Anderson continuava a ricevere erano inviti ad evitare provocazioni e uno scontro. Sino ad allora i suoi ufficiali avevano suggerito di spostarsi nel più isolato e sicuro Fort Sumter, ma Anderson obbiettò sempre che essendo stato assegnato a Moultrie tale spostamento poteva essere eseguito solo con ordini di Washington. Ma dalla capitale un ordine del genere non sarebbe mai giunto dato che la strategia adottata era quella di mantenere lo status quo, nonostante il 22 dicembre chiese che tale movimento venisse autorizzato. Realizzato questo e resosi conto del fatto che una volta occupato Fort Sumter le truppe del South Carolina avrebbero puntato i cannoni contro Moultrie, rendendolo intenibile, il maggiore elaborò un piano da eseguire il giorno di natale, ma che a causa della pioggia slittò al giorno seguente. Il piano che tenne nascosto a tutti i suoi uomini era quello di evacuare Moultrie e spostarsi a Fort Sumter.
Il tenente Norman C. Hall, che agiva come quartiermastro, venne inviato a noleggiare tre golette e alcune chiatte con la scusa di trasferire a Fort Johnson le donne e i bambini presenti a Fort Moultrie. Anderson fece caricare due golette con provviste per quattro mesi e con le donne e i bambini. A mezzogiorno del 26 dicembre tutto era pronto e Hall salpò per Fort Johnson con l'ordine però di non sbarcare e guadagnare invece tempo col pretesto di dover prima trovare adeguati acquartieramenti. Il tenente doveva attendere due colpi di cannone sparati da Moultrie per poi dirigersi invece a Fort Sumter. Due civili locali assistettero ai preparativi e chiesero spiegazioni circa le provviste. Hall rispose vagamente e i due, poco dopo che le golette partirono, salparono su un piroscafo. Un altro cittadino invece notò che venne caricata una cassa di munizioni e si calmò soltanto quando questa venne rimossa. All'interno di Moultrie vennero portati avanti nel corso di tutta la giornata i preparativi per lasciare il forte, facendo sembrare i movimenti normale routine. Nel frattempo il capitano Foster del genio venne informato del piano, doveva radunare tutte le barche disponibili e tenersi pronto per le 17-18 del pomeriggio.
La mattina dello stesso giorno, il figlio dell'ardente secessionista Robert B. Rhett si recò dal governatore Pickens dopo che un amico fidato in Washington gli rivelò di aver sentito voci di un imminente tentativo da parte di Anderson di prendere Sumter. Il giovane Rhett reiterò la richiesta già fatta dal padre e altri politici di occupare subito i forti. Ma Picknes preferì aspettare che i delegati inviati nella capitale fossero ricevuti e mantenere la situazione com'era fino a quando il governo avesse mantenuto lo status quo.
Al tramonto il capitano Abner Doubleday si recò sul parapetto del forte per invitare il comandante a prendere un the, qui lo trovò in compagnia di altri ufficiali ai quali il maggiore si rivolse dicendo "Ho deciso di evacuare questa posizione immediatamente con l'obbiettivo di occupare Fort Sumter". Diede poi 20 minuti di tempo per preparare le compagnie. Duobleday ebbe il tempo di dare un rapido saluto alla moglie mentre il tenente Jefferson C. Davis ricevette l'ordine di rimanere al forte con Foster, 11 soldati e il chirurgo per agire come retroguardia e proteggere lo spostamento pianificato da Anderson. Davis caricò cinque columbiadi, tutto era pronto per affondare qualsiasi nave si fosse messa di mezzo. Poco dopo il crepuscolo la piccola guarnigione di Charleston uscì dai cancelli di Moultrie e si recò all'approdo dove i tenenti George Snyder e Richard Meade con le loro squadre nascoste tra le rocce, attendevano di imbarcarsi su diverse piccole imbarcazioni. Senza essere visti da nessuno, gli uomini salparono senza problemi ma a metà tragitto venne avvistato uno dei piroscafi di pattuglia di fronte a loro. Due delle imbarcazioni di Anderson virarono verso terra per aggirarlo e superarlo, la terza sotto il comando di Doubleday decise di andare avanti. Il capitano ordinò ai suoi uomini di togliere cappelli e giacche e nascondere armi e distintivi. Il piroscafo della guardia costiera del South Carolina osservò gli uomini che probabilmente vennero scambiati per degli operai che come al solito si stavano recando a Fort Sumter. Con questo colpo d'audacia Doubleday riuscì ad arrivare per primo sull'isola artificiale che ospitava Fort Sumter. Qui fece sbarcare i suoi uomini e respinse con le baionette all'interno del forte alcuni operai secessionisti che si stavano chiedendo che ci facevano dei soldati a Sumter. Completato lo sbarco le barche tornarono a Moultrie per caricare il resto delle truppe che questa volta attraversarono la baia indisturbate. Una volta sbarcata tutta la guarnigione vennero imbarcati gli operai, eccetto coloro considerati affidabili unionisti. I due colpi di cannone vennero poi sparati da Moultrie per far arrivare Hall con le donne, i bambini e i rifornimenti. Alle 20:00 di sera l'operazione era conclusa con successo e senza che nessuno a Charleston se ne accorgesse. La retroguardia rimasta a Moultrie diede infine alle fiamme gli affusti, inchiodò i cannoni e raggiunse il resto della guarnigione. La mattina seguente, con la città ancora ignorante della vicenda, Crawford tornò a Moultrie per spostare l'ospedale insieme ad Hall e alle sue barche che caricarono munizioni, 90 giorni di razioni, del combustibile, gli equipaggiamenti dell'ospedale e gli effetti personali delle truppe. Rimasero isolati soltanto la banda lasciata a Moultrie e il tenente Dick Meade con un sergente inviato a Castle Pinckney. Quella notte Anderson scrisse al colonnello Cooper che "Ho l'onore di informarvi che, con la benedizione di Dio, ho appena completato il trasferimento in questo forte di tutta la mia guarnigione... Il passo che ho fatto è stato, in mia opinione, necessario per prevenire lo spargimento di sangue". Il messaggio giungerà a Washington solamente il 29 dicembre. La guarnigione era al sicuro in una fortezza imprendibile con un attacco diretto, con provviste sufficienti per 4 mesi ma completamente isolata dal resto del mondo e impossibilitata a comunicare liberamente persino con il proprio governo.

La mossa di Pickens
La mattina del 27 dicembre Charleston si svegliò vedendo una colonna di fumo proveniente da Moultrie. Il sindaco Macbeth credendo che fosse scoppiato un incendio inviò in soccorso un piroscafo con due compagnie di pompieri, ma a metà strada la nave incrociò la guardacoste Nina che portava in città la notizia della manovra di Anderson. Lo stesso governatore Pickens si svegliò in una città in cui regnava il caos, reporter e civili si affrettavano per vedere qualcosa, truppe di stato venivano mobilitate e false voci circolavano liberamente, come ad esempio che a Sumter fossero giunti dei rinforzi. Un infuriato Pickens appena ricevuta notizia di ciò che era successo realmente, inviò il colonnello James Johnston Pettigrew e il maggiore Ellison Capers a Sumter per incontrare il maggiore Anderson e chiedere l'immediato ritorno a Fort Moultrie. Pettigrew comunicò la sorpresa del governatore Pickens di fronte alla manovra dato che tra l'ex governatore Gist e il presidente si era raggiunta la decisione di mantenere lo status quo nella baia. Anderson rispose che aveva semplicemente spostato i suoi uomini da una struttura ad un'altra come aveva diritto di fare. Inoltre egli non aveva ricevuto nessuna comunicazione in merito ad un accordo, di fatti il maggiore non ricevette nemmeno ordini chiari dal governo. Anderson concluse la discussione con Pettigrew dicendo che aveva agito di sua iniziativa per prevenire uno spargimento di sangue, e che nonostante le sue simpatie andassero al sud non poteva e non voleva tornare a Moultrie. Pettigrew se ne andò e a mezzogiorno, Anderson, per ufficializzare la presa di Sumter, schierò i suoi uomini nel piazzale del forte, il reverendo Matthias Harris disse una preghiera ed infine sulle note di "Hail Columbia" lo stesso maggiore issò una grande bandiera americana ben visibile da Charleston.
In città quando il governatore Pickens ricevette la notizia del rifiuto di Anderson di tornare a Moultrie ordinò alle truppe di stato sotto Pettigrew di prendere Castle Pinckney. Alle quattro del pomeriggio del 27 dicembre, Pettigrew con tre compagnie di milizia formate da un distaccamento della Washington Light Infantry, le Meagher Guards e la Carolina Light Infantry sbarcarono dalla nave Nina sull'isola dove era ubicato il forte-castello. Gli uomini si schierarono pensando di partecipare al primo combattimento di una guerra, con delle scale le truppe del South Carolina scalarono le mura ma in cima il colonnello Pettigrew vi trovò soltanto il capitano Meade con le sue proteste. I cancelli vennero aperti e le truppe fatte entrare, siccome prendere prigioniero Meade che nemmeno si considerava tale significava riconoscere che era in corso una guerra, al capitano venne permesso di andare a Fort Sumter mentre al resto della guarnigione, ovvero il vecchio sergente Skillen e la sua moglie quindicenne Kate, venne garantita l'incolumità. Tutte le proprietà federali vennero confiscate e siccome nessuno si ricordò di portare una bandiera ne venne issata una con una stella bianca su campo rosso presa dalla Nina.
Da Fort Sumter Anderson, i suoi ufficiali e la guarnigione assistettero allo spettacolo con grande indignazione. Ma quella notte la vendetta di Pickens continuò, venne ordinato al tenente-colonnello Wilmot G. DeSaussure di conquistare Fort Moultrie con 225 uomini prelevati dalle batterie di artiglieria Washington, German, Lafayette e Marion. Anche questi uomini vennero trasportati con la guardacoste Nina ma anche con il battello General Clinch. Probabilmente armate solo di picche, le truppe arrivarono sulla Sullivan's Island alle sette di sera. A loro si unì anche il colonnello Charles Allston che insieme ai soldati avanzò cautamente nell'oscurità temendo sopratutto che le voci di mine disseminate tutt'attorno al forte fossero vere. Non trovando nessuno eccetto alcuni operai, gli ufficiali e alcuni soldati entrarono nel forte e issarono la bandiera del South Carolina. La mattina seguente il resto della spedizione entrò nella posizione. Intanto quella stessa notte un capitano consegnò il suo cutter della finanza ancorato nella baia alle autorità del South Carolina. Infine il 30 dicembre Pickens ordinò anche l'occupazione dell'arsenale a Charleston che venne preso dal 17th Regiment of Infantry del colonnello John Cunningham. Al responsabile dell'arsenale, F.C. Humphreys, fu permesso di salutare la bandiera con 32 colpi di cannone e portarla via con se. Humphreys e i suoi pochi soldati di guarnigione vennero ospitati nell'arsenale in attesa di ricevere notizie da Washington circa il loro trasferimento. Nel frattempo anche Fort Johnson cadde nelle mani delle truppe di stato.

