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•Tra incompetenza, abilità e difficoltà insormontabili: lo Stato Maggiore generale confederato
Testo di Stefano Bianchi

Pubblicato il 07/08/2011

Premessa
Come è noto, la scienza militare divide l’arte della guerra in quattro categorie principali. L’organica si occupa del reclutamento, addestramento e inquadramento degli ufficiali e della truppa; la logistica, di ogni aspetto che consenta di rendere i soldati atti a combattere, come il loro approvvigionamento, trasporto e armamento; vengono poi la strategia e la tattica. Trascende gli scopi del presente scritto, una disamina critica e sistematica dei vari significati assunti dal termine “strategia”, così come sviluppati da decenni di aspro dibattito accademico: qui sarà sufficiente, perciò, dire che essa può scindersi in strategia nazionale, strategia militare e strategia operazionale; la strategia nazionale delimita e precisa gli scopi e obiettivi di una nazione in tempo di guerra, mentre è la strategia militare che attende al modo in cui le forze armate, su di un piano più strettamente pratico, debbano perseguire la strategia nazionale; la strategia operazionale è invece la preparazione, studio e attuazione specifica, su di un singolo fronte o un più vasto teatro di operazioni, della strategia militare. La tattica infine si occupa di condurre il combattimento sul terreno nel momento e nel luogo in cui le forze avversarie vengono tra loro a contatto, scontrandosi in battaglia. Va da sé che ciascuna branchia dipende in una qualche misura dall’altra e ne viene condizionata: un esercito che possegga una buona strategia, ha tuttavia poche speranze di vittoria ove non sia in grado di tradurre sul piano tattico quel disegno; parimenti la capacità in battaglia di una nazione è spesso conseguenza di un’efficiente mobilitazione, di una preparazione materiale adeguata e di un addestramento accurato: secondo una massima napoleonica “un’armata combatte e marcia con il suo stomaco”. A sua volta, la strategia consegue e deve adattarsi alle risorse di una nazione.  Di qui l’estrema importanza della logistica, specie nella guerra moderna.

Ebbene, chiunque dia uno sguardo alle risorse economiche, all’apparato industriale e alla rete viaria e di trasporto dei due contendenti al sorgere della guerra civile americana, coglierebbe immediatamente l’enorme divario a vantaggio della sezione unionista.

In sostanza, nell’Unione era dislocato l’82% delle officine e industrie, era occupato l’83% della mano d’opera e l’intera produzione del Nord costituiva oltre l’84% del valore della complessiva produzione manifatturiera americana. Quivi, il fatturato complessivo degli impianti manifatturieri raggiungeva una cifra astronomica, se paragonata a quella del Sud: $ 1.560.575.277 contro $ 155.535.277. Nel Mezzogiorno, l’indice di popolazione urbana raggiungeva a mala pena il 10%, nel Settentrione superava il 36%. A fronte dei 128.300 impianti manifatturieri presenti negli Stati Uniti, solo 18.026 si trovavano nel Sud; gli stati di New York e della Pennsylvania da soli possedevano più stabilimenti dell’intera Confederazione. Le industrie presenti nel Mezzogiorno, inoltre, avevano carattere semi-artigianale, con un numero di lavoratori impiegati per fabbrica mediamente assai basso e un capitale pro-capite investito modesto: $ 13,25 a confronto dei $ 43,73 del Settentrione. Nel Meridione la stragrande maggioranza dei lavoratori era poi posta al servizio della produzione agricola: ben l’84%, nel Settentrione il 40%; inesistenti erano le industrie pesanti come fonderie o acciaierie in grado di produrre cannoni pesanti o corazzature, se si fa eccezione per le Tredegar Iron Works a Richmond. Di fatto, quindi, un’industria bellica mancava totalmente alla Confederazione e andava creata ex nihilo.[1]

Ma non basta. Nel Mezzogiorno, la rete ferroviaria, che all’epoca costituiva il principale mezzo di trasporto di beni e derrate insieme ai grandi corsi d’acqua navigabili che tagliavano il territorio (come il Mississippi), oltre ad essere largamente inferiore per estensione rispetto a quella settentrionale (un terzo all’incirca) soffriva di numerosi problemi strutturali[2].

Anzitutto essa era quasi totalmente concentrata negli stati della Georgia e della Virginia, mentre risultava poi dispersa in una serie di piccoli tronconi in zone del tutto secondarie, mancando perciò la sua espansione spesso di razionalità ed esteso sviluppo intorno ad altre importanti aree urbane o di collegamenti con il resto del territorio. Così gli stati della Florida e del Texas, importanti centri di allevamento di capi di bestiame e di prodotti alimentari, non possedevano alcuna connessione con il resto della Confederazione e solo con il tempo si provvide a dotare la Florida di un tratto di congiunzione con la rete ferroviaria sudista, mentre per il Texas non si riuscì a trovare soluzione alcuna. Nel Mezzogiorno essendo affidata la costruzione e il mantenimento delle tratte a compagnie private (ne esistevano circa 170) o al governo locale, ciascuna linea poteva peraltro presentare differenze quanto alla portata e allo scartamento, a cominciare dalla larghezza dei binari, un problema che peraltro, se ci è consentito un paragone, avrebbe poi colpito anche il comando militare germanico all’epoca dell’invasione dell’Unione Sovietica. Proprio qui peraltro stava il nocciolo del problema: le linee ferroviarie erano assai corte (nella media circa 150 km., mentre solo nove avevano lunghezza superiore ai 350 km.), spesso non potevano collegarsi tra loro a causa della diverse misure dei binari e nella maggior parte dei casi non si estendevano oltre i confini dello stato di appartenenza. In alcune stazioni di congiunzione, addirittura, il trasporto delle merci doveva operarsi a braccia o con carri tra una linea e l’altra a causa delle differenze di larghezza dello scartamento: e poteva persino accadere che ciò si verificasse sulla stessa tratta, con la necessità per i passeggeri di scendere a metà del viaggio e imbarcarsi sulle carrozze che li attendevano pochi metri oltre. In genere, poi, la portata era inferiore a quella delle ferrovie settentrionali e i materiali di scarsa qualità, sia per la natura più sabbiosa del terreno sia  per miopia delle locali autorità e avidità delle compagnie private.

La loro manutenzione risultò da subito un problema assai difficile da risolvere, giacché gran parte degli operai specializzati provenivano dal Nord (probabilmente per la tradizionale ostilità dei sudisti nei confronti dei lavori meccanici) ed allo scoppio del conflitto la maggioranza vi fece ritorno, mentre coloro che restarono furono guardati con sospetto e, come tali, spesso emarginati. Inoltre la mancanza di un’adeguata industria nel Sud per la costruzione di binari, ponti, vagoni e locomotive fece mancare quell’indispensabile opera di ricambio dei materiali usurati, necessaria a sostenere le aumentate esigenze imposte da una traffico di guerra. Durante l’intera guerra civile, mentre il Nord fu in grado di stendere oltre 7.000 km. di nuovi tratti ferroviari, nel Meridione ci si dovette accontentare di gettarne solo 450. E qui venivano al pettine i nodi della debolezza del tessuto industriale sudista, priva com’era di industrie pesanti: se nel 1860, il Mezzogiorno fu in grado di costruire 19 nuove locomotive, nel Nord, nello stesso anno, ne saranno assemblate ben 451; la sola Pennsylvania produceva l’equivalente dei vagoni merci fabbricati nel Sud intero.

A fronte di questi gravosi problemi, la risposta del governo confederato fu inadeguata e assai tardiva[3]. Invece di assumere direttamente il controllo e la gestione dell’intera tratta ferroviaria (o quantomeno dei collegamenti strategicamente vitali), si preferì adottare una politica del laissez-faire alle compagnie private o ai singoli stati, a cui veniva sostanzialmente deferita ogni questione concernente la distribuzione delle merci e lo smistamento dei soldati. I risultati si rivelarono ben presto disastrosi, poiché i proprietari delle tratte ferroviarie si mostrarono sovente restii a collaborare con la Confederazione (che pagava cifre assai inferiori per il trasporto delle truppe rispetto alle tariffe previste per il traffico civile) mentre i governatori privilegiavano le necessità delle milizie locali rispetto alle esigenze militari nazionali. A differenza del sistema adottato nell’Unione, il Quartermaster Bureau confederato (di cui parleremo più estesamente a breve) non fu mai investito del controllo della rete viaria; dal dicembre del 1862 il Segretario alla Guerra George W. Randolph assegnò il colonnello William M. Wadley alla supervisione del sistema ferroviario (Transportation Office), presto sostituito dal più capace capitano Frederick W. Sims: essendo entrambi però svuotati di un potere reale il problema rimase sostanzialmente immutato. In effetti, sebbene una legge approvata nel maggio del 1863, dopo aspre discussioni e molte opposizioni, avesse concesso all’Ufficio Trasporti la possibilità teorica di limitare il traffico civile a un solo trasporto giornaliero su ciascuna delle oltre cinquanta tratte che componevano il primitivo tracciato ferroviario meridionale e a requisire tutto il materiale necessario per  le operazioni strettamente militari, di fatto, occorreva poi concordarne con i gestori e proprietari delle singole linee l’attuazione pratica[4]. E costoro, forti dell’appoggio di gran parte del mondo politico sudista, non perdevano occasione per riaffermare nei fatti il loro potere. Conscio della grave situazione, il generale Robert E. Lee era persino giunto a richiedere che l’uso del trasporto ferroviario fosse destinato alle sole esigenze militari “quand’anche ciò rendesse necessario sospendere tutti i viaggi privati per lavoro o per piacere[5]. Fu solo nel febbraio del 1865 che il Governo confederato, dietro pressante richiesta dell’appena nominato Segretario alla Guerra John. C. Breckinridge, si decise ad assumere il pieno controllo del sistema ferroviario: era troppo tardi[6]

In realtà, mentre poco fu fatto per aumentare il chilometraggio ferroviario, il problema più gravoso si rivelò il mantenimento in efficienza dei tratti già esistenti. La mancanza di materie prime come legno, ferro e carbone o la loro sottrazione per esigenze più strettamente militari - si giunse persino all’istituzione di una Commissione per il reperimento del ferro, sottraendo binari lungo percorsi giudicati di poco interesse da riutilizzare per la costruzione di corazze e cannoni - la scarsità di mano d’opera per la manutenzione, problema già endemico, mano a mano aggravato dal  progressivo ampliamento del reclutamento da cui all’inizio gli operai specializzati erano stati esentati, la conversione delle poche fabbriche e officine a scopi esclusivamente bellici (di talché neppure un metro di rotaia fu costruita nel corso della guerra per sostituire quelle distrutte o usurate) la perdita di molte zone servite da ferrovia in seguito all’occupazione nemica o ai raids della cavalleria unionista, segnarono il progressivo collasso nell’efficienza della circolazione di  risorse per il sostentamento degli eserciti al fronte. Se a ciò si aggiunge il cattivo stato delle strade (specie all’Ovest) e l’impossibilità di procedere per via d’acqua al rifornimento delle truppe (per la perdita assai repentina del controllo del Mississippi, del Tennessee e del Cumberland e in generale per la preponderanza sui mari delle navi unioniste), la mancanza di un controllo centralizzato del sistema ferroviario si rivelò tra gli elementi fatali per l’esito del conflitto; così nel biennio 1864-65 più volte gli eserciti confederati si trovarono a corto di viveri e di mezzi di sostentamento, rendendo di fatto nullo anche il vantaggio di operare attraverso linee interne. Non a caso, il tema della campagna di Grant in Virginia a far data dall’autunno 1864 diverrà l’occupazione dello snodo ferroviario posto intorno a Richmond e Petersburg; parimenti, l’obiettivo principale di Sherman nell’Ovest in quello stesso periodo si concentrò sulla città di Atlanta, altro importante centro di comunicazione per il collegamento su binari: si può ben dire che sotto il profilo strategico operazionale, l’occupazione e l’uso delle rotaie nella guerra civile americana fece dello stesso il primo conflitto moderno.

Tuttavia non può negarsi che accanto a queste deficienze, il trasporto ferroviario delle truppe, quando fu disposto dal comando confederato su vasta scala, sia stato portato a termine con risultati assai brillanti: ad esempio, il movimento di ricongiungimento sul campo operato nel teatro virginiano nel luglio del 1861 tra le armate del generale Joseph Eggleston Johnston e quella del generale Pierre Gustave Toutant Beauregard, preludio alla prima battaglia di Manassas, o l’imponente trasferimento di un intero corpo d’armata dalla Virginia al fronte dell’Ovest nell’estate-autunno del 1863 che precedette la campagna di Chickamauga. In definitiva, allorquando lo Stato Maggiore confederato si decise ad effettuare massicci spostamenti di uomini, esso fu, tutto sommato, adeguatamente sostenuto dal sistema ferroviario. Ma se sul piano strategico, la Confederazione, nell’insieme, seppe comprendere l’importanza della ruota ferrata, sul piano logistico essa rivelò gravi lacune: ciò che venne a mancare era, in sostanza, la quotidiana capacità di programmare ed eseguire il vettovagliamento per le truppe al fronte, senza cui ogni disegno, per quanto ben congegnato, era destinato a fallire.