Le reazioni politiche e i preparativi militari a Charleston
La mattina del 27 dicembre, a Washington, il senatore del Texas Louis T. Wigfall, nativo del Suth Carolina e convinto secessionista, giunse nella casa affittata da Trescot per ospitare i tre delegati inviati da Pickens per trattare la consegna dei forti. Già il giorno precedente il presidente Buchanan gli comunicò la sua intenzione di riceverli, ma solo come privati cittadini, e di inoltrare al congresso la loro proposta di consegnare alle autorità di stato i forti di Charleston in cambio di un risarcimento economico. Wigfall portava però la notizia che Anderson aveva inchiodato i cannoni di Fort Moultrie e si era rifugiato a Sumter. Nonostante l'incredulità dei delegati e del segretario della guerra Floyd appena giunto nell'edificio, Trescot si recò immediatamente alla Casa Bianca accompagnato dai due senatori sudisti Jefferson Davis del Mississippi e Robert M.T. Hunt della Virginia. Quando comunicarono la notizia al presidente questi rimase scioccato ed esclamò che "ciò non solo è accaduto senza ma anche contro i miei ordini. E' contro la mia politica." I senatori gli consigliarono di ordinare immediatamente ad Anderson di tornare a Moultrie prima che i secessionisti si impossessassero degli altri forti e attaccassero Fort Sumter facendo scoppiare una guerra civile. Il presidente preferì però consultarsi con il suo gabinetto. Floyd sostenne che Anderson aveva disubbidito agli ordini mentre Black disse l'opposto. Venne allora esaminato l'ordine dell'11 dicembre inviato ad Anderson dove era evidente che Floyd autorizzava il maggiore a spostarsi nel caso avesse avuto prove tangibili di un imminente attacco. Floyd continuò ad insistere che Anderson doveva tornare a Moultrie o Buchanan sarebbe stato accusato di aver rotto l'accordo per mantenere lo status quo. Stanton e altri nordisti proclamarono invece che un simile ordine avrebbe reso il presidente colpevole di tradimento e la riunione si concluse in un nulla di fatto.
Il 28 dicembre arrivò la notizia che Pickens aveva occupato tutti gli altri forti di Charleston. I delegati inviati dal South Carolina si recarono allora alla Casa Bianca chiedendo al presidente l'immediata rimozione della guarnigione federale da Charleston, pretendendo una risposta rapida che Buchanan non riusciva ancora a dare. Il sud criticava Buchanan per aver violato l'accordo mentre il nord apprezzava la manovra di Anderson e già lo celebrava come eroe, farlo tornare indietro avrebbe scatenato una bufera che avrebbe potuto concludersi con l'impeachment del presidente. Black e gli altri membri del gabinetto dichiararono che se Sumter fosse stato evacuato avrebbero dato le dimissioni, il presidente non poteva ignorare l'atto di aggressione eseguito da Pickens nel catturare i rimanenti forti di Charleston. Così dopo altre riunioni con il gabinetto il 30 dicembre Buchanan inviò finalmente una risposta alle richieste dei delegati secessionisti che con sempre più vigore richiedevano l'evacuazione di Sumter: "Questo non posso farlo, questo non lo farò". Lo stesso giorno Buchanan prese atto delle dimissioni di Floyd relative ad uno scandalo che lo vedeva coinvolto. Un suo parente che lavorava per Thompson al dipartimento del Tesoro aveva "preso in prestito" 870.000 dollari destinati ad diverse tribù indiane e li aveva usati per pagare degli appalti militari. Al suo posto venne nominato Holt e il presidente cominciò a discutere con Scott della possibilità di inviare rinforzi a Fort Sumter. Il mese di gennaio 1861 si aprì con una nuova riunione del gabinetto mentre i delegati del South Carolina, indignati, tornavano a casa. Nella riunione venne definitivamente deciso di soccorrere Sumter. A colloquio con Buchanan, Scott riferì che la corvetta Brooklyn era già stata preparata per imbarcare 200 uomini, e 90 giorni di razioni aspettavano di essere caricate a Fort Monroe. Successivamente Scott suggerì di sostituire la nave con un mercantile più veloce e con minore pescaggio.
In quegli stessi giorni agli occhi del governatore Pickens era ormai evidente che un tentativo di rifornire o rinforzare Sumter era solo più questione di tempo. Il 31 dicembre 1860 venne ordinato al maggior-generale Schnierle di selezionare sulla Morris Island un punto dove erigere una batteria. Il maggiore Peter F. Stevens e 40 cadetti della Citadel (l'accademia militare di Charleston) vennero assegnati alla batteria che venne eretta a Cumming's Point, un punto in grado di dominare il canale di entrata nella baia. La batteria armata con due howitzer da 24 libbre venne nominata Fort Morris, anche se questo nome non fu mai molto diffuso. Per sorvegliare le acque il tenente William H. Ryan degli Irish Volunteers e 20 uomini della 4th Brigade vennero imbarcati sul battello General Clinch e messi di pattuglia dalle sette di sera all'alba. A Moultrie i cannoni vennero sistemati e piazzati su nuovi affusti e a Fort Johnson vennero inviati 50 uomini.

La Star of the West
Nei primi giorni di gennaio a New York veniva noleggiato per 1.250 dollari al giorno un mercantile disarmato chiamato Star of the West per svolgere la missione del Brooklyn. Nella massima segretezza la nave venne caricata la notte del 5 gennaio e partì da New York alla volta di Charleston. Un dispaccio venne preparato per il maggiore Anderson per informarlo della partenza della nave e dell'autorizzazione a rispondere al fuoco se l'imbarcazione fosse stata bersagliata una volta giunta nella baia di Charleston. Il messaggio però venne inviato effettivamente un po' tardi e per mezzo della posta normale, il che rendeva sicura la possibilità che venisse intercettato dalle autorità del South Carolina. Infatti Anderson e la sua guarnigione finirono per essere gli unici a rimanere all'oscuro dell'arrivo in loro soccorso di una nave. Già il 7 gennaio sul New York Times si leggeva che "La Star of the West, è gia senza dubbio alcuno in rotta verso Charleston. ...pare che la notte di sabato circa 300 marines siano stati imbarcati... sul battello che durante la notte ha preso il mare". Per la precisione vennero imbarcati 200 marines sotto il comando del tenente Charles R. Woods dell'esercito. Lo stesso giorno e quello successivo ben quattro telegrammi furono inviati al governatore Pickens e a Rhett, che oltre ad essere un secessionista era l'editore del Mercury, dove veniva comunicata la partenza della nave. Mentre la missione veniva rivelata da fonti indiscrete, la Star of the West navigava rapidamente verso sud ed essendo in anticipo sui tempi si fermò al largo di Georgetown, in South Carolina. Qui mentre gli uomini passarono un paio di ore a pescare, il capitano del battello, John McGowan, fece effettuare gli ultimi preparativi in vista di un'accoglienza poco piacevole a Charleston.
All'una e trenta di mattina del 9 gennaio 1861, la Star of the West si apprestava a navigare il canale d'ingresso alla baia di Charleston lasciato completamente senza riferimenti luminosi dai secessionisti. Fino alle 6 del mattino il battello si mosse lentamente in cerca di un punto di riferimento. Avvistato finalmente Fort Sumter l'imbarcazione procedette verso il forte ma venne subito notata da una prima barca all'entrata della baia. Poco dopo fu avvistata anche dalla guardacoste General Clinch che sparò alcuni razzi di segnalazione allertando l'intera baia. Sulla Morris Island i cadetti della Citadel vennero svegliati dal giovane William S. Simkins, di guardia sulla spiaggia quella notte. Appena la nave comparve di fronte alla batteria di Fort Morris a Cumming's Point, il maggiore Peter F. Stevens ordinò ai suoi cadetti di aprire il fuoco. Il primo pezzo maneggiato dal cadetto George E. Haynesworth sparò un colpo d'avvertimento al quale il battello rispose issando una grossa bandiera americana e continuando ad avanzare verso Fort Sumter. Il secondo cannone della batteria puntò contro la Star of the West e aprì il fuoco, poco dopo da Fort Moultrie una columbiade si unì al cannoneggiamento e così fecero anche gli altri cannoni del tenente-colonnello Roswell S. Ripley, comandante delle truppe sulla Sullivan's Island. Ma il fuoco da Moultrie venne presto cessato poiché il battello era ancora fuori tiro. La batteria su Morris Island invece continuò a sparare sulla nave correggendo il tiro ad ogni colpo, riuscendo finalmente a colpire la nave vicino al timone ed in altri punti. La Star of the West, con i suoi marines nascosti sotto coperta, non ricevendo alcun aiuto da Sumter e avvicinandosi sempre più ai pericolosi colpi di Moultrie dovette invertire la rotta e tornare a New York.
Nel forte intanto quella mattina sul parapetto si trovava Abner Doubleday che scrutava l'orizzonte. Nei giorni precedenti era stato portato nel forte un giornale dove si leggeva che la Star of the West, una nave mercantile, stava arrivando a Sumter per portare rinforzi. La cosa non fu presa sul serio dalla guarnigione, la quale non avendo ricevuto nessun documento ufficiale credette che la notizia fosse un falso, inoltre tutti si aspettavano che venisse inviata una nave da guerra e che la cosa rimanesse segreta e non pubblicata su un giornale. Quando all'alba Meade vide una nave entrare nella baia con la bandiera degli Stati Uniti, Doubleday ipotizzò che forse la storia della Star of the West non era falsa. Quando vide che i cadetti della batteria di Fort Morris aprirono il fuoco sulla nave si precipitò a svegliare il maggiore Anderson. In breve l'intera guarnigione fu sveglia e pronta ai propri posti, i quattro cannoni puntati verso Morris Island vennero caricati anche se erano troppo piccoli per fornire assistenza alla nave da quella distanza. Anderson era sul parapetto del forte con Meade, Crawford e Jefferson C. Davis quando quest'ultimo gli comunicò che Fort Moultrie aveva aperto il fuoco e insistette per rispondere. Anderson lo inviò a comandare i due pezzi da 42 libbre puntati verso Moultrie ma con l'ordine di attendere. L'eccitazione era alta nel forte, la stessa moglie di Doubleday era pronta ad assistere uno dei cannoni di Sumter. Meade disse ad Anderson che aprire il fuoco avrebbe fatto scoppiare la guerra che stavano cercando di evitare. Mentre Anderson decideva cosa fare e pensava alle ripercussioni delle sue decisioni, la Star of the West invertì la rotta. Il maggiore ordinò allora alla guarnigione di ritirarsi eccetto due uomini per ogni cannone. Anche a Charleston l'intera popolazione si svegliò ai primi colpi, diverse compagnie di truppe di stato vennero mobilitate e inviate in punti strategici, i cittadini si precipitarono alla Battery (la passeggiata lungomare di Charleston) per vedere che succedeva nella baia.
Dopo l'accaduto quando Anderson riunì i suoi ufficiali per sentire le loro opinioni, Hall e Snyder appoggiati da Doubleday suggerirono di chiudere il porto, Meade si schierò contro sostenendo che ciò avrebbe fatto scoppiare una guerra civile, Davis e Crawford sostenevano che bisognava chiedere al governatore Pickens una spiegazione per quanto era accaduto e avvertirlo che se la risposta fosse stata inadeguata la baia sarebbe stata chiusa con i cannoni del forte. Il maggiore optò per l'ultima proposta e scrisse una nota a Pickens nel quale avvertiva che avrebbe aperto il fuoco su qualsiasi imbarcazione tentasse di entrare a Charleston se il governatore non avesse rapidamente fornito spiegazioni e dichiarato che l'attacco non proveniva da suoi ordini. A consegnare il messaggio venne inviato Hall che in alta uniforme sbarcò in mezzo ad una folla di cittadini. In quei momenti si diffuse anche la voce che Charleston sarebbe stata bombardata dal forte ma nonostante tutto Hall riuscì a consegnare il messaggio e ricevere una risposta dal governatore. Pickens comunicava che il South Carolina era ora uno stato indipendente e che la missione della Star of the West aveva interrotto in maniera ostile i negoziati a Washington. Inoltre il presidente degli Stati Uniti era stato informato che qualsiasi tentativo di rinforzare il forte sarebbe stato considerato un atto ostile. Pickens concludeva che le batterie avevano l'ordine di sparare prima un colpo di avvertimento e che quindi si erano comportate correttamente. Per quanto riguardava la chiusura della baia, Anderson avrebbe dovuto considerare bene le sue responsabilità perchè tale gesto avrebbe reso lo stato "una provincia conquistata", cosa a cui i cittadini avrebbero opposto resistenza e ciò sarebbe significato guerra. L'oltraggiosa risposta venne letta in fronte a tutti gli ufficiali della guarnigione, dopodichè Anderson cominciò a riflettere su come procedere, in particolare sul fatto che ad un colpo di avvertimento la nave aveva risposto continuando la navigazione. Anderson riunì nuovamente gli ufficiali e comunicò la sua decisione, in mancanza di ordini da Washington avrebbe inviato un ufficiale nella capitale per chiedere istruzioni, ciò avrebbe fatto guadagnare tempo e diminuito la tensione a Charleston. Il blocco della baia era rimandato. Gli ufficiali si trovarono d'accordo e il tenente Theodore Talbot la cui consunzione stava peggiorando nel forte fu selezionato per il compito. Il tenente indossò abiti civili e accompagnato da Crawford si recò in città. Pickens accettò questa sorta di tregua e acconsentì a consegnare la posta al forte, autorizzò la guarnigione a comprare carne, pane e verdura ma non farina e il 3 febbraio accettò di far evacuare le donne e i bambini rimasti a Sumter.

Preparativi per una guerra
Nonostante l'ultima apertura verso Anderson, grandi pressioni venivano fatte dai più ardenti secessionisti per attaccare il forte, mentre altri come l'ex senatore Jefferson Davis invitavano alla prudenza. Infatti nel mese di gennaio altri stati del profondo sud (Florida, Alabama, Georgia, Louisiana, Mississippi) lasciarono l'Unione e cominciò a diffondersi l'idea che una nuova confederazione di stati potesse nascere e prendere in gestione l'affare di Sumter. Il governatore Pickens si trovò in mezzo a coloro che chiedevano un attacco immediato, sia per evitare che la faccenda finisse nelle mani di un governo sudista che per altri motivi, e coloro che suggerivano una strategia temporeggiatrice. Sicuramente la situazione militare a Charleston andava migliorata in vista di qualsiasi evenienza e già il giorno dopo lo scontro con la Star of the West, Pickens ordinò che alcuni cannoni di Castle Pinckney venissero trasferiti a Fort Moultrie per costruire una nuova batteria sul margine orientale dalla Sullivan's Island. Per proteggere meglio la baia di notte vennero preparate delle luci e i piroscafi Aid e Marion si unirono alla Nina e General Clinch per servire come guardacoste. Quattro vecchie imbarcazioni donate dalla città di Savannah vennero caricate con il granito usato per la costruzione della dogana e affondate nel canale d'ingresso per evitare che grosse navi da guerra entrassero nella baia. Nel Maffit's Channel, sulla Sullivan's Island, che poteva rivelarsi una via per rifornire Sumter venne ancorata una nave con delle rocce a bordo pronta ad essere affondata per bloccare il canale. Il capitano John Hamilton, dimissionario della marina degli Stati Uniti, propose l'idea di costruire una batteria galleggiante per colpire il forte anche dal lato di Charleston. Insieme al maggiore J.H. Trapier il progetto venne presentato alle autorità del South Carolina che lo approvarono stanziando 12.000 dollari e pretendendo che venisse completato in tre settimane. La batteria galleggiante, una chiatta di circa 24 metri per 12 con tetto di ferro, doveva ospitare due cannoni da 42 libbre e due da 32 libbre, non aveva motori e doveva essere rimorchiata in posizione. Pure a Fort Sumter i preparativi per una guerra proseguirono. Entro il 21 gennaio vennero posizionati 51 cannoni di cui due columbiadi vennero piantate nella piazza interna del forte per essere utilizzati come mortai. Il capitano Foster del genio teneva costantemente informato il suo superiore, il 72enne generale Joseph G. Totten che ricopriva il ruolo di comandante del genio sin da prima della guerra contro il Messico. Foster osservò che a Moultrie i parapetti vennero dotati di merli e le postazioni d'artiglieria rinforzate con sacchi di sabbia e terra rendendo il forte invulnerabile ai colpi di Sumter. Venne anche a conoscenza di due nuove batterie sulla Sullivan's Island ma che non si riuscivano a vedere da Sumter, si vedeva invece che Castle Pinckeny era stato solamente rinforzato con dei sacchi di sabbia e che le truppe sotto il brigadier-generale John Dunovant avevano piazzato tre cannoni a Fort Johnson più una nuova batteria di mortai in costruzione. La batteria sulla Morris Island che aveva aperto il fuoco contro la Star of the West contava ora quattro cannoni ma a preoccupare Foster era l'arrivo a Cumming's Point, poco più di un chilometro da Sumter, di grandi quantità di materiali e lavoratori per costruire una ben fortificata batteria da affiancare a quella esistente. Questa era la batteria più vicina al forte e la più pericolosa per qualunque nave decidesse di entrare nella baia.


Batteria galleggiante fotografata nel 1861.

    
Da sinistra: un progetto e un schizzo dell'epoca della batteria galleggiante.

Altri mesi di attesa
L'11 gennaio Pickens inviò Judge Magrath e David F. Jamison a Fort Sumter per chiedere nuovamente la resa del forte. I due emissari furono ricevuti direttamente da Anderson che prese la lettera e riunì i suoi ufficiali per discutere. Tutti furono d'accordo nel rifiutare la richiesta e attendere ordini da Washington. Anderson comunicò la sua risposta negativa e aggiunse che era il governo che doveva prendere la decisione di abbandonare o tenere Sumter. Magrath tentò di persuadere il maggiore avvertendo che l'Unione era ormai in fallimento e che presto il forte sarebbe stato attaccato da migliaia di sudcaroliniani. I due secessionisti se ne dovettero andare con il rifiuto di Anderson e una lettera per Pickens nella quale il maggiore proponeva che entrambi riferissero della faccenda a Washington. Pickens accettò, era un buon modo per guadagnare del tempo per migliorare le posizioni militari, e Isaac W. Hayne venne scelto per essere mandato nella capitale, Anderson inviò il tenente Hall. Hayne aveva il compito di chiedere al presidente Buchanan l'immediata resa di Fort Sumter e avvertire che qualsiasi tentativo di mantenere la guarnigione federale a Charleston avrebbe portato ad una guerra.
A Washington Buchanan aveva ormai perso tutti i suoi amici meridionali che seguirono i loro stati nella secessione. Il 10 gennaio il nuovo segretario della guerra Holt scrisse ad Anderson che il governo supportava le sue azioni ma lo invitava a continuare "ad agire strettamente sulla difensiva" e per questo il 21 gennaio il maggiore rifiutò la proposta di Doubleday di ordinare ai secessionisti di cessare i lavori alle batterie e in caso di risposta negativa aprire il fuoco e distruggere tutte le postazioni ancora deboli. Due giorni dopo il tenente Talbot inviato da Sumter riferì al presidente che Anderson non aveva difeso la Star of the West poiché gli ordini non erano giunti al forte e fece un rapporto sulle trattative con Pickens. La notte del 13 giunsero nella capitale anche Hayne e Hall. Hall consegnò al presidente il rapporto di Anderson sull'affare della Star of the West e della tregua raggiunta con Pickens in attesa di ricevere nuovi ordini. Il presidente dette pieno appoggio alla cauta gestione di Anderson ma per sua sfortuna la tregua stava per cessare poiché nuovi ordini dovevano essere inviati al maggiore. Hayne intanto che stava per consegnare al presidente la richiesta di resa del forte fu contattato da alcuni senatori degli stati secessionisti. Questi riuscirono a far rimandare la consegna della richiesta e ad inviare al governatore Pickens una proposta di estendere la tregua fino al 15 febbraio durante la quale Buchanan non avrebbe inviato rinforzi al forte. Buchanan venne contattato da questi senatori e dichiarò di essere disponibile ad una tregua del genere a patto che il forte potesse ricevere la posta e dei rifornimenti. Mentre la proposta veniva considerata da Pickens, il 16 gennaio il senatore Clay chiese al presidente di ritirare la guarnigione di Sumter per alleviare le tensioni con i secessionisti, la risposta di Buchanan fu chiara: "non posso in qualsiasi circostanza ritirare le truppe".
In quei giorni il nuovo segretario della guerra Holt comunicò al maggiore Anderson che il presidente approvava la sua esitazione a rispondere al fuoco in mancanza di ordini e che nessuna nuova spedizione sarebbe stata inviata, a meno che Anderson non richiedesse soccorso. Di fatti da quando la crisi si era inasprita Anderson non aveva più richiesto rinforzi per evitare di far scattare la scintilla di uno spargimento di sangue. Comunque ora Anderson doveva osservare i preparativi dei secessionisti per informare il governo più spesso che poteva e preparare le difese per qualsiasi sviluppo. Anche Hayne comunicò col South Carolina, inviò tre lettere e cinque telegrammi per persuadere il governatore Pickens ad accettare la tregua e non fare nessuna manovra aggressiva. Anche Jefferson Davis, Louis T. Wigfall, William Porcher Miles e Maxcy Gregg scrissero messaggi simili consigliando a Pickens di non fare nulla e guadagnare il tempo necessario per prepararsi a qualsiasi evenienza. Nei primi giorni di febbraio si continuò a discutere. Hayne avanzò la proposta del South Carolina di acquistare il forte ma il segretario Holt rispose che non era nei poteri del presidente vendere strutture del governo, Buchanan a sua volta continuava a reiterare la sua strategia difensiva e pacifica e minacciava che qualsiasi attacco al forte avrebbe scaricato tutta le responsabilità di una guerra sugli attaccanti. A questa affermazione Hayne rispose con una lettera indignata che il presidente rifiutò, i rapporti vennero tagliati e John Tyler, ex presidente degli Stati Uniti, tentò di pacificare gli animi chiedendo inoltre a Buchanan che nessun rinforzo o rifornimento venisse inviato, e addirittura che se possibile la guarnigione venisse ritirata, ma il presidente rifiutò.
Nei primi giorni di febbraio si aprì anche una conferenza di pace che si rivelò però un fallimento poiché oltre a non giungere a nessuna decisione concreta nelle varie sessioni, nessun rappresentate degli stati secessionisti, del nord-ovest e del Pacifico parteciparono. Anche alla conferenza di pace i vari piani di compromesso offerti fallirono come al congresso, grazie anche al ruolo dei repubblicani.
Negli stessi giorni a Montgomery, in Alabama, i delegati degli stati secessionisti si riunivano invece per discutere della possibilità di creare una nuova confederazione. Oltre a giungere questa notizia, a Washington arrivarono anche i rapporti di Anderson che indicavano un miglioramento delle batterie secessioniste che minacciavano il forte. Holt chiese al presidente che reazione avrebbe dovuto avere il maggiore nel caso fosse stato bombardato, la risposta fu che doveva rispondere ma Buchanan sottolineò il fatto che bisognava evitare di essere i primi ad aprire il fuoco. Il 7 febbraio venne presentato al presidente un piano che prevedeva di inviare rifornimenti e rinforzi con una nave mercantile scortata da due rimorchiatori e due navi da guerra. Il piano non piacque al presidente per via del fatto che fu portato all'attenzione da un ex democratico passato ai repubblicani e perchè John Tyler facendo da mediatore con Pickens assicurò che nessun movimento aggressivo sarebbe stato compiuto dal South Carolina. Il 19 febbraio, il giorno dopo che a Montgomery i secessionisti crearono gli Stati Confederati, il piano fu nuovamente discusso dal gabinetto di Buchanan. Erano giunte voci che Pickens voleva attaccare Sumter prima che il nuovo governo sudista prendesse il controllo delle operazioni. A Tyler venne affidato il compito di accertare questa voce e scongiurare qualsiasi realizzazione del progetto. Nel frattempo il generale Scott, il segretario Holt e il segretario della marina Isaac Toucey prepararono una flotta di quattro vascelli del Dipartimento del Tesoro sotto il comandante James H. Ward per salpare nel caso si presentasse la necessità. Il senatore Louis Wigfall scoprì i preparativi e il 20 febbraio telegrafò a Pickens avvertendolo. Così lo stesso giorno Tyler ricevette da Pickens un messaggio dove si negava qualsiasi intenzione ad attaccare. Scott propose al presidente di inviare lo stesso la flotta con i rinforzi e i rifornimenti prima che fosse troppo tardi ma Buchanan basandosi sulle assicurazioni di Tyler che non ci sarebbe stato nessun attacco e sperando che la conferenza di pace riunita in Virginia giungesse a una soluzione, rifiutò la proposta.
In realtà il 18 febbraio Pickens aveva inviato al neonato governo confederato un telegramma dove annunciava che aveva intenzione di attaccare Fort Sumter entro la fine della settimana. Il presidente sudista Jefferson Davis gli rispose chiedendogli di lasciare decidere alle nuove autorità costituite se inaugurare una guerra o mantenere la pace e trattare gli interessi del sud con le nazioni straniere, era inoltre importante non far scoppiare un conflitto con il nord ma lasciare spazio alle trattative pacifiche. Il presidente confederato inviò così a Charleston il maggiore William H.C. Whiting, un ufficiale con esperienza di ingegneria, a ispezionare le batterie piazzate dalle autorità del South Carolina. Il primo passo per spostare la competenza e le responsabilità della vicenda di Fort Sumter dalle mani di Pickens a quelle del governo confederato era stato compiuto.