Anche nel settore delle finanze il divario tra le due sezioni appariva profondo. Il Settentrione possedeva l’81,4% dei depositi bancari e il 67% delle riserve metalliche[7]. Molto del capitale del Mezzogiorno era investito in schiavi e lavoro nei campi: dunque moneta non liquida. A ciò si tentò di ovviare attraverso una politica monetaria incentrata  sull’emissione di obbligazioni, anziché, come nel Nord, sul progressivo aumento della tassazione, strumento tradizionalmente inviso nel Meridione, assai geloso delle prerogative del singolo individuo rispetto ai poteri del governo centrale. Il risultato, a lungo andare, fu una spaventosa spinta inflazionistica che ridusse in miseria il paese[8].

La Confederazione però disponeva di una risorsa che nessun paese al mondo possedeva in egual misura: il cotone. Teoricamente un capitale annuo pari a $ 230.000.000, con cui comprare da altri paesi manufatti, armi, proiettili, attrezzature per l’industria, beni di ogni genere. Grazie alla grande abilità degli agenti spediti per tempo dal governo confederato in Europa per organizzare gli acquisti e facendo leva sull’avidità di guadagno di armatori, speculatori e comandanti di navi, la Confederazione riuscì a far entrare nei suoi porti una quantità di merci notevolissima. Il blocco navale unionista si rivelò, in effetti, un semi-fallimento e per quanto il dominio dei mari non potesse essere messo in discussione, i violatori continuarono a giungere sulle coste del Mezzogiorno. Ma nel Sud ci si illudeva se si pensava di poter risolvere il conflitto per tal via. Anche qui, infatti, si rivelò la miopia del governo confederato, il quale affidò sostanzialmente il commercio in violazione del blocco all’iniziativa dei privati, senza porre regolamentazione alcuna. Accadeva così che invece di trasportare seco armi, munizioni o macchinari per l’industria, i bastimenti scaricassero sulle banchine dei porti sudisti una gran quantità di beni del tutto inutili per la causa confederata, ma assai redditizi per i portafogli delle compagnie armatrici e dei comandanti, come tessuti di lusso, champagne a litri, oggetti alla moda[9]. A fronte di questa situazione, il 6 febbraio 1864 il Congresso sudista si decise a nazionalizzare il commercio con l’estero, regolamentando in tal modo specie e tipo delle merci importate: ma anche qui parzialmente, poiché con un provvedimento votato pochi giorni dopo, fu stabilito che solo un 1/4 della stiva dovesse destinarsi al trasporto di merci belliche; vennero così banditi molti beni voluttuari, a vantaggio dei soli fini militari, sebbene all’atto pratico molte scappatoie legali resero l’intervento meno incisivo di quel che avrebbe dovuto essere[10]. E comunque, tardi, troppo tardi.      

Come si vede i problemi strutturali di cui soffriva il Meridione erano tali da far tremare le vene nei polsi. Ma intanto, dopo la caduta di Fort Sumter nell’aprile del 1861, gli uomini cominciavano ad arruolarsi e non c’era tempo da perdere in discussioni: il governo confederato si trovava di fronte dunque alla necessità di vestirli e calzarli, armarli e nutrirli adeguatamente. A ciò sarà addetto lo Stato Maggiore generale della Confederazione con sede a Richmond, modellato sullo stampo di quello già organizzato presso l’Unione (e gli ex Stati Uniti d’America di conseguenza). Esso era diviso in cinque branchie principali: il Quartermaster Department, l’Ufficio per Sussistenza (Subsistence Bureau), la Direzione d’Artiglieria (Ordnance Bureau), il Dipartimento Medico (Medical Department) oltre all’Ufficio Ingegneria (Engineers Bureau). La creazione di un sesto dipartimento, l’Ufficio Ispettivo (Bureau of Inspection) con funzioni di polizia e controllo sulla disciplina dei soldati al fronte, rimase allo stato di progetto, essendo stato respinto dal Senato confederato il relativo disegno di legge presentato dal senatore Louis T. Wigfall nel 1863.

2. Il Quartermaster Department.
Competente per il rifornimento di uniformi, mantelle, cappotti, scarpe, coperte, buffetteria, tende, attrezzi, oggetti fuori ordinanza e all’acquisto o fabbricazione del carreggio, ambulanze e finimenti oltreché dei quadrupedi (cavalli, muli, asini, buoi) e del relativo foraggio e attrezzatura (selle, zoccoli, briglie etc.), era il Quartemaster Departement, istituito dal Congresso provvisorio Confederato il 26 febbraio 1861; oltre a ciò, il servizio controllava l’Ufficio Paga (Pay Bureau) che doveva occuparsi della retribuzione dei soldati e, come detto, l’Ufficio Trasporti (Transportation Office)[11].

A ricoprire il posto fu chiamato, dapprima, un uomo capace, ma non di doti eccezionali, il colonnello Abraham Charles Myers[12]. Nativo del South Carolina, militare di carriera – si era diplomato all’accademia di West Point con il corso del 1933, trentaduesimo su quarantatre, entrando poi nel corpo dell’artiglieria –  era stato scelto da Jefferson Davis per l’ampia esperienza maturata nel campo della logistica nell’Esercito degli Stati Uniti, incarico che aveva ricoperto sia in patria, presso vari distaccamenti e forti, sia in Messico nel corso della guerra del 1848. Nel corso dell’avventura messicana, Myers aveva pure guadagnato due “brevetti” per il coraggio dimostrato in battaglia, oltreché per la sua abilità di amministratore : segno che non mancava certo di qualità morali.   

Come più sopra visto, il Sud, al contrario della sezione settentrionale, era pressoché privo di un’industria manifatturiera che garantisse la produzione su vasta scala richiesta da una guerra di così ampie dimensioni e durata[13]. Il problema ch’egli si trovava ad affrontare era dunque di difficile soluzione. Ciò nondimeno Myers si mise all’opera con grande energia, riuscendo a garantire sino all’autunno del 1862 un discreto approvvigionamento dell’occorrente, anche se non mancarono momenti di totale inadeguatezza.

Dopo un’iniziale fase di inerzia, dettata anche dalla necessità di dover reperire e attrezzare gli uffici a Richmond provvedendo pure al reclutamento del personale relativo, come prima cosa, non essendo disponibile sottomano bene alcuno, egli fece pubblicare sui principali quotidiani del Sud, annunci per procurarsi quanto prima le divise e i complementi della fanteria, assicurando dei bonus rispetto ai prezzi correnti di mercato a chiunque fosse disposto a concludere contratti per la fornitura di manufatti alla Confederazione. Immediatamente dopo, Myers diede ordine di costruire grandi depositi periferici a Nashville (Tenn.) Montgomery (Ala.), San Antonio (Tex.), Charleston (South Ca.), New Orleans (Lou.), Mobile (Ala.), Lynchburg e Richmond (Va.) in modo da operare quanto più possibile vicino ai diversi fronti[14]. Inoltre grazie alla sua energia, entro il 30 aprile 1861 altri quindici uffici distaccati del Quartemaster Department venivano creati nei principali centri urbani sudisti.  

Per la fabbricazione delle divise leggere, l’industria tessile sudista si poteva giovare dell’abbondanza di cotone dato dalle vaste piantagioni schiaviste, anche se mancava un numero sufficiente di stabilimenti per la sua lavorazione, che era stata sino ad allora affidata principalmente alle ricche industrie del Nord. A titolo di esempio, nel 1860 il solo stato della Pennsylvania produceva beni derivati dal cotone per $ 13.650.114; gli undici stati della Confederazione, un totale di $ 8.145.067. Ad ogni buon conto, i 143 impianti manifatturieri esistenti nel Mezzogiorno si misero subito al lavoro ampliando con il tempo la produzione e garantendo fino al 1864 un approvvigionamento abbastanza costante di capi d’abbigliamento, ma pur sempre limitato dalle dimensioni quasi artigianali degli stessi. Per i capi pesanti, invece, il Sud doveva scontare la naturale debolezza della sua industria e l’insufficienza nella disponibilità di lana, bene di cui la Confederazione era particolarmente povera, a differenza del Settentrione: il solo Massachussets produceva manufatti in lana in misura dieci volte superiore all’intera produzione sudista, che raggiungeva a mala pena la modesta cifra di due milioni di dollari di fatturato annuale. La protezione dal freddo, perciò, fu un costante problema, specie sul fronte della Virginia, dove l’inverno era particolarmente rigido e molti dei soldati provenienti dal profondo Sud poco avvezzi a temperature che potevano anche abbassarsi sotto lo zero. A ciò in parte tentarono di rimediare gli uomini stessi approvvigionandosi dalle famiglie di origine: ma esse, assai umili nella maggior parte dei casi, poco poterono per sconfiggere una piaga sempre più insopportabile, specie se accompagnata dalla mancanza di viveri in quantità sufficiente e da una scarsa qualità del materiale di supporto per i quartieri invernali. Più efficacemente, l’ottimo vestiario di cui era dotato l’esercito unionista era un bottino particolarmente ambito dalla truppa. Le testimonianze dei soldati confederati al fronte conservatici in lettere o diari, significativamente, dedicano gran parte del tempo alla descrizione delle condizioni di vita terribili in cui essi si trovavano a operare, le lamentele circa mancanza di ricambi e di indumenti protettivi occupandone gran parte dei pensieri[15]. Peraltro, nel 1864, con l’avanzare delle truppe unioniste in Georgia, ove il numero di impianti manifatturieri era massimamente concentrato, la produzione ebbe un pesante tracollo, solo in parte compensato dall’arrivo di materiale dall’Europa.    

Se il freddo e l’insufficiente quantità e qualità degli indumenti erano una piaga costante, la mancanza di scarpe e stivali per soldati e ufficiali fu un problema ancor più acuto che assillò l’esercito confederato sino al termine delle ostilità. Gli undici stati secessionisti nel 1860 possedevano complessivamente 1.246 stabilimenti per la fabbricazione di calzature e ne producevano circa 4 milioni di paia all’anno e ne importavano più di un milione; lo stato di New York contava 2.277 impianti[16].  Per quanto si fosse operato per tempo con la creazione di nuove fabbriche nel paese (come a Richmond ove la produzione poteva raggiungeva le 800 paia giornaliere o a Columbus nella Georgia con le sue 5.000 paia alla settimana) la dipendenza del Mezzogiorno dal Nord o dall’Europa per il cuoio, pelle e derivati prima del sorgere del conflitto, impedì sempre un decente rifornimento per gli uomini. Un esercito in marcia necessitava di un costante ricambio di scarpe e quelle usurate di riparazioni: ma la mancanza di generi primi e l’impiego del metallo per la fabbricazione di armi e cannoni impedivano sia la distribuzione di nuove calzature sia la loro risolatura, problema aggravato dalla mancanza di un’adeguata mano d’opera specializzata al seguito della truppa e dalla necessità di armare e far accorrere in prima linea tutti gli uomini disponibili[17]. Sta di fatto che spesso i soldati sudisti si ritroveranno a combattere a piedi nudi o con rudimentali protezioni ai piedi, del tutto improvvisate. Nel 1863 si tentò di porre un rimedio facendo sorgere ad Atlanta la più grande fabbrica di scarpe del Sud, capace di produrne ben 40.000 paia al mese: ma un anno dopo essa era andata perduta con la conquista della città da parte di Sherman, perdita solo in parte bilanciata dall’introduzione nell’inverno 1864-65 di oltre 500.000 paia di calzature dall’estero[18].

Non meno gravi, si rivelarono le conseguenze della mancanza di quadrupedi in numero sufficiente.

Sebbene il Mezzogiorno fosse, in teoria, terra ricca di animali da trasporto e tiro (possedendo circa il 45% dei cavalli, il 90% dei muli e il 52% dei buoi da traino degli Stati Uniti), la repentina perdita del Kentucky e del Missouri, zone quanto mai abbondanti per l’allevamento equino - rappresentando essi i primi due stati produttori del continente nordamericano - la subitanea anche se parziale occupazione della Virginia, del Tennessee e del Texas (altri importanti centri di produzione), la maggior diffusione del trasporto su carri trainati da bestie nel Sud per la ben nota debolezza del sistema ferroviario, la cattiva condizione delle strade e la dipendenza dal Nord per il foraggio degli animali, ridussero ben presto il potenziale animale ai minimi termini[19].

L’uso per la guerra, del resto, richiedeva che il cavallo fosse tenuto a riposo a lungo e ben alimentato: circostanze che a forza non poterono verificarsi. La vita media di un animale si aggirava intorno ai sette mesi e mezzo.  Sul fronte orientale, una gravissima epidemia equina diffusasi nel settembre 1862 all’interno della cavalleria dell’Armata della Virginia Settentrionale e l’inverno particolarmente lungo e rigido che aveva fatto tardare la crescita del foraggio, poi, sembrarono segnare il suo destino, dettando persino scelte strategiche ben precise: quali la necessità di disperdere parte della cavalleria in zone lontane dalla guerra (come accadde per parte delle truppe con il loro distacco nella primavera del 1863 per campagna di Suffolk, nel sud-est della Virginia) o di invadere il Nord (come avvenne pochi mesi dopo e che condusse l’armata confederata al destino di Gettysburg) alla ricerca di zone ricche di foraggio, avendo la Virginia ormai esaurito le risorse che avevano dato sostentamento a decine di migliaia di quadrupedi di due diversi armate[20]. Parimenti sul fronte dell’Ovest nel corso della campagna per la Georgia, nella primavera-estate del 1864, la mancanza di un numero di montature adeguate, costrinse l’Armata del Tennessee a fare un ricorso limitato a raids contro le linee di rifornimento di Sherman o contro lo stesso esercito  unionista[21].