L'arrivo dei confederati a Charleston...
Dentro Fort Sumter il maggiore Anderson e la sua guarnigione federale stavano vivendo una situazione sempre più dura. Nonostante potessero comprare cibo a Charleston le scorte stavano inesorabilmente scarseggiando, il combustibile per scaldarsi si stava esaurendo, il whiskey e il tabacco erano finiti, la posta prima di giungere al forte veniva aperta dai secessionisti e le proprietà private lasciate a Moultrie non vennero mai restituite. Nonostante tutto però il morale non era basso, ma Anderson continuava ad essere preoccupato, non sapeva se tutti i suoi dispacci giungevano a Washington e non poteva sapere esattamente cosa il governo pianificava. Altri preparativi per difendere il forte da un assalto vennero completati, vennero piazzati degli esplosivi in modo da scagliare frammenti di pietra e muratura contro qualsiasi invasore. Inoltre una columbiade venne montata per essere usata come mortaio contro Charleston. Ma l'accerchiamento dei secessionisti si faceva sempre più forte e snervante, nonché ardito. Il 12 febbraio ad esempio una guardacoste si avvicinò talmente al forte che venne sparato un colpo di avvertimento da una sentinella, Anderson inviò poi una lettera di protesta al governatore.
Alla fine di febbraio, ormai a conoscenza della nascita di un governo sudista, Anderson chiese ai suoi ufficiale di mettere per iscritto le loro opinioni su quanti uomini sarebbero serviti per soccorrere Sumter. Crawford propose 2.000 uomini contro le truppe del South Carolina ma 4.000 e una flotta nel caso si sarebbero dovute confrontare le forze degli Stati Confederati. Jefferson C. Davis sosteneva che almeno 3.000 regolari e sei navi erano necessarie trovandosi d'accordo con Doubleday, il quale però aggiunse che se bisognava affrontare le truppe inviate dalla nuova nazione, allora almeno 10.000 uomini erano necessari. Hall propose 3.500 regolari con sette navi, Meade almeno 5.000, Talbot ottimisticamente solo tra i 1.000 e i 3.500, Snyder proponeva tra i 4.000 e i 9.000 mentre Seymour arrivava persino a 20.000 uomini. L'ultimo giorno di febbraio Anderson inviò queste opinioni al dipartimento della guerra assieme ad una sua lettera nella quale affermava che "non rischierei la mia reputazione nel tentativo di inviare rinforzi in questa baia, nei tempi limitati dovuti alle scarse forniture dei nostri approvvigionamenti... con una forza inferiore a 20.000 uomini ben disciplinati".
La nuova preoccupazione del maggiore Anderson a febbraio era rappresentata dall'arrivo di un esercito secessionista formato da professionisti e guidato da ufficiali di professione. Questa paura si materializzò quando poco dopo all'arrivo di Whiting il governatore Pickens ricevette un telegramma dal nuovo dipartimento della guerra sudista guidato da Leroy P. Walker: "Questo governo assume il controllo delle operazioni militari a Charleston...".
Pierre Gustave Toutant Beauregard aveva appena assunto la sovrintendenza dell'accademia di West Poin nel 1861 quando i vertici dell'esercito federale si accorsero di aver fatto forse un errore. Il suo stato nativo, la Louisiana, stava valutando l'ipotesi della secessione in quel periodo e molti cominciarono a dubitare della sua lealtà e lo sollevarono dall'incarico. Ricevendo un telegramma dal governatore della Louisiana che richiedeva di unirsi alle forze di stato, Beauregard lasciò il nord per recarsi a casa dove infine decise di dare le dimissioni dall'esercito. Dopo che il comando delle truppe di stato andò a Braxton Bragg per protesta si arruolò come soldato in una compagnia locale, le Orleans Guards. A febbraio dopo aver contattato il nuovo presidente sudista e grazie ad alcuni appoggi politici venne invitato a Montgomery, la capitale della nuova nazione sudista. A Charleston c'era ora bisogno di un ufficiale che nel caso in cui i negoziati con Washington fallissero potesse formalmente chiedere la resa del forte come rappresentante delle forze armate del nuovo governo. Inoltre nella baia di Charleston era necessario inviare un ufficiale competente e Beauregard si era diplomato con ottimi voti a West Point ed era entrato nel genio, aveva combattuto nella guerra contro il Messico e dopo la guerra aveva lavorato alle difese sul fiume Mississippi in Louisiana. Fu così che Beauregard il primo marzo ricevette la nomina a brigadier-generale e l'ordine di prendere il comando a Charleston. Al governatore Pickens venne inviato un telegramma nel quale veniva comunicato che il generale prendeva il controllo di tutte le operazioni militari. Beauregard giunse in città il 3 marzo ed incontrò subito il governatore al Charleston Hotel, solo il 6 marzo prese il comando delle forze che stavano assediando il suo vecchio insegnante di West Point, il maggiore Robert Anderson. Subito fece un'ispezione insieme ai suoi ingegneri di tutte le batterie della baia giungendo alla conclusione che in gran parte si trattava di lavori amatoriali. Il generale confederato scrisse al segretario della guerra Walker chiaramente che "Sembra che chiunque qui si stia gradualmente rendendo conto che non siamo ancora pronti per questo conflitto".

...e di Abraham Lincoln a Washington
Mentre Beauregard prendeva il comando a Charleston, il presidente Lincoln teneva il 4 marzo il suo discorso inaugurale e si apprestava a rimpiazzare un sollevato Buchanan. Quella mattina mentre Buchanan firmava le sue ultime carte da presidente, Holt giunse con il dispaccio di Anderson dove veniva stimato dal maggiore che almeno 20.000 uomini erano necessari per conquistare le batterie che minacciavano Fort Sumter e salvare il forte dalle mani dei secessionisti, inoltre veniva segnalato che rimanevano scorte sufficienti per soli 40 giorni. Il presidente Buchanan fece rimandare la questione e Holt, che sarebbe rimasto segretario della guerra sino all'arrivo di Simon Cameron, preparò una lettera in cui spiegava a Lincoln la faccenda. Il presidente eletto tenne il suo discorso, fino ad allora non aveva rivelato nulla dei suoi punti di vista sulla secessione e dei forti rimasti in mano federale nel sud. Nel discorso rese chiaro che la secessione era illegale ma che non avrebbe usato la forza per domarla, avrebbe però mantenuto il controllo di tutte le installazioni federali, che se attaccate sarebbero state difese.
Quella notte l'ex presidente Buchanan dovette ancora lavorare per discutere con il suo gabinetto la lettera di Anderson. Il giorno seguente fecero lo stesso al dipartimento della guerra e infine inviarono tutte le carte necessarie al presidente Lincoln. Prima ancora che queste giungessero al nuovo presidente, Buchanan era già a bordo del suo treno diretto a casa. La lettera di Anderson che venne recapitata a Lincoln il mattino dopo da Holt lo scioccò quanto scioccò Buchanan. Tra le carte consegnate vi erano anche tutti i dispacci ricevuti da Anderson, e Holt faceva notare che "Il maggiore Anderson ha riferito regolarmente e frequentemente i progressi delle batterie che venivano costruite attorno a lui...ma non ha suggerito che i loro lavori compromettevano la sua sicurezza, né ha fatto nessuna richiesta che ulteriori rifornimenti o truppe gli fossero inviate". Anderson aveva realmente tenuto informato il dipartimento della guerra sui progressi del nemico e del calo delle sue provviste ma non aveva esplicitamente richiesto, come previsto dagli ordini di Holt del 19 gennaio, di ricevere soccorso. Anderson sapeva che una richiesta del genere sarebbe culminata in un'altra spedizione che questa volta avrebbe potuto portare alla guerra. Nonostante tutto però il governo aveva ugualmente preparato una spedizione pronta a salpare da New York nel giro di poche ore, ma non della portata suggerita da Anderson. Lincoln chiese a Holt se ci si potesse fidare di Anderson, la risposta fu positiva e il presidente passò il dispaccio al generale Scott per la sua opinione. "Non vedo altra alternativa che la resa, in alcune settimane" fu la risposta di Scott, una risposta incettabile per il presidente Lincoln che pertanto invitò il vecchio generale a studiare ulteriormente la situazione e trovare un modo per salvare il forte. L'11 marzo il generale riferì che rinforzare e rifornire Sumter richiedeva una flotta di navi da guerra, di navi da trasporto e di truppe che avrebbero richiesto dai 6 agli 8 mesi solo per essere radunate. Il personale punto di vista di Scott era che "Come pratica questione militare il momento per soccorrere Sumter...è passato da circa un mese. Da allora la resa a causa di un assalto o per fame è diventata un semplice questione di tempo".
In quei primi giorni di governo il nuovo segretario di stato William H. Seward e altri politici nordisti vedevano Lincoln come un uomo debole e pensavano che dietro alle quinte il vero presidente sarebbe stato Seward, come era già successo con Zachary Taylor e William H. Harrison. Scott era amico di Seward e cominciò a spalleggiarlo supportando il suo progetto, ovvero quello di evacuare il forte immediatamente. Seward era convinto che evitando uno scontro armato gli stati del sud si sarebbero infine convinti a rimanere nell'Unione, ciò poiché a suo parere la maggior parte dei sudisti erano ancora intimamente fedeli all'Unione. Il segretario di stato, per mezzo del governatore filo-sudista della California William Gwin, rassicurò Martin J. Crawford, uno dei tre delegati del governo confederato inviati a Washington per trattare l'evacuazione di tutte le installazioni federali a sud e il riconoscimento della nuova nazione, che l'abbandono di Sumter era ritardato solo da alcuni piccoli problemi della nuova amministrazione appena insediata. Allo stesso tempo confidò al suo amico e corrispondente del New York Tribune, James Harvey, che il governo aveva deciso di ritirare Anderson. Harvey era un nativo del South Carolina e l'11 marzo telegrafò immediatamente la notizia a Charleston. Tutto ciò avvenne senza che Lincoln approvasse o sapesse nulla, Seward era convinto che prima o poi il presidente avrebbe abbandonato il forte. Ma lo stesso giorno, quando Lincoln informò il suo gabinetto del parere di Scott, il direttore delle poste Montgomery Blair invitò suo cognato, Gustavus Vasa Fox, a Washington. Fox si era diplomato all'accademia navale di Annapolis e aveva servito con distinzione nella marina prima di ritirarsi a vita privata. A febbraio egli aveva già proposto a Scott un piano per soccorrere Sumter e il 13 marzo arrivò alla Casa Bianca per presentarlo direttamente al presidente Lincoln. Il suo piano prevedeva di inviare a Sumter due navi da guerra, una da trasporto e tre rimorchiatori. Una volta davanti a Charleston, rifornimenti e truppe sarebbero stati caricati sui rimorchiatori che di notte, protetti dalle tenebre, avrebbero evitato il fuoco delle batterie e avrebbero raggiunto Sumter sbarcando i loro carichi, mentre le navi da guerra avrebbero protetto le barche da eventuali attacchi navali. Fox sarebbe stato onorato di prendere il comando e guidare la spedizione nel giro di qualche giorno. Il 14 marzo il gabinetto venne informato di questo piano e il 15 Lincoln richiese ai membri di preparare una risposta scritta al quesito: "Assumendo che sia ora possibile rifornire Fort Sumter, sotto tutte le circostanze è saggio fare un tentativo?" Più tardi quel giorno Seward fece un'altra promessa ai sudisti, il forte sarebbe stato evacuato in tre giorni, e tre giorni dopo le risposte al quesito di Lincoln vennero consegnate. Seward, il segretario della marina Gideon Welles, il segretario della guerra Simon Cameron, il segretario dell'interno Caleb Smith e il procuratore generale Edward Bates suggerivano l'evacuazione mentre solo Blair e il segretario del tesoro Salmon P. Chase proponevano un tentativo di mantenere il forte. Ma Lincoln non cedette alla maggioranza e inviò a Sumter per un sopraluogo lo stesso Fox accompagnato da Stephen Hurlbut e Ward Hill Lamon, i quali avevano invece il compito di scoprire chi e quanti supportavano ancora l'Unione.
I delegati confederati a Washington cominciarono ad irritarsi e fecero pressioni su Seward per sapere quando questa evacuazione sarebbe stata ordinata. Seward continuò a rassicurarli dicendo che era solo questione di giorni, ma ormai la fiducia in una soluzione del genere stava svanendo nelle prospettive del presidente Jefferson Davis, che seppur sperando in un esito positivo autorizzò i suoi tre delegati a informare Seward che gli stati sudisti sarebbero potuti tornare nell'Unione se precise assicurazioni sulla schiavitù sarebbero state date dal governo. Questa fu semplicemente una mossa da parte del nuovo governo confederato di guadagnare più tempo per prepararsi all'eventuale scoppio di una guerra.
Il 25 marzo Fox tornò a Washington e riferì a Lincoln che Anderson riteneva una missione di soccorso dal mare impraticabile. Fox sostenne invece che il suo piano era fattibile e che Anderson aveva assicurato di poter resistere altri giorni tagliando le razioni ai suoi uomini. Due giorni dopo arrivarono anche Lamon e Hurlbut. Lamon era stato completamente influenzato da Seward e aveva comunicato ad Anderson che a breve sarebbe stato evacuato mentre Hurlbut, sfruttando le suo origini di Charleston, era riuscito a parlare con diversi amici che gli avevano rivelato che il sostegno per l'Unione era minimo e che persino i moderati avrebbero acconsentito ad opporre resistenza ad un tentativo di rifornire Sumter. Ciò rivelava che Seward non conosceva il reale stato delle cose. Il 29 marzo Lincoln giunse a una decisione che comunicò al suo gabinetto: una spedizione sarebbe stata inviata a Sumter. Il governatore Pickens sarebbe stato avvisato e informato che se non ci fosse stata resistenza sarebbero state sbarcate solo provviste per la guarnigione, ma se ci fosse stata un'aggressione sia rifornimenti che truppe sarebbero state sbarcate. Alla proposta si oppose solo Seward che non seppe però convincere nessuno.

Una nuova spedizione o la resa del forte?
Mentre nei primi giorni di marzo a Charleston veniva issata la bandiera confederata, tutte le batterie sudiste cominciarono con più frequenza ad esercitarsi. L'8 marzo per sbaglio venne sparato un colpo dalla batteria del maggiore Stevens che colpì la banchina fuori Fort Sumter. Immediatamente il maggiore sudista si imbarcò su una lancia e sotto bandiera bianca si recò da Anderson con una lettera del colonnello Maxcy Gregg che si scusava con il maggiore della guarnigione, la guerra non era stata dichiarata e si era trattato solo di un incidente. In realtà un membro della batteria, E. Lindsley Halsey, stufo di addestrarsi aveva caricato il pezzo con una palla per movimentare un po' le cose. L'11 marzo giunsero a Fort Sumter le prime voci di un'evacuazione e nei giorni seguenti la cosa sembrava sempre più certa, anche se da Washington non era giunto nessun telegramma. I sudisti festegiarono alla notizia sparando con i loro cannoni e in alcuni casi interrompendo i lavori di fortificazione, ma un telegramma dal segretario della guerra sudista Leroy P. Walker avvertiva di non dare troppo credito alle voci e di continuare i preparativi. La tensione si era un po' alleviata ma Anderson continuava a temere un attacco, in particolare lo preoccupava un assalto eseguito sul lato rivolto verso Morris Island dove si trovava anche l'approdo con la banchina recentemente colpita. Qui il capitano Foster del genio fece minare l'area e il cancello d'entrata venne murato lasciando solo un piccolo passaggio. Due cannoni vennero posizionati per proteggere l'entrata e un howitzer per colpire l'area del molo. Degli esplosivi vennero piazzati in modo da essere detonati dall'interno del forte e scagliare pietre addosso agli aggressori. Una dimostrazione di questi esplosivi venne fatta mentre una nave sudista passava nei dintorni e gli spaventosi effetti vennero subito comunicati dai passeggeri alle autorità confederate. Il 21 arrivò a Charleston Fox che assicurò il governatore che la sua missione era pacifica e destinata a scoprire solamente quanto provviste rimanevano ad Anderson. Il governatore lo autorizzò a recarsi nel forte ma scortato dal capitano della marina Henry J. Hartstene che doveva sorvegliarlo attentamente. Fox non disse nulla al maggiore del suo piano ma chiese solamente quanto poteva resistere diminuendo le razioni. Una volta terminata la missione Beauregard chiese al capitano Hartstene se aveva mai lasciato da solo Fox, il capitano rispose che "solo per un breve momento quando era insieme ad Anderson" mentre lui parlava con gli altri ufficiali. "Temo che avremo modo di pentirci di questo breve momento" fu la risposta di Beauregard. Mentre i confederati finivano gli ultimi preparativi per illuminare a giorno la baia in caso di un attacco notturno, centinaia di volontari da tutto lo stato affluirono a Charleston e in alcuni casi vennero anche rimandati in dietro. Ma 64 volontari da Baltimora non potevano essere rispediti indietro e vennero così assegnati a Castle Pinckney e successivamente trasferiti in servizio nell'esercito regolare confederato. Nonostante tutto, nei giorni in cui l'evacuazione sembrava quasi certa, un episodio testimonia come lo spirito dei confederati si addolcì nei confronti dei nordisti. Il tenente-colonnello A.R. Chisolm inviato a Fort Sumter con un incarico finì per chiacchierare con gli ufficiali federali i quali si lamentarono di aver finito i sigari. Dopo aver ottenuto l'autorizzazione di Beauregard il colonnello la volta successiva portò con se sigari e alcune casse di vino, il regalo fu apprezzato da tutti eccetto dal maggiore Anderson che comunicò a Beauregard che degli ordini erano stati predisposti per evitare in futuro un'altra simile irregolarità. In quegli stessi giorni Beauregard gli scrisse, dopo la visita di Lamon in città, che "essendo stato informato che il signor Lamon, l'agente autorizzato dal presidente degli Stati Uniti, ha avvisato il governatore Pickens dopo l'intervista avuta con voi a Fort Sumter, che voi stesso e la guarnigione sarete trasferiti in pochi giorni, e venendo a conoscenza del fatto che avete l'impressione che io sotto qualsiasi circostanza abbia intenzione di richiedere una formale resa o capitolazione, mi affretto a chiarivi, e a informarvi che i nostri paesi non essendo in guerra e che essendo desideroso per quanto sia in mio potere di evitare tale calamità, non mi aspetto da parte vostra nessuna condizione del genere a meno che come naturale frutto delle ostilità".
Ma il 29 marzo Beauregard ricevette ordini dal governo confederato di impedire qualsiasi ulteriore comunicazione tra il forte e Washington e l'arrivo di rifornimenti, il forte doveva essere reso completamente isolato.
Quando sembrò ormai evidente che l'evacuazione era imminente, Anderson ordinò al capitano Foster di far andare via gli operai civili rimasti e chiedendo l'autorizzazione a Pickens. Ciò avrebbe permesso di risparmiare anche del cibo dato che il primo aprile venne aperto l'ultimo barile di farina. Il segretario confederato della guerra Walker sapendo della scarsità di provviste rifiutò l'autorizzazione a meno che insieme agli operai fosse evacuata l'intera guarnigione. Ormai esasperato Anderson scrisse a Washington comunicando che, come aveva riferito a Fox, poteva resistere con razioni limitate fino al 10 aprile, ma non ricevendo alcuna risposta o ordine decise di mantenere le razioni quotidiane a livelli normali. Il 3 aprile inviò un altro messaggio dove avvisava che il pane sarebbe stato disponibile solo per altri 4 o 5 giorni, ma anche questa volta non ottenne nessuna risposta.
Quello che Anderson non sapeva era che Lincoln subito dopo la riunione del 29 marzo quando avevo deciso di soccorrere Sumter si era subito messo al lavoro. Il presidente inviò gli ordini al dipartimento della marina per preparare le navi e al dipartimento della guerra per radunare 300 uomini e rifornimenti a New York, il tutto venne posto sotto il comando di Fox. Il primo aprile intanto, i delegati secessionisti si rivolsero a Seward per avere notizie sulle intenzione del governo circa il futuro di Fort Sumter. Dopo avere a lungo promesso un'evacuazione ora Seward riferiva che il governo non avrebbe tentato di rifornire Fort Sumter senza prima informare il governatore Pickens. Alla fine i confederati capirono che un ordine di evacuazione non sarebbe mai stato consegnato alla guarnigione di Sumter. Seward passò per un bugiardo, sembrava che fino ad allora avesse promesso un'evacuazione per permettere una tranquilla preparazione di una spedizione per rinforzare Fort Sumter. 
Il 4 aprile Lincoln e Fox fecero gli ultimi preparativi per la missione. Fox aveva ottenuto il piroscafo Baltic e tre rimorchiatori, più l'autorità ad impiegare le navi da guerra Pawnee, Pocahontas e il cutter Harriet Lane. Lincoln ordinò che una volta radunati di fronte a Charleston, una barca disarmata con a bordo dei rifornimenti doveva essere inviata a Sumter. Se i secessionisti avessero aperto il fuoco la barca doveva tornare indietro e i tre rimorchiatori coperti dal fuoco delle navi da guerra dovevano sbarcare le truppe nel forte. Per essere sicuri che questa volta il forte rispondesse al fuoco se necessario, il segretario della guerra Cameron inviò un dispaccio ad Anderson dove lo avvisava che una spedizione era in arrivo entro il 15 e di resistere. Però se prima dell'arrivo dei soccorsi la resa fosse divenuta una necessità, era autorizzato a cedere. Fox mentre si trovava ancora a Washington chiese al segretario della marina Welles di fornirgli un'altra potente nave da guerra e il segretario ordinò prontamente al capitano Samuel Mercer di prendere il comando della Powhatan e unirsi alla spedizione per Sumter. Ma nel frattempo si era intromesso Seward, ancora deciso ad evitare la missione di Sumter. Il 29 marzo si presentò alla Casa Bianca accompagnato dal capitano Montgomery C. Meigs del genio per discutere della situazione di Fort Pickens, in Florida, una situazione molto simile a quella di Sumter. La missione intrapresa precedentemente per soccorrere quel forte sembrava essersi impantanata e alla fine della riunione Lincoln chiese al capitano di preparare un nuovo piano. Il 31 il nuovo piano venne presentato e approvato e il 1 aprile giunse la conferma che la precedente spedizione, che consisteva nella USS Brooklyn con a bordo dei rinforzi, non era giunta a destinazione per problemi di comunicazione con la capitale. Vennero così accelerati i preparativi per la nuova spedizione a Fort Pickens e Seward si occupò personalmente di passare degli ordini a Lincoln per approvarli. In uno di questi veniva ordinato alla USS Powhatan a New York di salpare il prima possibile, l'obbiettivo era usare la nave di supporto alla Brooklyn mentre questa scaricava rinforzi e rifornimenti a Fort Pickens. Il 5 aprile a New York si presentarono i capitani Mercer e Meigs per prendere entrambi il comando della Powhatan. Seward aveva assegnato la nave alla spedizione di Fort Pickens senza aver avvisato il segretario Welles, e ora i due officiali se la contendevano. Meigs sosteneva che i suoi ordini erano prioritari poiché firmati dal presidente stesso, Mercer sosteneva invece che i suoi essendo stati firmati dopo erano quelli da seguire. Meigs allora scrisse a Seward chiedendo chiarimenti, questi spiegò a Welles del pasticcio facendolo infuriare per essere stato tenuto all'oscuro circa la spedizione di Fort Pickens. I due si recarono alla Casa Bianca dove Lincoln si scusò con Welles dicendo di aver scambiato la Powhatan con la Pocahontas. Welles chiese al presidente di confermare l'assegnamento della Powhatan alla flotta diretta a Sumter, ma Seward, speranzoso di poter cancellare la spedizione privandola della potente nave, insistette affinché venisse inviata con Meigs a Fort Pickens. Ma per Lincoln la priorità andava a Fort Sumter e ordinò a Seward di informare New York della decisione di assegnare la Powhatan a Mercer, ma Seward firmò l'ordine a suo nome e non con quello di Lincoln come avrebbe dovuto. A New York il comandante Andrew H. Foote della base navale ricevette l'ordine di Seward ma ritenne l'autorità del presidente che aveva firmato il precedente ordine superiore e pertanto assegnò la nave alla spedizione per Fort Pickens. Così il 6 aprile all'insaputa e contro la volontà di Lincoln, la Powhatan salpò per la missione sbagliata. Anche Fox prese il mare credendo che la nave da guerra li avrebbe raggiunti a Charleston, tuttavia poteva contare solo sulla Baltic su cui si trovava con 200 soldati e i tre rimorchiatori che lo seguivano. A Charleston poi si sarebbero unite la Pawnee, la Pocahontas e la Harriet Lane.
Per evitare un altro episodio come quello della Star of the West l'impiegato Robert Chew del dipartimento di stato e il capitano Theodore Talbot vennero inviati a Charleston per consegnare un messaggio. L'8 aprile Talbot riuscì ad ottenere un colloquio con il governatore Pickens al quale Chew comunicò l'intenzione del governo di rifornire Sumter. Il governatore fece presente che ora lo stato del South Carolina faceva parte della Confederazione e il generale Beauregard era responsabile per le operazioni militari, era necessaria anche la sua presenza. Quando il generale arrivò Pickens lesse il messaggio che Chew portava: "Sono stato ordinato dal presidente degli Stati Uniti per notificarvi che un tentativo di rifornire Fort Sumter con provviste soltanto sarà eseguito, e se questo tentativo non sarà resistito, nessuno sforzo per sbarcare uomini, armi o munizioni sarà fatto senza essere prima notificato, eccetto nel caso in cui il forte sia attaccato". Lincoln aveva evitato così di essere accusato dai sudisti di fare il doppio gioco e aveva lasciato nelle mani dei confederati la decisione di sparare il primo colpo.
Il 9 aprile i delegati confederati a Washington che avevano trattato con Seward gli comunicarono che il tentativo di rifornire Fort Sumter "può essere solo interpretato come una dichiarazione di guerra". Subito dopo informarono il presidente Davis che le trattative erano fallite e che il governo federale non riconosceva il nuovo governo. Davis che ormai dai primi giorni di aprile stava valutando l'offensiva, ricevendo l'8 aprile una risposta dal generale Braxton Bragg che Fort Pickens sarebbe potuto essere preso solo con grandi perdite, fece infine il 10 aprile una proposta al suo gabinetto. Siccome non era più possibile ottenere l'indipendenza con dei negoziati, Beauregard doveva chiedere la resa di Fort Sumter e in caso di risposta negativa attaccarlo. Ciò doveva essere fatto prima dell'arrivo della spedizione o il forte sarebbe stato imprendibile. L'intero gabinetto approvò eccetto il segretario di stato Robert Toombs che aggiunse: "Il bombardamento del forte inaugurerà una guerra civile più grande di qualsiasi altra il mondo abbia visto sino ad ora". Ma il rischio andava corso per determinare la sopravvivenza della Confederazione e il segretario della guerra Walker telegrafò a Beauregad di chiedere la resa e, nel caso, procedere all'attacco del forte.