Questi, al contrario non aveva nulla da temere data l’abbondanza di cavalcature proventi dall’estremo Ovest e in considerazione dell’eccellente qualità di tali equini, estremamente robusti e veloci; il Settentrione, poi, produceva fieno e granturco in misura più che sufficiente.   

Alla scarsità di animali, si era pensato di porre rimedio con l’introduzione negli stati confederati di cavalli provenienti dal Messico e dalla California; ma essi si rivelarono del tutto inadatti: i primi per le dimensioni assai modeste, i secondi (i famosi mustangs) per il temperamento poco docile. Difficile se non impossibile poi il loro trasporto, specie a far data dalla caduta di Vicksburg nel luglio 1863 che aveva di fatto tagliato in due la Confederazione, isolando il Transmississippi e con esso l’intero Sud-Ovest. In definitiva, la piaga della penuria di montature si rivelò a lungo andare quasi fatale per l’efficienza della cavalleria confederata e non trovò mai soddisfacente risposta. In effetti fino al 1863, l’organizzazione della cavalleria sudista in arma autonoma rispetto alla fanteria, il suo impiego strategico-tattico e l’eccezionale qualità dei suoi leaders, come i leggendari generali James Ewell Brown “Jeb” Stuart o Nathan Bedford Forrest, assicurarono alla Confederazione un incontrastato vantaggio nell’uso della stessa. Oltre a ciò si deve aggiungere che nel Meridione, non v’era praticamente uomo che non sapesse andare a cavallo, dato il carattere squisitamente agrario di quel paese: ed era anzi un vanto saper mostrare una particolare destrezza in sella; il Nord, ove l’indice di urbanizzazione era assai più alto, partiva dunque leggermente svantaggiato. I mutamenti intervenuti nell’alto comando unionista nell’impiego della cavalleria, ispirati agli stessi concetti confederati e l’emergere di altrettanto capaci comandanti settentrionali, però, segnarono un progressivo bilanciamento tra i due eserciti, se non addirittura un superamento da parte dei nordisti[22].

Ma ciò fu dovuto, indubbiamente, anche ad altri fattori, di natura squisitamente logistica. Gli è che nell’esercito confederato (a differenza del sistema adottato dagli unionisti), i cavalleggeri dovevano provvedere a fornirsi del proprio cavallo. Le autorità pensavano a mettere a disposizione dell’animale il cibo, a ferrarlo e a sellarlo fornendo i relativi finimenti; era previsto anche un rimborso di circa $ 10 al mese per ciascuna bestia. In caso di morte in battaglia del cavallo (e solo in questa particolare evenienza: perciò non nel caso in cui venisse perso o catturato, ovvero decedesse per malattia), il governo confederato provvedeva a rimborsare il costo dell’animale, ma il cavalleggero doveva poi provvedere a trovare un altro cavallo, pena la sua esclusione dal corpo e l’impiego in altra arma[23]. E qui, se voleva continuare a prestare servizio nella cavalleria, i casi erano due: o egli faceva ritorno presso la propria casa e si procurava un’altra cavalcatura, con assenza dal fronte anche prolungata, ovvero la acquistava vicino alla zona di operazioni; cosa non facile vista la penuria di cavalli. Sennonché oltre alla scarsità di animali, si aggiungeva il costo proibitivo dei quadrupedi: se nel 1861 il prezzo di un cavallo si aggirava intorno ai $ 150, esso era lievitato sino al doppio nel 1864, una somma proibitiva per chi vivesse della sola modesta paga militare, con il risultato che i cavalleggeri sudisti, già di per sé assai indisciplinati, presero ad agire, inconsciamente con tutta probabilità, con una certa prudenza[24].

Peraltro, come detto, il governo confederato provvedeva a fornire la sella e i finimenti: ma questi si rivelarono di qualità nettamente inferiore a quella unionista (che adottò la sella tipo “McClellan”) dimostrandosi dannosi per la schiena dell’animale e contribuendo a debilitarne un gran numero. Un grave problema, infine, si dimostrò l’insufficienza di maniscalchi a seguito dell’esercito, che comportò la perdita di numerosi equini, specie nel corso della campagna di Gettysburg[25].                                      

La mancanza di animali da tiro si faceva sentire particolarmente allorquando le unità erano chiamate a spostarsi. L’armata infatti doveva essere accompagnata da un imponente parco di carri e vagoni, contenenti razioni, munizioni, medicine, cucine, attrezzature varie: in breve tutto il necessario per sostenere una campagna; essi, al pari dell’artiglieria, erano trainati da cavalli o muli: ma tanta era la loro penuria che verso la fine dalla guerra si ricorse anche a buoi. Più spesso la soluzione era improvvisata, come ad esempio far trainare i carri da una coppia di muli invece che dai quattro richiesti: il che però comportava un’usura maggiore per l’animale e con il tempo si rivelò un rimedio del tutto dannoso. Si rese così necessario limitare l’uso del materiale pesante. In generale, il parco vagoni delle armate confederate era molto inferiore a quello degli eserciti unionisti: mentre questi ultimi possedevano un carro ogni 40 uomini, la media sudista scadeva ad uno ogni 100 uomini.   

Lamentele e richieste di quadrupedi per il tiro del carriaggio affluivano continuamente al Quartermaster Departement. Tuttavia questo si dimostrò incapace di soddisfare la domanda, sia per la mancanza di animali che per il prezzo esorbitante di essi, prezzo che poteva raggiungere anche i $ 400. La situazione si deteriorò a tal punto che l’artiglieria confederate dovette limitare al massimo gli spostamenti e in alcune circostanze addirittura rimanere immobile: per una strategia basata su rapidi movimenti e concentrazioni era una grave limitazione[26]

Per quanto Myers si dedicasse anima e corpo alla risoluzione dei problemi, non riuscì mai a venirne a capo efficacemente: ma addossargli una qualche colpa, pare azzardato. Più ancora che la mancanza di un tessuto industriale adeguato, era la scarsità di materie prime a impedire un valido sostentamento per le truppe al fronte: e quelle, sfortunatamente, non si potevano fabbricare. Peraltro, una certa mentalità burocratica e l’incapacità di programmare per l’inverno del 1862-63 un adeguato ricambio del materiale necessario, unite ad un carattere non facile lo misero presto in contrasto tanto con Jefferson Davis, quanto con molti comandanti sudisti. Finché nel marzo 1863, probabilmente anche in seguito ad un contrasto personale con il Presidente (pare che la moglie di Myers avesse chiamato pubblicamente “piccola squaw” Varina Davis, moglie di Jefferson Davis, a causa di un’avversione sviluppata tra le due donne) ne fu decisa la sostituzione con il generale di brigata Alexander Robert Lawton, più capace ma che poté entrare in carica solo nell’agosto a causa di una lunga diatriba politica scatenata dagli avversari politici di Davis in seguito alla rimozione di Myers. Lawton aveva allora 44 anni, essendo nato il 4 novembre 1818 da un’illustre famiglia del South Carolina; proprio grazie all’influenza dei genitori era potuto entrare a West Point, dove si era brillantemente licenziato nel 1839, tredicesimo su trentanove. Ma la tediosa vita militare di un giovane luogotenente spedito sulla sperduta frontiera tra Canada e Stati Uniti, lo indusse dopo pochi mesi a dimettersi per tentare la via dell’avvocatura. Anche in questo campo, Lawton mostrò particolari capacità poiché in soli tre anni sarà capace di laurearsi  ad Harvard e ad essere ammesso al patrocinio legale a Savannah, Georgia. Quivi dopo aver sposato Sarah Hillouse Alexander (sorella del futuro generale confederato di artiglieria  Edward Porter Alexander) e aver praticato per alcuni anni la professione, diverrà dapprima abile amministratore della compagnia ferroviaria Augusta & Savannah Railroad, indi si dedicherà con passione alla politica, divenendo membro del parlamento dello stato della Georgia come democratico. Devoto difensore dei diritti del Sud, l’avanzare della secessione lo troverà in prima linea: il 3 gennaio 1861 ancor prima di una  dichiarazione formale da parte della Georgia, su ordine del governatore Joseph Brown, occupò con un manipolo di uomini Fort Pulaski, e successivamente Oglethorpe Barracks, un’altra installazione militare federale. La popolarità guadagnata in tutto il Meridione e l’audacia dimostrata, gli valsero la nomina a generale di brigata dell’Esercito Provvisorio Confederato il 13 aprile  1861: e a lui fu affidato il comando del Dipartimento costiero della Georgia. Nel maggio 1862, Lawton raggiungeva la Virginia per essere assegnato insieme alla brigata da lui comandata, al generale Thomas “Stonewall” Jackson, distinguendosi a Gaine’s Mill e successivamente nella seconda battaglia di Manassas e ad Antietam, guidando la divisione del generale Richard S. Ewell, ferito nel corso del duro scontro di Groveton. Il 17 settembre, nel primo mattino, alla testa dei suoi uomini divisione sarà colpito nei campi di grano insanguinati nei pressi della Dunkard Church, a Sharpsburg: ma prima di ricorrere alle cure dei medici, attenderà con indomito coraggio l’arrivo dei rinforzi. Subito dopo la lunga convalescenza, Lawton avrebbe voluto riavere un comando sul campo: ma accolse comunque la nomina con lo spirito di devozione che sempre lo aveva contraddistinto[27].   

I problemi che egli ora si trovava a dover affrontare, erano divenuti drammatici. Gli è che la soluzione adottata dal suo predecessore, sebbene fosse l’unica per garantire l’immediato approvvigionamento delle truppe, era insostenibile a lungo andare per le deboli finanze governative, le quali non potevano sopportare il peso di una politica che lasciasse al libero fluttuare dei prezzi e dell’inflazione la determinazione del corrispettivo per l’acquisto dei beni dalle industrie private. E già da tempo queste avevano smesso di produrre manufatti per la Confederazione, la quale, quando occorreva pagare faceva orecchie da mercante o emetteva obbligazioni senza valore, preferendo la vendita ai privati cittadini. Lawton, senza perdersi d’animo, rinegoziò tutti i contratti abbassando i prezzi dal 75% al 33% del profitto netto e stipulando un’esclusiva per il governo confederato per i 2/3 dei beni prodotti, ma garantendo un puntuale pagamento in moneta e assicurando, in cambio, l’esenzione del personale specializzato dal servizio militare.  Inoltre, come visto più sopra, alla sua opera e lungimiranza, si dovette una primo tentativo di porre la rete ferroviaria sotto il controllo del suo ufficio: e in ciò, indubbiamente, ebbe un peso l’esperienza maturata negli anni in cui si era trovato a dirigere una compagnia ferroviaria privata .       

Anche se sotto la sua direzione il Quartermaster Department migliorò un poco, il divario tra l’equipaggiamento a disposizione dell’Unione e quello distribuito alle unità sudiste non fu mai colmato. Il venir meno delle risorse naturali, l’usura degli impianti, la progressiva occupazione militare del Sud, l’emanazione di misure straordinarie per richiamare ogni uomo utile alle armi dispensandolo dalla produzione, fecero tracollare il già debole tessuto industriale del mezzogiorno. Semplicemente, la Confederazione non sembrava in grado di sostenere efficacemente una guerra su vasta scala.

3. Il Subsistence Bureau.
Sulla carta, la Confederazione poteva contare su una produzione agricola e animale che, sebbene inferiore a quella unionista, sembrava tale da poter assicurare il mantenimento delle sue armate e della popolazione civile per lungo tempo: in particolare le terre del Sud erano ricche di riso, grano, frumento, farina, maiale, zucchero, patate dolci, piselli e fagioli. Carni bovine e suine specialmente, non mancavano.

Sennonché già alla fine del 1862 (e in taluni periodi, ancor prima) i soldati sudisti dovettero fare i conti con una scarsità di viveri così grave da determinare un forte peggioramento del morale e delle loro condizioni di vita quotidiana: per alcuni di essi la fame divenne una paura persino più temibile di quella provocata dall’affrontare il nemico in battaglia.

Le cause risiedono non solo nella difficoltà di approvvigionamento dovuta all’inadeguatezza dei trasporti e, come vedremo a breve, nelle deficienze del Dipartimento della Sussistenza, ma anche in altri motivi[28].