La contesa USS Powhatan.

 
A sinistra il cutter Harriet Lane, a destra la USS Pocahontas.


La USS Pawnee.

L'ultima trattativa
Nei primi giorni di aprile il maggiore Anderson ebbe modo di capire meglio cosa lo aspettava nel caso dello scoppio delle ostilità. Le esercitazioni eseguite ormai regolarmente rivelarono le posizioni e i numeri di pezzi delle varie batterie. Accadde nuovamente un episodio simile a quello dell'8 marzo, quando il 6 aprile due mortai da 8 pollici della batteria posizionata a Mount Pleasant spararono delle granate. Una esplose vicino a Fort Sumter, facendo partire immediatamente una lettera di protesta da Anderson indirizzata a Beauregard che riferiva l'esplosione come pericolosa per gli occupanti del forte. Il maggiore concludeva la lettera così: "Non mi sembra di aver mai assunto atteggiamenti ostili verso gli abitati del South Carolina. Spero sinceramente che non accada mai nulla che possa alterare il riguardo e la stima che ho per voi". Il giorno dopo Beauregard gli rispose dicendo di aver ordinato alla batteria di puntare in un'altra direzione mentre si esercitava e ribadì la sua amicizia verso il suo vecchio insegnate. All'interno del forte si procedette poi a preparare la struttura nel caso che l'imminente missione soccorso di cui si parlava fosse giunta e accolta con il fuoco dei cannoni. Venne preparato un ospedale, le munizioni posizionate in punti strategici e il cancello di ingresso rinforzato per resistere al fuoco della "Iron Battery", la potente batteria situata a Cummings Point. I confederati portarono a termine gli ultimi preparativi schierando un cannone Dahlgren appena arrivato sulla Sullivan's Island, anche un Blakely da Liverpool arrivò all'ultimo momento e schierato con le batterie a Cummings Point, la batteria galleggiante fu rimorchiata e ancorata tra Sullivan's Island e Mount Pleasant e l'8 aprile, sempre sulla Sullivan's Island, venne fatta saltare una casa che aveva sino ad allora nascosto la costruzione di una batteria che rendeva inutilizzabili i 27 cannoni in barbetta del forte poiché troppo esposti. Ai federali rimanevano solo i 21 cannoni della casamatta inferiore e i 5 cannoni posizionati come mortai nel piazzale del forte. Le truppe sudiste vennero schierate sulla Morris Island dove Beauregard temeva che uno sbarco di 2.000 uomini sarebbe stato eseguito quando la flotta fosse arrivata. In tutto erano stati schierati nella baia 27 cannoni di diversi calibri e 16 morati da 10 pollici, tutto sembrava pronto per la guerra.
Il 10 aprile Beauregard ricevette il telegramma del segretario della guerra che gli ordinava di agire immediatamente, a meno che speciali circostanze richiedevano un piccolo ritardo. Beauregard rispose che avrebbe rimandato la questione al giorno dopo, voleva assicurarsi prima che tutte le batterie fossero pronte e inoltre aveva riserve di polvere sufficienti solo per un bombardamento di qualche ora. Solo quella notte arrivò la spedizione da Augusta che il generale stava aspettando per rifornirsi. Alle 2 del pomeriggio dell'11 aprile, il colonnello James R. Chesnut, il capitano Stephen D. Lee e il tenente A.R. Chisolm furono inviati a Sumter con una domanda di resa scritta. L'ufficiale di guardia, il tenente Jefferson C. Davis fu avvisato che una barca con bandiera bianca si avvicinava al forte. Il tenente accolse i tre aiutanti di Beauregard e li accompagnò all'entrata del forte. Qui la lettera venne consegnata ad Anderson: "Il governo degli Stati Confederati d'America ha fino ad ora evitato qualsiasi dimostrazione ostile nei confronti di Fort Sumter nella speranza che il governo degli Stati Uniti, con una veduta amichevole alla sistemazione di tutte le questioni tra i due governi, evitasse la calamità della guerra evacuando volontariamente il forte... Mi è stato ordinato dal governo degli Stati Confederati di richiedere l'evacuazione di Fort Sumter... tutte le appropriate risorse saranno permesse per la vostra rimozione e quella del vostro comando, insieme alle armi e proprietà di compagnia, e tutte le proprietà private, in qualsiasi posto negli Stati Uniti che selezionerete. La bandiera che avete così a lungo protetto con fermezza, potrà essere salutata mentre verrà ammainata".
Il maggiore si ritirò per discutere con gli altri ufficiali della guarnigione. Venne deciso di rifiutare la richiesta ed Anderson preparò una risposta scritta: "Ho l'onore di informarvi di aver ricevuto la vostra comunicazione in cui si richiedeva l'evacuazione del forte e rispondendo ad essa devo dire che è una richiesta a cui con rammarico il mio senso dell'onore, e il mio dovere verso il mio paese mi impediscono di accettare". Il maggiore accompagnò poi i tre ufficiali di Beauregard al molo, prima che partissero gli chiese se l'attacco sarebbe stato cominciato senza altri avvisi. Dopo un attimo di esitazione, Chesnut gli rispose "Non penso, no, posso dirvi che non lo farà senza ulteriore notifica", al che Anderson gli rispose "Signori, se non farete il forte a pezzi sopra di noi, moriremo di fame in pochi giorni". Sorpreso da questa confessione, Chesnut chiese se poteva riferirlo a Beauregard e Anderson lo autorizzò. Alle 5 i tre fecero ritorno da Beauregard che inviò un telegramma al segretario della guerra informandolo del rifiuto e della novità circa le scorte della guarnigione esaurite. La risposta di Walker fu che se non necessario il bombardamento poteva essere evitato, a patto che Anderson non usasse i cannoni del forte contro la città e che indicasse quando esattamente avrebbe evacuato il forte. A mezzanotte e 45 minuti i tre ufficiali furono inviati nuovamente a Fort Sumter con una lettera di Beauregard: "Se indicherete il momento in cui evacuerete Fort Sumter noi ci asterremo dall'aprire il fuoco contro di voi". Anderson per due ore si consultò con i suoi ufficiali, nessuno voleva arrendersi subito ma il 14 aprile le provviste sarebbero finite, pertanto scrisse una lettera indirizzata a Beauregard in cui comunicava che il 15 aprile si sarebbero arresi se prima non avesse ricevuto istruzioni da Washington o nuove provviste. I tre ufficiali erano autorizzati dal generale a verificare immediatamente la risposta del maggiore e lessero il dispaccio, esso non garantiva una resa del forte, anzi se fossero arrivati i rifornimenti Anderson sarebbe rimasto. Il capitano Lee scrisse una nota che insieme a Chesnut firmò e consegnò ad Anderson: "Fort Sumter, S.C., 12 Aprile 1861, 3:20 A.M. - Signore: con l'autorità del brigadier-generale Beauregard, comandante dell'Esercito Provvisorio degli Stati Confederati, abbiamo l'onore di notificarvi che egli aprirà il fuoco delle sue batterie su Fort Sumter tra un'ora a partire da adesso". Anderson lesse il messaggio con grande emozione, strinse la mano agli ufficiali e li salutò. La barca portò Chesnut direttamente a Fort Johnson dove lì, alle 4 del mattino, ordinò al capitano George Sholter James, comandante della posizione, di sparare il primo colpo con un mortaio alle 4:30 che avrebbe segnalato alle altre batterie di aprire il fuoco sul forte. Il colonnello Roger Pryor, già membro del congresso, che aveva accompagnato la spedizione a Sumter fu invitato dal capitano a rimanere per sparare il primo colpo. Nonostante fosse un ardente secessionista Pryor esitò e infine disse di non voler sparare il primo colpo della guerra.
A Fort Sumter il maggiore Robert Anderson informò la guarnigione che l'attacco stava per cominciare e diede ordini di issare la grossa bandiera degli Stati Uniti del forte. A Charleston era stato emanato da Beauregard l'Ordine Generale Numero 14 con il quale si avvisavano tutte le batterie che se Fort Johnson avesse aperto il fuoco bisognava cominciare il bombardamento di Fort Sumter.

Lo scontro finale per Charleston, l'inizio di un conflitto per l'America
Chesnut e gli altri ufficiali erano ancora a bordo della loro imbarcazione diretta a Charleston quando alle 4:30 del mattino si fermarono per vedere il primo colpo della guerra. Solitamente questo viene attribuito al fanatico secessionista e politico virginiano Edmund Ruffin, ma come si vedrà molti altri aprirono il fuoco prima di lui. Il primo colpo partì da un mortaio di Fort Johnson per segnalare l'inizio del bombardamento. Non si sa esattamente se fu lo stesso capitano George S. James o uno dei suoi uomini a sparare la granata che esplose sopra Fort Sumter. Questo colpo allertò l'intera baia e svegliò i cittadini di Charleston e i soldati che ancora dormivano. I secondi ad aprire il fuoco furono gli uomini stazionati sulla Sullivan's Island. Qui il tenente-colonnello Roswell S. Ripley, comandante dell'artiglieria, aveva allertato gli uomini sin dalle 21:30 dell'11 aprile così che riuscirono a portare rapidamente in posizione i pezzi dopo il colpo di Fort Johnson. La "Mortar Battery No.1" fu la prima ad aprire il fuoco, seguita rapidamente dalla "Mortar Battery No.2" ed infine dalla "Enfilade Battery". Sulla Morris Island invece, dove si trovava Ruffin, il brigadier-generale James Simons aveva preparato gli uomini già alle 20:00 ma quando più tardi cominciò a piovere fece tornare gli uomini ai propri campi. Fu così che gli uomini stavano dormendo mentre il primo colpo veniva sparato da Fort Johnson rapidamente seguito dalle batterie di Sullivan's Island. Inoltre i primi ad unirsi al cannoneggiamento furono gli uomini della batteria del capitano Gadsden King, seguiti dai tre mortai a Cummings Point del capitano G.B. Cuthbert. Infine entrò in azione la batteria del maggiore Stevens. Solo allora Ruffin che in quei giorni era stato fatto membro onorario delle Palmetto Guard, un'unità di milizia che maneggiava i cannoni, sparò un colpo con una columbiade che colpì il forte, la batteria continuò a sparare con intervalli di 15 minuti fino a quando fece giorno, la baia rimbombava però del suono dei soli 43 cannoni confederati poiché da Sumter non vi era risposta.
Il forte non rispondeva al fuoco data la scarsità di munizioni, solo 700 colpi furono preparati utilizzando anche camicie e coperte per realizzare le cariche, e perchè nell'oscurità era difficile puntare i pezzi contro gli obbiettivi. Pertanto Anderson preferì risparmiare le munizioni e attendere l'alba per rispondere. Dopo i primi colpi fece tornare ai loro alloggiamenti gli uomini. Quindi come al solito alle 6:00 del mattino venne suonata la sveglia, anche se è facile immaginare che in quelle circostanze fossero in pochi a dormire, alla guarnigione venne data una colazione consistente in acqua e maiale salato. Anderson divise la guarnigione in due turni, ogni quattro ore si sarebbero dovuti dare il cambio alle postazioni d'artiglieria. Sotto il comando di Anderson il primo turno venne diviso a sua volta in tre squadre con obbiettivi diversi: il capitano Abner Doubleday avrebbe colpito le batterie a Cummings Point, il tenente Jefferson C. Davis le batterie di mortai a Fort Johnson e il chirurgo Crawford, offertosi volontario, avrebbe bersagliato la batteria galleggiante. Poco prima delle 7 del mattino il maggiore Anderson offrì al capitano Doubleday l'onore di sparare il primo colpo unionista della guerra. Doubleday accettò, puntò un 32 libbre contro la "Iron Battery" a Cummings Point e ordinò il fuoco al suo artigliere, di cui non ci è giunto il nome. Il proiettile colpì il tetto della batteria e fu seguito del resto dei cannoni di Fort Sumter. Gli operai rimasti nel forte e i membri della banda cominciarono ad aiutare la guarnigione trasportando le munizioni. Ma tutti i pezzi pesanti del forte si trovavano sul parapetto, inutilizzabili a causa del fuoco dei confederati. I cannoni che stavano sparando non causavano praticamente alcun danno alle batterie sudiste, in particolare il chirurgo Crawford vedendo che la batteria galleggiante non veniva danneggiata, chiese l'autorizzazione a spostare il fuoco su Fort Moultrie. Una volta che la ricevette tentò di colpire Moultrie, ma il forte era stato ben protetto con sabbia e balle di cotone, solo un cannone a Cummings Point venne temporaneamente messo fuori combattimento quando venne colpita la feritoia d'acciaio che proteggeva il pezzo. Dopo qualche ora di cannoneggiamento stavano invece diventando pericolosi i colpi dei confederati, una volta perfezionata la mira, pezzi di mura cominciarono a saltare e le granate dei mortai ad esplodere all'interno del cortile. Tuttavia le mura delle casematte garantivano la sicurezza degli artiglieri federali. In mattinata però la frustrazione degli artiglieri federali aumentò vedendo che i loro colpi non avevano effetto. Prima venne sparato un colpo contro un'abitazione vicino a Fort Moultrie dove si era radunata una folla di spettatori, come il proiettile attraversò l'edificio si poterono vedere dal forte le persone fuggire. Più tardi poi, il soldato John Carmody ignorò gli ordini di Anderson e si recò in barbetta dove i cannoni erano stati precedentemente caricati. Il soldato rapidamente sparò con diversi cannoni puntati contro Fort Moultrie per poi correre a rifugiarsi. Anche due sergenti aspettarono che gli ufficiali si distraessero per salire sul parapetto e sparare un colpo con una colubiade da 10 pollici contro Cummings Point. Il tiro fu troppo alto così ricaricarono il pezzo, ma essendo in due non riuscirono a riportare il pesante cannone in posizione. Decisero di sparare comunque ma il rinculo scaraventò indietro sul parapetto il pezzo spostando un altro howitzer e mancando per poco uno dei sergenti. Per loro fortuna si pensò poi che il disastro fu causato dall'artiglieria confederata.
Dopo ore di cannoneggiamento, il colonnello Ripley sulla Sullivan's Island decise che era giunta l'ora di sparare qualche colpo incandescente preparato dalla fornace ormai accesa dal giorno prima. I proiettili colpirono le baracche di Sumter che si dimostrarono altamente infiammabili. Per tre volte gli edifici presero fuoco e vennero spenti dalla guarnigione. Verso mezzogiorno, vendendo che le cariche stavano diminuendo rapidamente Anderson ordinò che solo 6 cannoni rispondessero al fuoco dei confederati. In mattinata dal forte vennero anche avvistate delle navi ancorate al largo che risposero ai saluti del forte ma che non intervennero. Verso le 19:00 col diminuire della luce e delle munizioni il forte cessò di rispondere al fuoco e poco dopo anche i confederati si limitarono a sparare colpi di mortaio solo ogni 15 minuti. Quella sera cominciò a piovere su Charleston, ma i confederati non abbassarono la guardia. Temendo che la flotta potesse entrare nella baia o fornire in qualche modo assistenza al forte delle chiatte ancorate nel canale d'ingresso vennero incediate per illuminare il forte e qualsiasi nave tentasse di avvicinarsi.
All'alba del 13 aprile la pioggia venne rimpiazzata dal sole. I confederati ripresero l'attacco causando altri danni, il colonnello Ripley avendo constatato l'efficacia dei suoi colpi incandescenti decise di utilizzarli fin da subito. Poco dopo le 8:00 dalla costa si poteva vedere una grossa colonna di fumo e persino delle fiamme spuntare da dentro la fortezza: gli alloggiamenti avevano definitivamente preso fuoco. All'interno del forte la guarnigione come al solito si era svegliata e aveva fatto una povera colazione. Quando i primi colpi incandescenti appiccarono gli incendi vennero fatti dei tentativi per spegnerli, ma infine gli uomini di Anderson dovettero desistere, ogni volta che riuscivano a spegnerne un focolare arrivava un nuovo proiettile che scatenava un altro incendio. E i confederati vedendo la situazione critica aumentarono la pressione. A questo punto Anderson vedendo che il fuoco aveva raggiunto l'ospedale e si avvicinava al deposito con tutta la polvere da sparo, diede ordine al capitano Foster di far rimuovere quanta più polvere e cartucce. Una buona quantità venne portata nella casamatta dove venne coperta con delle coperte umide per evitare incidenti. Ma quando una scintilla portata dal vento entrò nella casamatta ci fu una piccola esplosione, che però non provoco nessun ferito. Anderson ordinò di buttare in mare tutta la polvere e le cariche già preparate eccetto una piccola quantità per evitare altri, e più gravi incidenti. Anche il deposito venne sigillato prima dell'arrivo delle fiamme, ciò obbligò Anderson ad ordinare di sparare soltanto un colpo ogni 10 minuti. Verso le 11:00 la situazione si fece ancora più critica per la guarnigione, le fiamme erano intense e un intensissimo fumo rendeva difficile respirare nel forte, persino da Charleston alcuni cominciarono a temere che la guarnigione potesse morire soffocata. Le truppe sudiste e il pubblico seguivano con grande emozione l'attacco, fino a quando ci fu un'esplosione all'interno del forte seguita da altre più piccole che fecero pensare a molti che nessuno fosse sopravvissuto. Ma dal forte continuarono ad essere sparati occasionalmente dei colpi e le truppe confederate a loro volta non cessarono l'attacco. I federali per continuare a rispondere al fuoco furono costretti ad utilizzare persino i calzini del maggiore Anderson per riempirli di polvere e utilizzarli come carica per i cannoni. Verso le 13:00 l'asta della bandiera del forte fu colpita e cadde trascinando con se la grossa bandiera di Fort Sumter. Il fuoco confederato cessò quasi completamente, tutti si aspettavano di vedere da un momento all'altro una bandiera bianca. Ma il tenente Hall era corso immediatamente nel piazzale interno del forte a recuperare la bandiera in mezzo alle fiamme. Dopo venti minuti e grazie all'aiuto del tenente Snyder, del sergente e vecchio amico del maggiore Peter Hart, e un operaio di nome Davey la bandiera fu nuovamente issata e i confederati ripresero il bombardamento.
Tuttavia quando la bandiera era caduta il brigadier-generale James Simons in comando su Morris Island aveva inviato l'ex senatore e colonnello Louis T. Wigfall a Fort Sumter per chiedere ad Anderson se intendeva arrendersi. Wigfall, accompagnato da Gourdin Young delle Palmetto Guard e da due rematori di colore salì su una barca e si diresse verso il forte. Wigfall piantò in punta alla sua spada una fazzoletto bianco che cominciò a sventolare in mezzo alla baia. Arrivato sull'isola fu accolto dal soldato John Thompson che dopo un primo rifiuto acconsentì a farlo entrare da un'apertura del forte dato che l'entrata principale era in fiamme. Sul posto giunse subito il tenente Snyder al quale Wigfall chiese di poter vedere Anderson. Mentre Snyder cercava Anderson arrivò il tenente Davis al quale Wigfall gli disse che "La vostra bandiera è giù e non state sparando con i vostri cannoni, finiamola qui. Il generale Beauregard desidera fermare l'attacco". "No signore, la nostra bandiera non è calata. Venite qui e vedrete che sta ancora sventolando sopra i bastioni", fu la risposta di Davis. Wigfall continuò a proporre di cessare le ostilità e poi gli offrì la sua spada con il fazzoletto bianco chiedendogli se l'avrebbe issato. Davis rispose negativamente, nessuno dei due aveva l'autorità per issare una bandiera di tregua. Appena comparve il maggiore Anderson, Wigfall si rivolse immediatamente a lui: "Sono il colonnello Wigfall. Avete difeso nobilmente la vostra bandiera, signore. E' una follia perseverare in un'inutile resistenza. Il generale Beauregard desidera interrompere l'attacco e conoscere i termini richiesti per abbandonare il forte". La risposta di Anderson fu: "Ho già chiarito i termini con il generale Beauregard. Invece che nel pomeriggio del 15 me ne andrò ora". Anderson si sarebbe arreso solo a queste condizioni e chiarì a Wigfall che voleva che alla guarnigione fosse permesso di portare via le proprie armi, le proprietà della compagnia e che venisse data l'opportunità di salutare la bandiera. Wigfall dopo essersi congratulato con Anderson per la coraggiosa resistenza partì alla volta di Morris Island.
Ma Wigfall in realtà non vedeva il generale Beauregard da due giorni. Solo recentemente l'ex senatore aveva richiesto di diventare un aiutante volontario del generale e ricevette il grado onorario di colonnello. Infatti quando la bandiera cadde la prima volta, lo stesso Beauregard inviò il capitano Stephen D. Lee accompagnato da William Porcher Miles e da Roger Pryor per offrire assistenza al maggiore Anderson. Ma a differenza di Wigfall che riuscì a raggiungere il forte, gli ufficiali inviati da Beauregard erano ancora a metà strada quando videro la bandiera venir issata nuovamente e le batterie riprendere a pieno regime il cannoneggiamento, pertanto preferirono tornare indietro. Quando poi venne infine issata una bandiera bianca, dopo l'incontro tra Anderson e Wigfall, la barca fece nuovamente inversione. Quando questi arrivarono al forte furono subito accompagnati da Anderson che dopo avergli comunicato che non necessitava di nessuna assistenza gli chiese se venivano su ordine di Beauregard. I tre gli dissero di sì e allora Anderson chiese il perchè visto che Wigfall era appena arrivato per conto di Beauregard e aveva riproposto i termini di resa già presentati giorni prima. Al maggiore venne così riferito che Wigfall non vedeva e non riceveva indicazioni dal generale da almeno due giorni e solo loro erano stati autorizzati dallo stesso a recarsi a Fort Sumter. Anderson si infuriò, i termini di resa trattati con Wigfall erano nulli e ora lui si trovava in una situazione imbarazzante. Siccome non intendeva essere preso in giro disse ai tre ufficiali di tornare alle loro batterie perchè aveva intenzioni di issare nuovamente la sua bandiera, non l'avrebbe mai ammainata se avesse saputo che Wigfall era arrivato di sua iniziativa.
Lee, Miles e Pryor si ritirarono in una casamatta vicina per discutere delle incomprensioni tra i confederati e Anderson. Fino a poco prima lì vi era alloggiato il chirurgo Crawford che non si sentiva molto bene. Appena entrato Pryor vide una bottiglia e credendo che fosse di whiskey ne prese alcuni sorsi per rincuorarsi, almeno fino a quando non fece un urlo che allarmò Crawford. Pryor si accorse di aver bevuto dello ioduro di potassio e il dottore gli rispose che praticamente si era avvelenato da solo. Nonostante alcuni pareri contrari, Crawford aiutò Pryor, probabilmente salvandogli la vita. Mentre Pryor veniva soccorso, Miles e Lee tornarono da Anderson e lo convinsero a mettere i termini di resa offerti per iscritto e rassicurandolo che Beauregard li avrebbe accettati. Dopodichè la spedizione tornò a Charleston per riferire del colloquio. Al quartier-generale di Beauregard il comandante confederato si mostrò favorevole alle condizioni di resa trattate e acconsentì alla richiesta di salutare la bandiera. La risposta fu inviata subito a Sumter insieme al dottore R.W. Gibbes e il comandante dei vigili del fuoco M.H. Nathans per fornire assistenza. Infine quella sera Anderson accettò formalmente gli ultimi termini per la resa del forte dichiarandosi soddisfatto e riconoscente per la loro generosità. Infine il capitano Hartstene della marina sudista si offrì per accompagnare il tenente Snyder presso la flotta al largo per trattare con essa le modalità per l'evacuazione. La battaglia per Fort Sumter era conclusa, la vittoria andava ai secessionisti.