In primo luogo, l’occupazione e sistematica spoliazione ordinate dal comando unionista in alcune zone particolarmente ricche come la valle dello Shenandoah in Virginia, le zone costiere del Sud Atlantico ovvero lungo il corso del fiume Mississippi o ancora la parte centrale del Tennessee (vero granaio del Mezzogiorno) e nella Louisiana del Sud, ben presto cadute sotto lo spietato tallone nordista. A ciò si aggiunsero una crescente inflazione, il progressivo impoverimento della popolazione dei piccoli proprietari terrieri stretti dalla morsa creditizia, la sottrazione di uomini e animali alle fattorie di più modesta dimensione a causa del prolungarsi del conflitto, con l’impossibilità di far ritorno prima della semina o all’epoca del raccolto che molte volte coincidevano con la primavera-estate, periodi in cui più intensa si faceva l’attività militare,  sicché si iniziò a produrre un diffuso senso di povertà delle risorse. Anche sotto  tale profilo, la differenza nei numeri avrebbe presto fatto sentire il suo peso. Già all’inizio del 1862 caffè, zucchero, tè e sale erano scomparsi dal mercato. In quello stesso anno (e nuovamente nel 1863) una grave siccità estiva e le abbondanti piogge registrate nel corso dell’autunno fecero sì che il raccolto del tempo di pace fosse dimezzato; in Virginia, addirittura, le fattorie riuscirono a mieterne solo 1/4. Per il 1863 carne, burro e pancetta erano divenuti beni difficili da reperire. A lungo andare, gli agricoltori, sempre più impoveriti dalla vertiginosa crescita dell’inflazione e dalla scarsità delle messi, cominciarono a trattenere la gran parte  dei prodotti, vendendoli presso i mercati locali anziché agli emissari del governo confederato (che acquistavano le derrate alimentari a prezzo molto minore), anche per poter far fronte al pagamento delle tasse; una parte di essi barattava granoturco e riso con liquori da poter poi vendere più lontano, al fronte, dove la domanda di alcolici era altissima. Il suolo risultava impoverito dalle esigenze militari, quali la necessità di foraggiare i cavalli lontano dalle zone operative ormai logorate dalla contemporanea presenza di due eserciti.       

Le condizioni di vita ebbero una drammatica svolta nel 1864, allorquando la Virginia del Sud, la Georgia e parte dell’Alabama oltre all’intero delta del Mississippi caddero progressivamente sotto il pieno controllo nordista, sottraendo così zone ricchissime del paese alla Confederazione. Una misura di grano che valeva $ 2.50 nel 1862, ora veniva venduta sino a $ 30 . 

Alla penuria e difficoltà di reperire beni commestibili, doveva aggiungersi la mancanza di sale, circostanza destinata a giocare un ruolo importante per le condizioni di vita dei soldati al fronte[29]. Il sale costituiva infatti il principale mezzo per la conservazione delle carni sia bovine che suine, oltre a essere impiegato come ingrediente essenziale per la lavorazione della pelle e trovare impiego in campo medico e chimico. Gli stati della Confederazione ne producevano in quantità modesta, essendosi sempre riforniti dal Settentrione o dall’Europa: ma con il blocco unionista sui mari divenne praticamente impossibile l‘importazione del bene. L’unico centro di produzione del sale di una qualche rilevanza era rappresentato dalla cittadina di Saltville in Virginia, presso lo stabilimento della Stuart, Buchanan & co.; si stima che nel 1864 esso fosse in grado di fornire circa 4.000.000 di tonnellate annue: troppo poco per l’intera nazione. A fronte della grave penuria, ogni alternativa fu esplorata: dalla lavorazione del sale marino, all’estrazione di sale da cave artesiane, ma senza risolvere compiutamente la questione. In genere, la ricerca di surrogati alla mancanza di ogni bene essenziale divenne un’intensa attività che occupava la popolazione intera[30]. Non potendosi perciò conservare le carni che per pochi giorni, il problema di un’efficiente sistema di trasporti divenne ancor più urgente, con l’effetto di aggravare ulteriormente la situazione: il cibo deperiva rapidamente, mentre gli uomini morivano di fame.

A questo quadro, già di per sé abbastanza difficile, si aggiungeva l’inefficienza del Dipartimento della Sussistenza (Subsistence Bureau), istituito dal Presidente Jefferson Davis e dai suoi collaboratori il 26 febbraio 1861. L’ufficio aveva l’incarico di acquistare o requisire il cibo e di farlo pervenire ai soldati. A capo del servizio era stato posto il colonnello Lucius Bellinger Northrop[31]. Nato l’8 settembre 1811 a Charleston, South Carolina, Northrop era entrato all’Accademia Militare di West Point nello stesso periodo di Jefferson Davis, di cui era divenuto amico. Passato un breve periodo nell’Ovest a combattere la tribù indiana dei Seminole, era stato posto in congedo permanente per una ferita da lui stesso procuratasi accidentalmente (si era sparato ad un ginocchio).  Dopo aver studiato e praticato medicina per molti anni, era stato chiamato a sorreggere la sussistenza da Davis, che lo considerava incorruttibile e capace: certo più per l’amicizia che legava i due, che per particolari meriti. Ed effettivamente Northrop era onesto e puntiglioso: ma a ciò univa un carattere privo di tatto e pazienza. Rigido e ossessivo a tratti, allorquando una difficoltà si palesava era solito esplodere in modo furioso. Gli è che Northrop mancava di ogni capacità di comunicare e quando veniva interrogato, rispondeva con un linguaggio da burocrate pignolo che non ammetta critiche o deficienze nel suo operato[32]. Del tutto privo di una pregressa esperienza nel campo della sussistenza militare e di salute precaria a causa della ferita riportata anni prima, la sua mania di voler accentrare e controllare l’acquisizione di ogni genere alimentare prodotto nel paese per poi provvedere alla sua distribuzione ai comandi periferici, benché lodevole in principio, si rivelò ben presto un fallimento, anche a causa delle condizioni dei trasporti ferroviari[33]. Invece di incoraggiare una politica di approvvigionamento decentrata e basata sull’acquisizione in loco dei beni necessari da parte delle singole unità militari, Northrop volle a tutti i costi sguinzagliare per il paese i suoi commissari e collaboratori per provvedere all’acquisto di enormi quantità di riserve di cibo, che però spesso finivano con il deperire nei magazzini e depositi o divenivano preda del nemico[34]. Alle volte, esigeva che un bene fosse reperito a centinaia di chilometri di distanza perché meno caro, invece che sul luogo ove era immediatamente disponibile e indispensabile, tradendo così una mentalità tipicamente burocratica: e qui probabilmente stava il vero difetto; Northrop, in fin dei conti, non aveva alcun élan militare, un mondo che da anni aveva abbandonato, anzitutto con lo spirito. Solo così si può comprendere la sua indifferenza per la sorte dei soldati che soffrivano la fame in prima linea: nessun comandante della Confederazione, per quanto incapace, avrebbe mai potuto voltarsi dall’altra parte.   

A fronte dell’inefficienza del sistema di distribuzione delle razioni, non restavano agli eserciti confederati che tre sistemi: impadronirsi delle risorse dell’esercito avversario, portare la guerra sul suolo nemico e quivi approvvigionarsi ovvero contare sulla generosità e sulla ricchezza del popolo del Sud, sia localmente, acquistando i prodotti di necessità, sia più lontano, a casa, dove si raccoglievano tutti i beni disponibili da inviare ai propri mariti, fidanzati, figli o genitori. Specialmente ricco era il bottino in caso di vittoria sul campo: si assisteva allora ad un vero e proprio saccheggio di armi, viveri, munizioni, scarpe e vestiti operato direttamente sui corpi dei caduti nemici[35]. Ciò che sembra agli occhi di un moderno osservatore una sorta di sciacallaggio, costituiva per i soldati in realtà una dura necessità imposta dalle circostanze. 

Tuttavia, alcune circostanze possono in parte assolvere l’operato del servizio di sussistenza. Oltre alla ben nota deficienza nella rete dei trasporti, l’approvazione della legge sulla requisizione forzata dei beni votata dal Congresso confederato nel marzo del 1863 esacerbò ulteriormente gli animi di agricoltori e commercianti, già colpiti dal rapido collasso della produzione dovuto alla guerra, rendendo più difficile la ricerca e l’acquisto del cibo per sfamare le truppe[36]. Per quanto fosse un passo in una certa misura necessario, esso si dimostrò, alla lunga, foriero più di svantaggi che di fortune: in effetti, grazie ai poteri straordinari loro forniti dalla legge, gli agenti addetti al reperimento dei beni cominciarono a calare a frotte su fattorie e su campi, reclamando gran quantità di prodotti e offrendo in cambio dei pagamenti o del tutto insufficienti (alle volte persino nella misura del 50% del valore di mercato) o con sorta di “pagherò” che divenivano di fatto carta straccia, a causa dell’inflazione galoppante e dei ritardi nella consegna del denaro. Ovviamente gli agricoltori e piccoli produttori non avendo altro mezzo di difesa, cominciarono a far sparire i prodotti per poi venderli a privati, come più sopra accennato. V’era poi chi addirittura si organizzava in vere e proprie bande per resistere con le armi, come accadde nel Tennessee, in Alabama o nell’Arkansas. Del tutto inaccessibili risultavano alcune zone montane a causa dell’ostilità nei confronti del governo[37].

Peraltro anche presso anche i comandi di reggimento, brigata, divisione o d’armata, sospetti, inefficienze o semplicemente la mancanza di esperienza contribuirono ad aggravare la situazione. A ciascuna unità, infatti, erano assegnati uno o più ufficiali alla sussistenza e alle facenti funzione di quartiermastro: a costoro spettava il compito di prendere nota delle necessità degli uomini e ordinare per via gerarchica il materiale e il cibo, per poi distribuirlo alle compagnie. Era un posto poco ambito, con scarse prospettive di avanzamento gerarchico e di fama militare, che veniva considerato e vissuto come una sorta di punizione da parte dell’ufficiale di grado superiore; la stragrande maggioranza degli uomini, poi, erano del tutto privi di ogni pregressa esperienza. Insomma i più si rivelarono incapaci anche perché senza motivazioni. Peraltro lo stato maggiore della sussistenza o del Quartermaster Bureau presso l’armata doveva corrispondere continuamente con l’ufficio centrale e quindi a quello sembravano fedele, con inevitabili sospetti di slealtà nei confronti del corpo a cui era stato assegnato. Circondanti da una pessima fama, continuamente accusati di appropriarsi dei beni, con il tempo si attirarono l’antipatia delle truppe e degli ufficiali di campo e di linea.      

Si deve infine sottolineare che corruzione e disonestà animavano molto del personale del   Governo e del Dipartimento della Sussistenza: pensato, da principio, come ufficio assai scarno con pochi uomini, era poi cresciuto a dismisura, fino a comprendere quasi un migliaio tra ufficiali, commissari e agenti.  Con il tempo esso fu oggetto di numerose inchieste condotte per far luce sui casi più eclatanti di corruzione.     

Sta di fatto che ben presto, Northrop, per quanto onesto e del tutto estraneo a questi episodi, divenne uno degli uomini più odiati del Sud: “una creatura eccentrica”, “l’irascibile” “l’incapace”, sono solo alcuni dei nomignoli affibbiatigli[38]. Non v’era ufficiale che non protestasse per l’inefficienza del Dipartimento; lo stesso Lee lo detestava: Charles Venable, suo Aide-de-Camp, definiva “tesa” la corrispondenza con il colonnello Northrop[39]. Quando si venne a sapere che costui aveva espresso l’opinione che i soldati dovevano abituarsi a mangiare meno carne, in tutto il Sud vi fu un’esplosione di indignazione e l’opinione pubblica lo accusò apertamente di voler trasformare gli uomini  in veri e propri vegetariani. A fronte del sempre maggior malcontento e della prospettiva di un voto del Congresso confederato sull’operato del Dipartimento della Sussistenza (e del Quartiermaster Bureau) con cui di fatto si sarebbero estromessi tutti gli ufficiali per inviarli al fronte, il 16 febbraio 1865 Davis si decise a sostituire Northrop con l’assai più capace generale di brigata Isaac Munroe St.John, già a capo dell’Ufficio dei Nitrati e delle Miniere.  Ancora una volta, tardi.

4- L’Ordnance Bureau.
Fortunatamente per la Confederazione, a dirigere la Direzione d’Artiglieria (Ordnance Bureau) che aveva il compito di fabbricare, acquistare o procurare le armi leggere e pesanti, oltre al relativo munizionamento e a far pervenire tutto il materiale al fronte distribuendolo tra i vari reparti, provvedendo anche alla relativa manutenzione, fu chiamato un uomo che avrebbe rivelato qualità davvero eccezionali, ossia il colonnello Josiah Gorgas più tardi promosso a generale di brigata[40]. Nato a Running Pumps in  Pennsylvania il 1° luglio del 1818, sin dagli anni  della frequentazione dell’Accademia militare di West Point si era dimostrato particolarmente dotato, classificandosi tra i primi nella classe del 1841 (era giunto sesto); immediatamente aveva scelto l’Ordinanza per il proseguimento della carriera e dopo un periodo trascorso presso arsenali e armerie nel continente nordamericano, aveva avuto modo di viaggiare in Europa per confrontarsi con le nuove tecnologie colà introdotte. Al ritorno aveva preso parte alla guerra messicana occupandosi del settore a lui caro e distinguendosi per perspicacia e abilità: ma qui aveva avuto modo di tradire la sua natura di uomo indipendente e retto, che mal tollerava di ricevere ordini ed essere affiancato da altri, venendo presto a contrasto con il Segretario alla Guerra, giocandosi così una sicura promozione. Dopo la parentesi messicana aveva soggiornato a lungo nel Mezzogiorno e allorquando si era trovato in servizio presso l’Arsenale di Mount Vernon in Alabama aveva conosciuto la futura moglie a cui si era devotamente legato, divenendo parte del suo mondo stesso: il Sud. Trasferitosi a Charleston sino al 1860, aveva quindi fatto ritorno nella sua terra natia dove lo aveva colto la notizia della caduta di Fort Sumter. Gorgas esitò a lungo tra passato e presente, ma poi si decise a optare per le sorti della Confederazione e l’8 aprile 1861 aveva accettato la nomina a maggiore nell’artiglieria confederata. Il generale P.G.T. Beauregard, che lo aveva conosciuto bene nel corso dell’avventura messicana, aveva caldamente consigliato a Jefferson Davis la sua nomina all’Ordinanza: sarebbe stata una scelta straordinariamente felice. Quella a cui venne destinato Gorgas era un’impresa titanica giacché nel Sud non esisteva neppure uno stabilimento per la fabbricazione di armi leggere come fucili o pistole, né, tanto meno, di armi pesanti come mortai, obici o cannoni. Pochi e minuti gli impianti per la produzione di munizioni.  

L’armamento della fanteria aveva conosciuto da pochi anni una straordinaria evoluzione tecnica dovuta all’introduzione su vasta scala delle armi rigate e del sistema a innesco per percussione. Per quanto i primi fucili rigati fossero già stati prodotti nella prima metà dell’800, restavano molte difficoltà nel caricamento, rendendo così l’arma di difficile impiego sul campo di battaglia. In particolare da anni ci si applicava alla ricerca di un sistema capace di adattare le munizioni alla rigatura della canna del fucile, giacché si sapeva che questa aumentava precisione, potenza e portata dell’arma, sino a quando, nel 1849, un capitano dell’Esercito Francese, Claude Etienne Minié aveva ideato un nuovo tipo di pallottola di piombo di forma cilindro-ogivale, con speciali seghettature intorno alla base che sotto la spinta del gas dilatavano la pallottola stessa, facendola scorrere con naturalezza nella canna. Si trattava di una scoperta destinata a mutare per sempre il volto della guerra. Prima dell’invenzione, con un fucile o moschetto ad anima liscia, un soldato poteva sparare ad un bersaglio posto a 100-150mt. di distanza anche per ore, senza colpirlo. L’introduzione della rigatura del fucile aumentava la gittata teorica sino a 700-800mt. e con una precisione assai superiore, rendendo il tiro efficace già mediamente ai 400-500mt.: anche se molti fattori resero l’impiego pratico dell’arma rigata meno rivoluzionario e devastante di quanto si pensi. Il sistema era poi stato perfezionato da James H. Burton, un inventore virginiano, il quale aveva operato alcune modifiche alla base della pallottola aumentandone ulteriormente l’efficacia. Ugualmente importante si era rivelata l’introduzione, poco meno di un decennio prima, di una piccola capsula di rame contenente fulminato di mercurio per l’innesco del fucile al posto dell’acciarino e della pietra focaia di retaggio napoleonico, che aveva semplificato notevolmente il sistema di caricamento e sparo: in pratica era sufficiente applicare una capsula di rame per ogni proiettile, far scattare il cane e ottenere così la detonazione.

L’Esercito degli Stati Uniti si era per tempo dotato delle nuove tecnologie grazie a Jefferson Davis, introducendo come modello tipo per la fanteria il fucile rigato Springfield modello 1855 calibro 58. Nel 1860 era stato ideato un nuovo modello di fucile, lo Springfield mod. 1860 cal.58, che, insieme alla versione migliorata mod. 1863 cal.58, costituirà l’armamento tipo dell’esercito unionista; si trattava di un’ottima arma ad avancarica dalle elevate prestazioni, con portata massima di tiro teorica intorno agli 800 mt., anche assai se lento da caricare: l’operazione richiedeva nove movimenti: la retrocarica era ancora di là da venire. Accanto a questi modelli, esistevano una gran quantità di tipi di fucile più antiquati che erano in possesso della milizia dei vari Stati; il maggior numero necessitava però di modifiche, dovendosi applicare un sistema di percussione al posto  dell’uso della pietra focaia o dell’acciarino per far sparare l’arma.

Tra di essi, una menzione per la discreta diffusione tra le fila confederate fino al 1863 meritano il moschetto ad avancarica mod. 1817 alterato a percussione cal. 69 ad anima liscia, il moschetto ad avancarica mod. 1842 alterato a percussione ad anima liscia cal. 69 (ma v’era pure una versione modificata con rigatura) e il fucile rigato ad avancarica mod. 1841 a percussione detto “Mississippi” cal. 54 assai lento da caricare ma più moderno; oltre a ciò v’era una gran congerie di modelli ancor più antiquati ad avancarica e anima liscia, spesso usati per la caccia dai contadini del Sud, del tutto primitivi, ma assai popolari tra la truppa[41]. Erano armi nella sostanza inefficaci a meno di venire utilizzate su masse compatte di uomini a distanza breve.   

Il modello Springfield, oltre ad essere da poco entrato in produzione e quindi diffuso solo tra i “regolari” federali, veniva fabbricato in un impianto che si trovava sotto il controllo unionista al momento della scoppio della guerra: a Springfield, appunto, nel Massachussets. Il modello 1855 era ancora in fabbricazione nell’arsenale di Harper’s Ferry in Virginia, anch’esso però occupato da truppe federali. Gorgas sembrava, dunque, nell’impossibilità di risolvere il problema di armare efficacemente il nascente esercito della confederazione. Sennonché con un audacissimo colpo di mano, i miliziani della Virginia riuscirono ad occupare Harper’s Ferry già nella sera del 18 aprile 1861 e a domare le fiamme che aveva appiccato il comandante della guarnigione federale, il tenente Roger Jones, prima di darsi alla fuga, nel tentativo di distruggere macchinari e armi per la loro produzione[42]. Gli impianti furono trasportati a Richmond e qui messi quasi tutti in stato da funzionare: il Virginia Armory divenne così la principale sede di produzione di un fucile rigato simile al modello 1855. In seguito la fabbricazione fu diversificata in altri tre diversi tipi basati sul disegno originale: uno di essi, però, veniva costruito come moschetto ad avancarica e anima liscia cal. 60. L’armeria avrebbe dovuto produrre 1.500 fucili al mese, ma non raggiunse mai i ritmi di fabbricazione sperati: un totale di circa 35.000 pezzi furono costruiti fino all’aprile del 1865; la qualità dell’arma non fu pari a quella dell’originale e tanto meno paragonabile alle prestazioni dello Springfield, avendo una portata utile di circa 400 metri; la diversificazione dei modelli poi si rivelò quanto mai sbagliata. Peraltro, all’inizio del 1862 parte del macchinario fu inviato in un altro impianto a Fayetteville, nel North Carolina, presso il vecchio arsenale, per aumentare la fabbricazione del modello 1855. La produzione contò alla fine 7.500 fucili, di qualità superiore a quella virginiana. Oltre a ciò molti piccoli complessi manifatturieri sparsi un po’ ovunque nel Mezzogiorno, costruiranno diversi tipi di armi di vario calibro e specie: ma si trattava,  in sostanza, di lavorazioni artigianali a mano, di quantità molto modesta a causa della mancanza di una manodopera specializzata e di dubbia qualità  per la scarsità di materie prime, tanté che per fabbricare la canna dell’arma spesso si ricorreva al bronzo, al posto del ferro[43]. Degna di una qualche nota fu la produzione di 1.900 carabine a retrocarica con colpo singolo copiate dal modello unionista Sharps nell’impianto S.C. Robinson a Richmond con macchinario proveniente dall’Inghilterra e destinate ad equipaggiare la cavalleria; altri 3.500 saranno poi fabbricate direttamente dal governo una volta acquisita la piccola fabbrica nel 1863[44]. Sebbene molto inferiori alle armi unioniste, si rivelarono utile ausilio ai cavalleggeri. 

Complessivamente lo sforzo produttivo confederato fu in grado di costruire e distribuire un numero assai limitato di armi: circa 75.000 fucili e 15.000 carabine[45]; in paragone, 1.470.000 fucili del solo modello Springfield saranno prodotti dal Settentrione nel medesimo periodo. In definitiva il governo confederato non solo non fu capace di produrre un numero di fucili sufficiente, ma finì con il creare solo confusione sui campi di battaglia a causa dell’incredibile diversità di modelli e calibri – e relativo munizionamento - distribuiti tra le truppe. Ancora una volta il carattere pre-industriale del Mezzogiorno emergeva, al pari della mancanza di una politica centralizzata efficace: e a ciò nulla seppe (o volle) opporre neppure Gorgas.

Se non si era in grado di fabbricare le armi, nell’immediatezza si poteva però contare sul materiale requisito all’Esercito Federale al momento dell’occupazione degli arsenali esistenti nel Mezzogiorno e sulle armi a disposizione delle unità della milizia statali, che erano state autorizzate con legge del 1808 a procurarsi cannoni e fucili. In realtà, questi ultimi si rivelarono un agglomerato di materiale quanto mai eterogeneo: per lo più moschetti ad anima lisci privi di sistema a percussione (e quindi da modificare) di ogni specie e calibro e pochi fucili a canna rigata. Nel complesso 14.954 fucili rigati (molti dei quali modificati su modelli originali ad anima liscia) e 98.844 moschetti ad anima liscia; la Virginia, in particolare, aveva un arsenale discretamente ricco disponendo di 51.370 moschetti e 1.020 fucili rigati; ma di fatto solo circa 85.000 di questi fucili, per quanto obsoleti, potevano trovare utilizzo[46]. Quanto alle installazioni militari federali il loro bottino risultò abbastanza deludente: circa 135.000 canne, la maggior parte fucili ad anima liscia già alterati e solo circa 15.000 rigati relativamente moderni[47]. Gli è che le armi fatte pervenire negli arsenali del Sud costituivano le partite con cui si pensava di armare le milizie: una specie di scarto, insomma. Tirando le somme circa 220.000 armi, di cui ben poche, però, moderne: e questo fu l’armamento principale degli eserciti confederati per tutto il 1861.

Fonte assai più cospicua con cui equipaggiare le truppe confederate di materiale moderno si sarebbe rivelata la cattura sul campo di battaglia delle armi abbandonate dal nemico o l’occupazione di depositi e arsenali federali nel corso della guerra. Sino al 1863, grazie alle vittorie conseguite dall’Armata della Virginia Settentrionale, si calcola che non meno di 150.000 ottimi fucili Enfield, Springfield mod. 1863, 1860 e 1855 siano stati catturati, andando così a sostituire mano a mano il materiale più obsoleto.

Infine il Governo confederato provvide ad acquistare all’estero un numero complessivamente elevato di fucili, provenienti specialmente dall’Inghilterra, tramite un  ufficio appositamente creato da Gorgas, il quale, con particolare acume, aveva preferito delegare il compito ad un gruppo di esperti civili e ufficiali: costoro poi provvidero ad acquisire o fabbricare un numero cospicuo di bastimenti che facessero la spola con l’isola britannica. In particolare, il governo di Sua Maestà produceva un ottimo modello di fucile rigato, l’Enfield mod. 1853 cal. 577 (e successive varianti) dalle prestazioni più elevate dello Springfield, avendo gittata utile teorica intorno ai 900 metri. Sebbene si sia spesso affermato che essi furono importati in quantità enormi, la documentazione ufficiale, sebbene incompleta, mostra come non più di 150.000 fucili di questo modello siano giunti nei porti del Sud a partire dalla metà del 1862.  Un numero imprecisato, ma probabilmente pari, poi fu ordinato dai governatori dei singoli Stati della Confederazione assai per tempo: già alla fine del 1861 i primi carichi giunsero per essere immediatamente requisiti dal Governo confederato. Oltre a ciò, dall’Inghilterra furono introdotte circa 6.500 carabine mod. 1856 cal. 57, 1.040 carabine mod. 1853, mod. 1858 e mod. 1860 cal. 577 per la cavalleria e altri 40.000 fucili e carabine più obsoleti di vario calibro e specie, la maggior parte dei quali moschetti ad anima liscia del mod. Brunswick 1837 cal. 70. Un tipo assai particolare di arma arrivata dall’isola britannica fu il fucile rigato mod. Whitworth cal. 57 equipaggiato con telescopio Davison che andò ad armare cecchini o i reparti speciali degli esploratori confederati (sharpshooters). Si trattava di fucili micidiali, capaci, se ben usati, di abbattere un uomo anche a distanza di 1.200-1.5000 metri; circa 500 esemplari riuscirono ad arrivare nel Mezzogiorno; di minor diffusione e qualità il fucile di precisione mod. Kerr’s cal.57 distribuito in 200 pezzi[48].

Anche altri paesi d’Europa furono interessati. Circa 90.000 fucili rigati ad avancarica mod. Lorenz cal. 54, balisticamente assai inferiori agli Enfield e ai Springfield e fabbricati in Austria, furono introdotti tra il febbraio 1863 e il gennaio 1864, andando a riequipaggiare soprattutto l’Armata del Tennessee. Infine una quantità più modesta di armi di fabbricazione belga e francese (4.000-5.000) giunse nei porti confederati, di cui almeno 1.500 fucili rigati ad avancarica mod. Liège cal. 70 e 1.000 copie belghe dei fucili rigati del modello di ordinanza dell’esercito francese mod. 1859 cal. 58: entrambi i tipi, però, dalle prestazioni decisamente esecrabili[49]. Globalmente, quindi, circa 400.000-450.000 fucili e carabine, di cui solo 300.000 realmente moderni: siamo ben lontani, dunque dalla cifra di 600.000 canne fornita da Raimondo Luraghi. Il Nord, nel corso dei soli primi due anni  guerra civile americana importò 1.165.000 armi individuali dall’Europa, di cui 436.000 Enfield e 250.000 Lorenz. 