 
A sinistra: l'ingresso del forte e gli alloggiamenti completamente distrutti all'interno del forte. A destra: il forte occupato dai sudisti, visibili i cannoni piazzati come mortai nel cortile.

Il fallimento della flotta di Fox
Già alle 3:00 del mattino del 12 aprile Fox a bordo della Baltic arrivò al largo di Charleston trovando la Harriet Lane e il suo capitano John Faunce in attesa. Fox si recò immediatamente da Faunce per comunicargli che aveva l'ordine di rifornire Fort Sumter. Circa tre ore più tardi giunse anche la Pawnee e a sua volta il comandante S.C. Rowan venne informato degli ordini e Fox gli chiese di scortarlo con la sua nave sino alla spiaggia. Ma Rowan obbiettò che i suoi ordini erano di aspettare a dieci miglia di distanza dal faro di Charleston l'arrivo della Powathan. Rowan non aveva alcuna intenzione di avvicinarsi alla costa e scatenare una guerra civile. Inoltre non vi era traccia dei tre rimorchiatori, di cui uno non era mai partito da New York, uno era stato costretto da una tempesta ad entrare a Wilmington in North Carolina e l'ultimo, per colpa della stessa tempesta, aveva superato Charleston e si trovava a Savannah. Ciononostante Faunce era d'accordo con Fox sulla necessità di agire e cosi la Baltic e la Harriet Lane si avvicinarono alla spiaggia di Charleston. Verso le 10:00 di mattina Fox decise di mandare una lancia presso il forte per chiedere se poteva scaricare i rifornimenti ma era ormai chiaramente visibile una colonna di fumo provenire dall'interno della baia ed era udibile il rombo delle batterie. Fox interruppe la manovra e segnalò alla Harriet Lane "Torno indietro presso la Pawnee; stanno sparando contro Fort Sumter!". Mentre la Baltic tornava indietro incrociò la Pawnee, Rowan aveva improvvisamente cambiato idea e ora stava tentando di unirsi alle due navi e partecipare al salvataggio di Fort Sumter. Ma non era disponibile nessun pilota per manovrare la nave nel canale d'accesso, inoltre la Harriet Lane non aveva barche da impegnare per portare i rifornimenti nel forte e la Pawnee ne poteva offrire solo una. Fox fece ancorare le navi e con la Baltic si spostò nel punto di raccolta prestabilito per attendere l'arrivo della Pocahontas e della Powhatan. Gli unici ad arrivare furono dei mercantili che ovviamente invece di entrare nella baia preferirono attendere ancorandosi al largo. Da Charleston questo venne scambiato per l'arrivo di una flotta di navi da guerra che si stava assemblando pronta a colpire la città. Ma in realtà la Pocahontas e la Powhatan non si fecero vedere. Fox tornò alla Harriet Lane e alla Pawnee per proporre di sbarcare delle provviste con delle barche ma il mare grosso impedì l'operazione. Rowan e Faunce promisero però di supportare l'indomani mattina uno sbarco da effettuarsi con una barca. La Baltic così tornò nuovamente al punto di incontro per passare la notte ad attendere l'arrivo delle due navi da guerra mancanti. Alle 8:00 di mattina del giorno dopo Fox a bordo di una lancia si recò presso la Pawnee. Rowan aveva requisito una goletta e insieme alla barca della Pawnee venne preparata per effettuare uno sbarco presso Fort Sumter. Solo allora Rowan menzionò di aver ricevuto una nota il 7 aprile dal capitano Mercer che informava che la Powhatan era stata assegnata ad un'altra operazione. Fox non aveva ricevuto alcuna comunicazione e si rese conto di aver perso un aiuto fondamentale, i 300 marinai della Powhatan, i suoi howitzer e le sue lance d'attacco erano indispensabili per la riuscita dell'operazione. Alle 14:00 giunse finalmente la Pochaontas. Il comandante J.P. Gillis si unì a Fox e agli altri ufficiali per ideare un piano. Sebbene senza piloti non potevano entrare nella baia e rischiare di perdere le navi, quella notte delle barche sarebbero state inviate a soccorrere Fort Sumter. Mentre il piano veniva concordato venne notificato agli ufficiali che la bandiera di Fort Sumter era stata ammainata. Per capire se l'attacco era cessato venne deciso di inviare una lancia sotto la protezione di una bandiera bianca. Più tardi arrivò un ufficiale per accordarsi sui dettagli dell'evacuazione del forte, la Baltic che era stata inviata per portare rinforzi a Fort Sumter era ora invece destinata a portare via la sua guarnigione. L'assenza della Powhatan minò seriamente le possibilità di soccorso da parte della spedizione e la resa del forte avvenne prima che Fox potesse fare qualcosa di concreto.

Resa e conseguenze
L'intera Charleston era in festa per la vittoria, le campane della città risuonavano come le voci di politici e improvvisati oratori che pronunciavano ogni genere di discorso. La guarnigione di Fort Sumter era esausta e demoralizzata, lo stesso Anderson era ormai affaticato da sei mesi di tensione. Il forte che avevano difeso così a lungo mostrava i segni di un terribile attacco e ora che il fuoco era cessato alcuni degli ufficiali ispezionarono la struttura. I 3.307 colpi subiti avevano praticamente distrutto il parapetto, la piazza interna era segnata dalle esplosioni, le mura mostravano i segni e i buchi dei proiettili e tutti gli alloggiamenti erano andati in fiamme, ma la struttura in sé aveva resistito e aveva ben protetto i suoi uomini, infatti nessun ferito si registrò durante lo scontro.
La mattina seguente, domenica 14 aprile 1861, la città continuò a festeggiare. Folle di civili passeggiavano sulle spiagge della baia per vedere il forte e con 50 centesimi si poteva venir traghettati per vederlo da vicino. Sulla Battery si schierarono i cadetti della Citadel che vennero passati in rivista e offrirono uno spettacolo degno di nota ai numerosi spettatori. A Sumter venivano ricevuti dal maggiore Anderson i corrispondenti di diversi giornali e vari politici. Il maggiore Anderson incontrò e si congratulò con il maggiore Stevens della batteria a Cummings Point per gli ottimi tiri effettuati. Del brandy venne donato alla guarnigione e la posta dei giorni precedenti finalmente consegnata. Beauregard ricevette anche un telegramma dal presidente Jefferson Davis che chiedeva, se le circostanze lo permettevano, di porgergli i suoi amichevoli saluti ma per ora il generale considerò troppo imbarazzante per il maggiore recarsi nel forte.
Vennero infine chiariti gli ultimi dettagli chiedendo ad Anderson quanti colpi di cannone intendeva sparare per salutare la bandiera, il maggiore rispose che ne avrebbe sparati cento. Il piroscafo Isabel venne messo a disposizione di Anderson per il trasferimento presso la flotta al largo di Charleston e finalmente giunsero le 11:00, l'ora prevista per l'evacuazione della guarnigione federale, che venne però ritardata. Il governatore Pickens, sua moglie, D.F. Jamison, A.G. Magrath, P.G.T. Beauregard, James Chesnut, John L. Manning, William Porcher Miles e Roger A. Pryor che si stavano recando al forte su un battello per assistere alla sua presa da parte delle truppe confederate vennero allora dirottati verso Fort Moultrie dove ispezionarono le difese confederate.
Solo dopo le 14:00 i cannoni ancora utilizzabili in barbetta a Fort Sumter iniziarono il saluto alla bandiera degli Stati Uniti. Il tenente Hall diresse l'esecuzione del saluto assicurandosi che ogni colpo venisse sparato dopo un preciso intervallo, almeno fino al diciassettesimo colpo quando venne udita un'esplosione diversa dalle altre. Il soldato Daniel Hough stava ricaricando un cannone quando la carica accidentalmente si innescò. Il braccio destro del soldato venne strappato via e l'uomo morì sul colpo. Altri cinque soldati vennero feriti, di cui due gravemente ma solo Edward Galloway morì tre giorni più tardi. Il saluto continuò ma un esausto e frustrato Anderson ordinò che i colpi venissero ridotti a 50. Questo incidente ritardò ulteriormente la partenza della guarnigione che solo alle 16:00 si apprestò ad abbandonare il forte. Il maggiore Robert Anderson si trovava in testa ai suoi uomini e con la bandiera degli Stati Uniti piegata sotto il suo braccio, dietro di lui al comando delle truppe vi era il capitano Doubleday. La colonna marciò sulle note di Yankee Doodle verso il molo. Tuttavia mentre i federali ancora lentamente si imbarcavano sulla Isabel, giunsero nel forte il governatore Pickens e il resto della sua compagnia per assistere alla loro cerimonia di vittoria. Tra urla, applausi, il suono delle campane e i colpi d'artiglieria le bandiere del South Carolina e quella della Confederazione vennero issate. La prima unità ad occupare il forte furono le Palmetto Guards, tra i quali Edmund Ruffin, sotto il comando del tenente-colonnello Roswell Ripley. Tutta la notte e fino al giorno dopo la compagnia fu impegnata ad aiutare i vigili del fuoco di Charleston a spegnere gli incendi che ancora minacciavano di fare esplodere i magazzini. E solo il giorno dopo la Isabel riuscì a lasciare la baia, quando passò davanti alle batterie di Cummings Point gli artiglieri sudisti si schierarono in silenzio sulla spiaggia e salutarono la guarnigione scoprendosi il capo. I federali vennero trasferiti a bordo della Baltic dove ricevettero per la prima volta dopo tanto tempo un pasto decente. Quando poi giunsero a New York, il maggiore Anderson e tutti i suoi uomini vennero accolti come degli eroi. Solo il tenente Richard K. Meade, a New York, diede le sue dimissioni e si unì all'esercito confederato, morendo poi di malattia durante le battaglie dei Sette Giorni.
Il 15 aprile Lincoln chiamò alle armi 75.000 volontari per sopprimere la rivolta determinando la secessione della Virginia, Tennessee, North Carolina, e Arkansas. Non si sarebbe più potuti tornare indietro, ormai migliaia di volontari stavano accorrendo per salvare la propria nazione. Solo il 14 aprile 1865 Robert Anderson, divenuto generale, potrà fare ritorno a Fort Sumter e assistere alla cerimonia per issare nuovamente la stessa bandiera che quattro anni prima era stata ammainata.

Fonti
The Siege of Charleston 1861-1865 - Milby Burton;
Battles and Leaders of the Civil War, Vol. 1;
Days of Defiance: Sumter, Secession, and the Coming of the Civil War - Maury Klein;
Allegiance: Fort Sumter, Charleston, and the Beginning of the Civil War - David Detzer;
More Generals in Gray - Bruce S. Allardice;
Official Records of the War of the Rebellion, Vol 1;
P.G.T. Beauregard: Napoleon in Gray - T. Harry Williams.