In conclusione, allo scoppio della guerra, la maggior parte dei soldati risultava armato con fucili rigati antiquati o con moschetti ad anima liscia del tutto obsoleti. La distribuzione su vasta scala alle truppe di armi rigate più moderne sarebbe cominciata solo verso la metà del 1862 e l’alterazione dei modelli più primitivi a pietra focaia o acciarino avrebbe prodotto qualche risultato nello stesso periodo. Nella battaglia di Shiloh (aprile 1862), ad esempio, il 53% dei soldati disponeva ancora di moschetti ad anima liscia[50].  Nel complesso, in massima parte grazie alle vittorie sui campi di battaglia e all’importazione di modelli dall’estero, solo nella primavera del 1864 gli eserciti confederati furono completamente ed ottimamente equipaggiati, mantenendo tale standard sino alla fine del conflitto: ma l’Armata della Virginia Settentrionale già verso la primavera- estate del 1863[51]. A tal proposito, si è spesso affermato che l’Armata del Tennessee abbia disposto di materiale inferiore rispetto all’esercito di Lee. E questo è certamente vero: occorre però dire che ciò non fu dovuto ad una precisa scelta dello Stato Maggiore generale confederato; la circostanza, piuttosto, può farsi discendere dalle straordinarie vittorie ottenute sul fronte orientale da parte della del grande condottiero virginiano. Nella sola cattura dell’Arsenale federale di Harpers’s Ferry nel settembre 1862, ad esempio, i confederati si impadronirono di oltre 13.000 fucili.     

Tale svantaggio fu solo in parte bilanciato dall’analoga impreparazione della sezione unionista che all’apertura delle ostilità disponeva di armi moderne in numero più ampio, ma ancora insufficiente; tuttavia i settentrionali, grazie allo sforzo industriale e al dominio dei mari seppero provvedere con una certa celerità ad equipaggiare i loro reparti: verso la metà del 1862 la distribuzione di moderni fucili rigati era stata pressocché completata[52].

Per la cavalleria, l’armamento consistette in pistoloni ad avancarica e colpo singolo, revolvers automatici (armi che equipaggiavano anche gli ufficiali della fanteria), carabine a retrocarica o avancarica e colpo singolo, tutte armi facilmente utilizzabili sparando a cavallo ovvero moschetti ad anima liscia (che si caricavano con maggiore facilità rispetto ai fucili rigati) allorquando si trattava di combattere a piedi, oltre alle armi bianche per il corpo a corpo, come le sciabole. Le armi più efficaci e moderne, come revolvers e carabine a retrocarica, però si producevano anch’esse solo al Nord. Come già visto, per le carabine si ovviò in parte producendone un’imitazione ovvero importandole dall’Inghilterra o infine impadronendosene dal nemico. Senza voler tediare il lettore con una lunga disquisizione tecnica sui vari tipi di revolvers e pistole, sarà sufficiente dire che si provvide ad avviare la loro fabbricazione basandosi principalmente sui modelli originali in uso presso l’Esercito Federale, privilegiando l’imitazione del revolver Colt Navy mod. 1851 cal. 36 oltre a qualche limitato quantitativo di antiquate pistole mod. 1842 cal. 54 ad avancarica o pistoloni mod. 1841 cal. 58. In tutto la produzione raggiunse i 9.000 pezzi circa[53]; oltre a ciò si ricorse, come di consueto, alla cattura del materiale bellico avversario. Mentre all’inizio delle ostilità il divario fra cavalleria sudista e nordista in armamento era compensato dalle tattiche e dall’abilità dei cavalleggeri meridionali, di talché essi non ebbero praticamente rivali, con il tempo esso si acuì per divenire assai sensibile nel periodo 1864-65, anche grazie all’introduzione dei primi modelli di carabina Spencer a ripetizione da parte settentrionale (seppure non in quantità così estesa come vorrebbero far credere alcuni studiosi) e al progressivo esaurimento delle scorte di armi in possesso dei sudisti.

La tecnologia dell’arma rigata era stata presto estesa anche ai cannoni, che avevano raggiunto precisione, gittata e potenza sino a pochi anni prima inimmaginabili[54]. Accanto a questi, gli eserciti della metà dell’ottocento avevano mantenuto una certa proporzione di cannoni ad anima liscia, assai più efficaci a breve distanza e dal ritmo di sparo più veloce (ma meno precisi e con gittata più limitata dei pezzi rigati), come avrebbe dimostrato proprio la guerra civile americana che vide entrambi gli eserciti schierare ancora una notevole quantità di armi di questo tipo (gli unionisti in una percentuale del 40% e i sudisti in quella del 50%, grosso modo). V’erano poi gli obici (detti anche howitzer) e i mortai che esplodevano colpi con parabola ad arco, più leggeri e maneggiabili sul campo rispetto ai cannoni e che offrivano il vantaggio di poter colpire obiettivi coperti o posti dietro ostacoli, ma avevano una portata assai inferiore.

I modelli rigati in uso presso l’Esercito degli Stati Uniti d’America allo scoppio delle ostilità, erano il cannone in ferro fucinato da tre pollici (3-inch Ordnance) e quello da 10 libbre modello Parrott, in ghisa rinforzata attorno alla culatta da una fascia di ferro. Entrambi ad avancarica, calibrati 76,2 mm, con gittata utile teorica di 4 km. circa, si rivelarono ottime armi e furono i più diffusi (sub specie di copie prodotte nel Meridione, anche se di qualità inferiore, e di prede belliche, particolarmente il tipo da tre pollici) anche presso l’esercito confederato. Quest’ultimo si dotò con il tempo anche di un pezzo di propria produzione, il modello Brooke (dal nome del suo inventore, il geniale Capitano di fregata  Johh Mercer Brooke, ufficiale di marina poi posto a capo della Direzione generale Armi, armamenti navali e Ideografia) che era, di fatto, un’imitazione semplificata del modello Parrott, con prestazioni però inferiori. Poco utilizzati presso i meridionali, per quanto fossero assai precisi, invece, furono i cannoni rigati più pesanti, come il Parrott da 20 e 30 libbre: oltre alle difficoltà di trasporto, essi presentavano numerosi problemi tecnici e il modello da 30 libbre aveva la tendenza ad implodere dopo un prolungato utilizzo. Eccezion fatta per i primi mesi guerra, rarissimi nelle batterie confederate, poi, erano i cannoni unionisti rigati James (in ferro o bronzo) da 12 libbre: si trattava di cannoni originariamente ad anima liscia da 6 libbre riconvertiti alla tecnologia rigata, che si rivelarono poco affidabili.

Per ciò che concerne i pezzi ad anima liscia, la Confederazione, priva di una propria produzione che era stata concentrata nel Nord del paese prima dello scoppio delle ostilità, nel primo periodo di guerra si orientò sull’utilizzo dei cannoni disponibili, ossia i vecchi modelli del 1841, già utilizzati nel corso della guerra messicana. Si trattava di pezzi alquanto obsoleti, prodotti nei due tipi da 6 e 12 libbre con canna in bronzo ( esisteva però una versione del pezzo da 6 libbre prodotta al Sud anche con la canna in ferro), con portata utile di circa 1.100 mt e 1.300 mt. rispettivamente. Oltre a ciò, discreta diffusione tra le fila confederate, a differenza dell’esercito unionista, trovarono l’obice da campo da 12 libbre, l’obice leggero da montagna someggiabile da 12 libbre (entrambi con portata di 800mt.) e l’obice pesante da 24 libbre (1.100 mt. di gittata), tutti risalenti al 1841. Il cannone-obice ad anima liscia di più recente produzione e dalle elevate capacità tecnico-balistiche (calibro da 116 mm, quasi 1,5 km. di gittata, estremamente maneggevole, robusto e affidabile con un caricamento assai veloce), ossia il modello 1857 da 12 libbre in bronzo comunemente denominato “Napoleone” (da Napoleone III°, all’epoca imperatore della Francia, poiché in tutto e per tutto simile al pezzo in uso presso l’esercito francese in quel periodo, avendo ottenuto l’Esercito degli Stati Uniti d’America la licenza per fabbricarlo)  e che era il tipo standard nell’esercito federale, entrerà in servizio più tardi, per divenire il nucleo dell’artiglieria dell’Armata della Virginia Settentrionale, in quanto specialmente apprezzato dal Generale Lee[55]

 Infine l’esercito sudista poté contare su un certo numero di cannoni importati dall’Inghilterra quali, il Blakely, l’Armstrong  e il Whithwort. Quest’ultimo in particolare, era un modello assai all’avanguardia, poiché, unico esempio all’epoca, applicava la tecnologia della retrocarica ed era precisissimo, potendo colpire un singolo oggetto anche a grande distanza; sebbene fornito in diversi calibri (il più comune era quello da 12 libbre dall’incredibile gittata di 8 km) e modelli (alcuni ancora ad avancarica) non riuscì a giungere in quantità tali da poter pareggiare la superiorità unionista nel campo dei pezzi rigati; peraltro i primitivi sistemi di puntamento in uso all’epoca, rendevano poi in pratica inutile il vantaggio offerto dall’eccezionale gettata, mentre il caricamento si rivelò molto complicato e occorreva un particolare addestramento. Più diffuso era il Blakely rigato da 12 libbre di buone prestazioni e grande precisione: a suo svantaggio, l’enorme rinculo di ben dieci metri, causato con ogni probabilità dalla leggerezza dell’affusto rispetto al calibro. L’Armstrong da tre pollici rigato, conobbe un impiego assai meno esteso. In definitiva, per quanto i modelli inglesi si rivelassero superiori a quelli in uso nel Nuovo Continente, il numero assai limitato di cannoni complessivamente importato, la mancanza di pezzi di ricambio e la scarsità del munizionamento disponibile fecero sì che il loro apporto alla causa sudista si rivelasse piuttosto modesto[56].

Fin qui l’artiglieria da campo. Per quella pesante, impiegata in assedi o a difesa di forti e arsenali, ci si orientò specialmente sui modelli catturati al nemico: in particolare il Dahlgren rigato da 9 e 11 pollici, i modelli rigati da 24, 32 e 42 libbre o quelli ad anima liscia Rodman da 8 e 10 pollici, i cannoni rigati Brooke da 7, 8 o 11 pollici (prodotti però esclusivamente nel meridione) oltre a “Columbiadi” da 8 e 10 pollici e altri mortai e obici di vario peso e calibro.

Se allo scoppio delle ostilità il Sud non era in grado di fabbricare armi leggere per la fanteria, come visto, ancor più problematica era la produzione delle armi pesanti. Nel Mezzogiorno esistevano complessivamente 39 altiforni che potevano produrre circa 37.000 t. di pani di ghisa: nel Nord, gli impianti ne potevano sfornare circa 950.000 tonnellate; peraltro essendo la produzione massimamente concentrata nel Tennessee – stato che cadde ben presto in mano unionista – non si poté neppure contare su quella. Né meglio andavano le cose per ciò che concerne la produzione del ferro forgiato e dell’acciaio. Nel Sud si raggiungeva a malapena le 26.000 t. annue; nel Nord superava abbondantemente le 450.000 t.; e pure in questo caso di dovette far fronte alla perdita degli impianti situati nel Tennessee, anche se la maggior produttrice era la Virginia.[57]

Peraltro nella Confederazione esistevano solo due fonderie di cannoni in grado di  produrre pezzi d’artiglieria, come vedremo d’appresso: ma prima che la produzione desse i primi risultati occorreva far conto su ciò che era immediatamente disponibile.

Pertanto per equipaggiare le proprie forze la Confederazione dovette, da principio, far ricorso al materiale a disposizione della Milizia o catturato negli arsenali e forti federali posti all’interno del territorio sudista. Quanto al primo, a parte la Virginia che aveva acquistato 13 ottimi cannoni da 3 pollici rigati, si trattava di pezzi obsoleti, per lo più del modello 1841 da 6 libbre e l’obice  modello 1841 da 12 libbre: in tutto circa 400 pezzi con cui equipaggiare le batterie da campo; di questi, 296 si trovavano in mano allo stato della Virginia e divennero il fulcro dell’artiglieria su quel fronte impiegata nel 1861[58]. La requisizione più importante si rivelò quella compiuta il 21 aprile 1861 nell’arsenale navale federale di Norfolk, in Virginia: ben 1.195 pezzi di artiglieria pesante di vario calibro con cui la Confederazione, una volta dotati i pezzi del supporto, poté in larga misura ovviare al problema di munire le batterie costali e i principali forti di un’adeguata difesa, per quanto non tutto il materiale catturato fosse moderno[59].

 In totale si calcola che allo scoppio delle ostilità, il Sud disponesse di circa 2.000 pezzi dei più diversi tipi e calibri: i più, però, obsoleti o per la difesa fissa[60].

Se si voleva competere con il nemico (il quale, per vero, non fu sostanzialmente meglio armato nei primissimi mesi di guerra) ben altro occorreva: fu così che la Confederazione diede avvio alla produzione di cannoni interamente fabbricati tra le mura domestiche.

Nel Sud esisteva, in effetti, una fabbrica specializzata nella costruzione e assemblaggio di cannoni che poteva rivaleggiare con quelle nordiste: la Tredegar Iron Works di Richmond. Grazie all’abilità e intelligenza del suo proprietario, Joseph Reid Anderson, essa riuscì per cinque anni ad equipaggiare, praticamente sola, le forze confederate: in totale 1.099 pezzi artiglieria di ogni tipo e calibro furono sfornati sino al 1 marzo 1865, data di cessazione della produzione[61]. Nel Nord solo la fonderia R.P.Parrott a Cold Spring poté superare quantitativamente la sua opera.

Oltre alla Tradegar, ma di più modeste proporzioni, v’era un’altra fonderia specializzata, la Bellona Foundry, posta a circa 20 km da Richmond, sul fiume James, di proprietà di Junius Archer, che assemblerà 135 cannoni pesanti.

Ma non bastava. Altre fabbriche, poste direttamente sotto il controllo governativo, sorsero: presso l’Arsenale di Augusta (Geo.) saranno 130 i pezzi fabbricati, con ogni probabilità tutti del modello Napoleone; a Columbus (Geo.) la requisita Columbus Iron Works, assicurò circa 80 Napoleone e una manciata di cannoni pesanti; nell’Arsenale di Macon (Geo.) l’acquisizione della Findlay Iron Works fruttò 56 Napoleone e 18 Parrott da 10 e 20 libbre; in quello  di Charleston (S.C.) una trentina di Napoleone. Nella Salma Naval Gun Foundry di Selma (Ala.) fu invece concentrata l’assemblaggio delle artiglierie navali e più pesanti: 155 in tutto di cui almeno un terzo destinate alla marina[62].

La fabbricazione venne, con il tempo, anche distribuita presso compagnie private: ma le loro modeste proporzioni, oltre all’arrivo delle truppe federali, impedirono una produzione significativa; al tirar delle somme, si calcola che circa 300 pezzi siano stati complessivamente completati, alcuni di eccellente qualità come quelli fabbricati dalla T.M. Brennan & Co. di Nashville (Tenn.) o dalla  Quinby & Robinson a Memphis (Tenn.): ma i più, occorre dirlo, di valore scadente.[63]

Sino alla data di cessazione delle ostilità, l’industria sudista riuscì a sfornare circa 2.100 nuovi pezzi di artiglieria. Poco a fronte dei 12.400 forniti dai settentrionali, ma un risultato per certi versi impensabile sul piano quantitativo date le basi di partenza allo scoppio delle ostilità; e tuttavia la qualità dei pezzi fu sempre sensibilmente inferiore a quella fornita dalle fabbriche settentrionali alle proprie truppe. Gli è che per un verso la penuria di ferro era così grave da impedire la fabbricazione di armi rigate, sicché molto spesso le compagnie private, avidamente, ricorsero a soluzioni del tutto inefficaci pur di mantenere la produzione, come l’impiego della malta come additivo o tappabuchi; dall’altra la carenza di rame, costrinse gli impianti a procedere alla fusione delle canne dei cannoni di bronzo più obsoleti per poi amalgamarne la colata: procedimento che tuttavia non sempre si rivelò efficace, data la mancanza di omogeneità nel materiale. La scarsità di mano d’opera specializzata, infine, provocò grandi problemi. Già nel gennaio del 1862 il Segretario alla guerra Benjamin scriveva lamentando che i pezzi prodotti si erano rivelati così difettosi da provocare più vittime tra i confederati che ai nemici[64]. Il generale Daniel Harvey Hill osservava nell’aprile del 1862 come “il metallo con il quale sono costruiti i nuovi cannoni è della specie più inconsistente e fragile e la fusione risulta veramente pessima[65]. Specialmente penalizzata risultò l’Armata del Tennessee che non poteva disporre di pezzi catturati al nemico in buona quantità[66]. In definitiva, la produzione sudista non raggiunse mai gli standards qualitativi di quella unionista.

La terza fonte da cui attingere l’artiglieria, era l’importazione dei modernissimi modelli dall’Inghilterra: ma, come detto, si rivelò un contributo quasi esiziale.

Più importante soluzione si dimostrò invece la cattura dei pezzi nemici, specie sul fronte virginiano: anzi si può bene dire che fu proprio grazie alle brillanti vittorie di Lee se l’Armata della Virginia Settentrionale poté competere, su quel fronte, con le truppe unioniste. Il problema è che per quanto la Tredegar Iron Works (e in misura minore le altre fabbriche meridionali, che però, nella media, non potevano fornire cannoni di pari  qualità) fosse, teoricamente, in grado di sfornare un adeguato numero di pezzi, essa doveva far fronte ad una diversificazione della produzione (corazze, parti di navi, materiale ferroviario) e all’impellente necessità di fabbricare artiglieria pesante per le batterie e i forti, che le impedirono, sino all’inizio del 1862, di concentrare la produzione sulle bocche da fuoco da campo. A ciò si aggiunga che il processo di lavorazione doveva essere interrotto e ripreso continuamente  a causa della mancanza di materie prime unita all’endemica incapacità di trasporto delle stesse dai punti di raccolta più lontani alla fabbrica per concludere che, paradossalmente, le armate confederate, nel primo periodo della guerra dovettero dipendere più dalla capacità produttiva del Nord, sub specie di cattura dell’ottimo materiale bellico di cui dispose l’Unione a far data dai primi mesi del 1862, che da quella dell’industria sudista[67]

Di fatto, sino al 30 giugno 1863 l’Armata di Lee riuscirà a catturare quasi 180 pezzi d’artiglieria unionista, di cui  119 della più moderna tipologia (Napoleone, Parrott da 10 libbre e i 3 pollici rigati d’ordinanza). Peraltro la diversificazione della produzione, lasciata in mano alle industrie private senza che si operasse di fatto alcun controllo o programma,  l’importazione di numerosi modelli diversi tra loro dall’estero, e l’impiego di armi obsolete accanto ai nuovi modelli federali produssero una un’enorme confusione a livello di singole batterie a cui i pezzi venivano distribuiti: alcune contavano anche tre modelli diversi, alcuni ad anima liscia altri rigati, con tutti i problemi che ne derivavano.

Altra questione che si dimostrò di difficile soluzione fu quella del munizionamento.

L’artiglieria dell’epoca ne sparava quattro tipi, da impiegarsi a seconda della distanza o dello schieramento assunto dai nemici.

Particolarmente efficace contro edifici o truppe in formazione serrata che si trovassero a lunga distanza era la palla solida costituita da una palla di ferro di peso variabile, in media circa 5 kg.: di forma conica allungata se sparata da cannoni rigati, ovvero sferica se esplosa da pezzi ad anima liscia; grazie alla forza cinetica sviluppata dal peso del proietto, essa era in grado di abbattere ostacoli anche a grande distanza e veniva impiegata per snidare soldati nei boschi o al riparo ovvero su formazioni in colonna compatta o, infine, sui fianchi su cui poteva avere effetti terribili: non pochi soldati sperimentarono con la perdita di una arto cosa significasse tentare di bloccare la corsa del proiettile anche allorquando esso sembrava procedere assai lentamente. Sebbene diffusi in ambo gli eserciti, questo tipo di proiettili trovarono più largo impiego nell’esercito confederato[68].

Il secondo tipo di munizione standard era costituita dal proiettile esplodente; l’esplosione avveniva per contatto al suolo (ossia, per percussione) ovvero era regolata a tempo dall’artigliere: la combustione più o meno lenta della polvere all’interno della spoletta determinava il momento e, conseguentemente, la distanza dell’esplosione.

Il proiettile esplodente si suddivideva in due diverse categorie: la palla esplodente e la granata detta anche shrapnel, dal nome del suo inventore, il colonnello britannico Henry Shrapnel.

La prima, che trovava uso più limitato, era formata da un involucro di ferro sferico contenente al suo interno una carica esplodente che al momento di detonare frantumava la palla in pochi segmenti: di consueto non più di sei. I frammenti acquistando ulteriore velocità al momento della deflagrazione facevano strage nell’arco coperto; tuttavia, il fatto che la palla esplodente si dividesse in un numero limitato di spezzoni rendeva in pratica poco efficace il tiro sul nemico, a meno che esso non fosse raccolto in formazioni particolarmente dense o posto al riparo in case, boschi o dietro palizzate: in realtà la palla esplodente, producendo molto trambusto e un gran bagliore al momento della deflagrazione, possedeva un’efficacia più psicologica che reale su uomini e animali in campo aperto. Il suo impiego perciò era prevalentemente indirizzato verso edifici e per il tiro di controbatteria, applicazione in cui si dimostrò micidiale.

La granata era di diversa forma se sparata da cannoni rigati o artiglieria ad anima liscia. Nel primo caso essa era di configurazione conica; nel secondo di  forma sferica. Quale che fosse il tipo utilizzato, la granata consisteva di un involucro di ferro cavo contenente un numero assai elevato di frammenti, anch’essi in ferro, di vario peso o forma (nel pezzo da 12 libbre ad anima liscia se ne contavano ben 78) ovvero da proiettili per moschetto che al momento dell’esplosione della granata, scagliati in ogni direzione, provocavano effetti devastanti sulle truppe nemiche. Si trattava di un’arma terribile se impiegata contro truppe schierate.

Infine v’era il cartoccio a mitraglia (che trovava impiego più sovente dai pezzi ad anima liscia) che  consisteva di un cilindro di metallo dallo spessore assai sottile riempito di palle da moschetto (circa 200) che veniva esploso contro le truppe che caricavano o serravano da vicino: all’atto della deflagrazione il cartoccio si rompeva lanciando il mortale carico tutto intorno: e spesso venivano caricate anche due (e persino tre) cariche di mitraglia alla volta, moltiplicando così le conseguenze letali sulle truppe avanzanti. Peraltro a causa della portata limitata (circa 200-400 metri a seconda del diverso calibro) l’impiego del cartoccio era circoscritto a forze nemiche che si trovassero assai da presso ai pezzi d’artiglieria.

Per la fabbricazione del diverso munizionamento, oltre ai problemi posti dalla mancanza di adeguati materiali, di impianti e di manodopera specializzata, il Sud si doveva confrontare con l’inesistenza di modelli di riferimento e disegni originali, poiché la tecnologia dei proiettili d’artiglieria aveva, sino ad allora, trovato solo nel Nord fertile terra per lo sviluppo. I proiettili esplodenti federali del tipo Hotchkiss, James, Parrott, Shenckl o Amsterdam non trovavano adeguata corrispondenza nel Sud: si trattava ancora una volta di partire dal nulla. La risposta confederata fu assai semplice: se nel campo della tecnologia delle munizioni per l’artiglieria a canna liscia si adottarono, sic et simpliciter, i modelli unionisti, in quella per i proiettili esplodenti si batterono strade in parte originali e superiori ai modelli settentrionali, come la creazione del proiettile poligonale Mallet che offriva una migliore frammentazione del proietto, o quello conico creato negli arsenali di New Orleans e Selma; altre volte (le più sventuratamente) le creazioni sudiste non furono all’altezza dei corrispondenti federali, sicché il riscontro sul campo di battaglia nel complesso fu mediamente e gravemente insufficiente. Se infatti la qualità era modesta, irrisolvibile era il problema della quantità del munizionamento che fu sempre assai inferiore rispetto a quello di cui potevano disporre gli unionisti. Subito dopo la guerra l’abile generale Edward Porter Alexander, capo dell’artiglieria del I° Corpo dell’Armata della Virginia Settentrionale, osservò come “le limitate risorse della Confederazione, la scarsità di manodopera specializzata e impianti e l’enorme consumo mantennero sempre scarsa la fornitura di munizioni” anche “nei periodi di intervallo tra le campagne” rendendo impossibile l’addestramento e sino al punto di dover escludere l’uso del tiro di controbatteria dovendosi riservare il munizionamento solo per la fanteria nemica[69].

Laddove poi la tecnologia meridionale si dimostrò del tutto carente fu nel campo delle spolette e delle micce; qui la mancanza di buone materie prime (quelle cioè che componevano le polveri da sparo) e di un’adeguata manodopera specializzata, si fecero sentire con particolare peso, provocando spesso la combustione (e l’esplosione) delle munizioni in anticipo o in ritardo o, peggio ancora e più frequentemente, nessun effetto, lasciando il proiettile inesploso. 

Gli è che la scienza tecnica militare muoveva allora i primi passi nel campo del munizionamento a percussione e l’ottima spoletta Girardy, sviluppata sul finire della guerra dai confederati, non fu mai distribuita in modo massiccio, sicché il suo uso fu assai limitato. Le spolette a tempo Bormann, impiegate dai meridionali per le munizioni esplodenti per artiglieria ad anima liscia si rilevarono deficitarie a tal punto che circa i 4/5 dei proiettili detonavano in largo anticipo (alle volte persino all’interno della canna del cannone, ma più sovente in territorio franco o sopra la fanteria amica avanzante): solo dopo l’estate del 1863 un rimedio (assai primitivo) fu trovato e il problema risolto, ricorrendo alle micce a tempo di materiale cartaceo[70]. Peggiore era la situazione del munizionamento per artiglieria rigata, campo ove non si raggiunse mai una soluzione soddisfacente. Dapprima la Confederazione si orientò sui proiettili Burton e Archer: ma questi si mostrarono totalmente inefficaci per il tiro a lunga gittata; successivamente si tentò di introdurre il munizionamento Mullane (o Tennessee) che rivelò, però, anch’esso, numerosi problemi. Varie soluzioni tecniche, come l’uso della più primitiva spoletta a combustione McAvoy risolsero parzialmente il problema, senza tuttavia che si addivenisse mai ad una risposta soddisfacente.[71]  Il 3 luglio del 1863, in un oscuro paesino della Pennsylvania, chiamato Gettysburg, si sarebbe avuta la tragica riprova di tutte queste problematiche.

Quanto alla produzione di munizioni, sia per le armi pesanti che per quelle leggere, nel Sud esistevano ben pochi impianti per la loro fabbricazione, distribuiti negli arsenali di Baton Rouge (Lou.), Mount Vernon (Ala.), Charleston (South Ca.), Augusta (Geo.), Little Rock (Ark.), Fayetteville (North Ca.) e Richmond tutti handicappati però dalla mancanza di scorte di polvere da sparo e dall’impossibilità di fabbricare proiettili per l’artiglieria. Solo a New Orleans, nella Louisiana, e in poche altre località esistevano piccoli centri per la produzione della polvere da sparo. A ciò si aggiungeva un’endemica scarsità di fonti minerali per l’estrazione del piombo propria del Mezzogiorno: modesti impianti erano presenti nel Tennessee, nell’Arkansas, nel North Carolina e nella Virginia.

La questione doveva dunque risolversi su tre fronti contemporaneamente: procurarsi la materia prima per le munizioni, fabbricare proiettili e pallottole e produrre la necessaria quantità di polvere da sparo. Era un’impresa quasi disperata, considerate le condizioni di partenza. Gorgas dapprima provvide ad affidare il reperimento delle materie prime minerali come salnitro, ferro, piombo, rame, ghisa, carbone, zolfo e zinco ai suoi collaboratori; poi con l’aumentare delle difficoltà e necessità si decise a creare un apposito ramo dell’Ordinanza, affidato al Corpo per i Nitrati degli Stati Confederati (Confederate States Niter Corps) istituito l’11 aprile 1862. Compito del Corpo consistette nel reperimento dapprima del solo  salnitro, un minerale che era parte essenziale per la produzione di polvere da sparo, componendola per il 75%. A dirigerlo fu chiamato l’abilissimo capitano Isaac Munroe St. John, un ex-ingegnere civile[72]; nativo della Georgia, fanciullo aveva seguito la famiglia quando essa si era trasferita a New York. Dopo essersi laureato in legge ad Harvard, aveva presto abbandonato l’avvocatura per dedicarsi all’ingegneria nel Settentrione: ma allo scoppio del conflitto raggiunse immediatamente la madrepatria per fornirle il proprio sostegno, arruolandosi senza indugio come semplice soldato. Spedito sulla Penisola virginiana era poi entrato a far parte, come capo ingegnere, dello stato maggiore del generale di brigata John Bankhead Magruder, il quale ne aveva apprezzato a tal punto le sue capacità da scrivere che “i suoi servigi non hanno prezzo. La sua energia e abilità superano ogni altra che io abbia mai visto[73]. Già i tratti volitivi ed energici, conservatici nelle due uniche foto del periodo di guerra note, tradiscono la forza di carattere di questo impareggiabile ufficiale. Più tardi, anche in considerazione dell’eccezionale lavoro, a St. John fu affidata pure l’opera di ricerca ed estrazione dei minerali tutti: il Corpo per i Nitrati fu così trasformato in una branchia autonoma dell’Ordinanza , l’Ufficio dei Nitrati e delle Miniere (Niter and Mining Bureau) con atto del Congresso confederato dell’aprile del 1863. L’intera confederazione fu divisa in 14 distretti per la raccolta del salnitro. Questo si poteva importare, estrarre dalle miniere, raccogliere dalle formazioni createsi sotto i vecchi edifici nonché produrre artificialmente combinando vari elementi chimici e naturali: e una trentina di laboratori furono aperti un po’ ovunque. La produzione fino al settembre 1864 aveva raggiunto la stupefacente cifra - per chi consideri le basi – di 787.931 kg:  e quasi altrettante ne erano state importate.

Il rame, elemento indispensabile per la fabbricazione del sistema di percussione di fucili, dei cannoni e delle canne in bronzo degli stessi, fu reperito nelle cave intorno a Ducktown nel Tennessee con una produzione complessiva di 351.534 kg. Quando queste caddero in mano alle truppe unioniste, ingegnosamente St. John fece sequestrare le distillerie di whisky, clandestine o meno, che erano diffuse ovunque, assai ricche di manufatti in rame. Le miniere di piombo di Wytheville in Virginia (principale e strategico centro primario di reperimento) e Silver Hill nel North Carolina estrassero sino all’autunno del 1864 2.508.079 libbre del prezioso elemento; 897.815 furono estratte nell’Arkansas; 1.368.125 libbre importate[74]. Quando le scorte si esaurirono si ricorse persino al piombo dei pesi posto alle finestre delle abitazioni. Altre quantità furono recuperate dalla raccolta delle munizioni esplose sul campo di battaglia e poi inviate per la fusione nei laboratori specializzati. Quanto al ferro, esso era particolarmente importante per la fabbricazione delle armi, materiale ferroviario e strumenti per l’agricoltura: ma le rocce e le cave del Sud ne erano povere; ciò nondimeno al settembre 1864 St. John poteva dire di averne raccolto 25.354 tonnellate. Zinco e acido solforico vennero prodotti a Petersburg e a Charlotte, North Carolina nella misura di 4.000 libbre al mese. Nel complesso fu uno sforzo immane che garantì materie prime a sufficienza, eccezion fatta per il ferro, di cui però il Mezzogiorno era naturalmente scarso; acutamente (ma tardivamente) il Congresso confederato promosse St. John al grado di generale di brigata e lo trasferì al posto dell’incapace colonnello Northrop al Dipartimento per la Sussistenza nel 1865.

Garantite le componenti principali, rimaneva il problema della produzione del munizionamento e delle polveri. Le scorte presenti nei depositi erano insufficienti qualora la guerra fosse durata a lungo: in tutto un milione scarso di proiettili di vario calibro per le armi leggere[75]. Era dunque della massima urgenza avviarne la produzione; Gorgas grazie alla conoscenza maturata prima della guerra di arsenali e armerie dislocate nel Mezzogiorno, provvide con occhio sicuro ad individuare i luoghi migliori ove impiantare la fabbricazione in massa di proietti per fucili, pistole e cannoni. Scelse così di far sorgere impianti ad Augusta, Macon, Atlanta e Columbus in Georgia, a Richmond, a Selma in Alabama, Charleston, South Carolina, Columbus nel Mississippi. Erano siti strategici, accuratamente scelti in base all’estensione e capacità della rete ferroviaria periferica e alla vicinanza con laboratori o centri di produzione delle polveri da sparo: a Macon era stato impiantata la Centrale per i Laboratori chimici degli Stati Confederati (affidata al capace ingegno del capitano John William Mallett, forse la mente più brillante dell’intero Dipartimento dell’Ordinanza confederato), ad Augusta fu eretto l’impianto principale  produzione di polveri. La produzione fu avviata e tra il 1862 e il 1863 raggiunse la cifra di 170.000 munizioni giornaliere, circa 3.000.000 al mese. Ma non bastava: occorreva anche che la fabbricazione delle polveri fosse iniziata quanto prima, non disponendone il Sud che di circa 60.000 libbre reperite negli arsenali e depositi caduti in sua mano. Come già per i nitrati, fu decisa la costituzione di una sezione semiautonoma del Dipartimento dell’Ordinanza, l’Ufficio per le Polveri (Powder Works Bureau): incaricato di dirigerla il maggiore (più tardi promosso a colonnello) George Washington Rains, altra eccezionale personalità dello Stato Maggiore confederato[76].

Nativo del North Carolina, brillante cadetto di West Point ove si era licenziato tra i primi della classe del 1842 (terzo su cinquantasei), era stato immediatamente assegnato al Corpo degli ingegneri dell’Esercito Federale, considerato il posto più ambito per un giovane ufficiale. Dopo una decina d’anni Rains, veterano decorato della guerra messicana, aveva lasciato l’esercito e si era trasferito a New York presso gli stabilimenti della Washington Iron Works e della Highland Iron Works per divenirne presidente; tornato al Sud dopo lo scoppio della guerra era entrato immediatamente nell’Ufficio dell’Ordinanza per poi assumere il controllo della sezione per le polveri da sparo. Egli scelse Augusta in Georgia, come accennato, per farvi sorgere il principale impianto di produzione delle stesse: in pochi mesi fu eretta quella che sarebbe divenuta la più grande fabbrica del continente americano e probabilmente del pianeta, l’Augusta Powder Works[77]. Entrata in funzione nel febbraio del 1862, in tre anni di attività essa fu in grado di produrre circa 1.284.500 kg. di polveri. Altri impianti vennero costruiti un po’ ovunque, assicurando un costante rifornimento delle polveri alle fabbriche di munizioni.

Mediamente mentre l’artiglieria sudista risultò assai meno fornita di munizioni rispetto a quella federale, la fanteria confederata fu solo leggermente svantaggiata rispetto alla controparte unionista e rarissimi i casi in cui rimase a corto di proiettili per insufficienza delle scorte.  

Il risultato di quest’imponente sforzo fu tale che Gorgas, terminata la guerra, poté, pur tra le mille lacune segnalate, affermare con orgoglio che le armate confederate pochi giorni prima della resa non reclamavano armi o munizioni ma cibo e vestiti.

5. Medici e Ingegneri.
Un breve cenno merita il Dipartimento Medico (Medical Department)[78]. La sua costituzione avvenne nel marzo del 1861 con la nomina alla sua guida del Dr. David Camden De Leon. Dapprima di minute dimensioni (alla fondazione contava un personale composto da 11 persone) con la designazione alla sua testa nell’estate dello stesso anno del ben più energico e abile Dr. Samuel Preston Moore, un medico militare di carriera, esso fu allargato progressivamente per far fronte alle necessità di una guerra che si rivelava man mano sempre più sanguinosa. Rigido osservatore della disciplina (al punto da essere detestato da molti) Moore, per quanto non avesse ambito alla carica, si diede anima e corpo alla sua riorganizzazione[79]; attraverso un ingegnoso sistema di selezione da lui stesso creato, furono rapidamente eliminati i medici incompetenti e assegnati i più preparati alle varie unità sul campo. Di regola, infatti, ad ogni reggimento spettava un chirurgo e una assistente chirurgo, ad ogni brigata, divisione o armata un solo chirurgo di grado via via più elevato; si calcola così che complessivamente circa 3.200 tra chirurghi e assistenti chirurghi abbiano militato nelle forze di terra sudiste. Moore non si limitò a questo:  egli diede immediatamente ordine di costruire grandi complessi ospedalieri nei punti strategici più importanti nelle vicinanza del fronte, secondo schemi architettonici all’avanguardia; composti da tre o cinque padiglioni, ciascuno della capacità di 600 pazienti, divisi per ramo specialistico (in ciò antesignani dei moderni ospedali) costituirono uno straordinario progresso per gli standards dell’epoca e sullo stile di quello costruito a Chimborazo (nei pressi di Richmond, capace di ospitalizzare fino a 20.000 degenti), furono replicati in 8 Stati per un totale di 154. Alcuni di essi, poi, vennero destinati esclusivamente alla cura di particolari patologie come l’Ophtalmic Hospital ad Athens in Georgia per la specialistica oculista o il Polk Hospital a Macon, sempre nella Georgia, per il trattamento delle ernie[80]. In più per l’assistenza dei feriti al fronte, Moore dispose la creazione di numerosi ospedali mobili, prototipi dei moderni ospedali da campo. Per risolvere la penuria di medicinali, furono creati quattro grandi laboratori. Fu uno sforzo grandioso che assicurò, nei limiti (alquanto arretrati) delle conoscenze mediche dell’epoca e delle scarne strutture a disposizione, un trattamento più che adeguato per le sofferenze dei soldati feriti o malati, confrontandosi continuamente con gravi carenze come la mancanza di medicine, bende, strumenti chirurgici, cibo, mezzi di trasporto adeguati: beni e mezzi di cui l’Unione possedeva in abbondanza grazie al dominio dei mari. 

Due parole, infine, sul Corpo degli Ingegneri confederato (Engineers Bureau) istituito il 7 marzo 1861 presso lo Stato Maggiore generale sudista con legge che autorizzava il reclutamento di un centinaio tra “zappatori, minatori e pontonieri[81]. Al suo comando si alternarono una pletora di ufficiali: dall’aprile 1861 all’augusto 1861 il vice colonnello Col. Josiah Gorgas, dall’agosto 1861 al novembre 1861 l’incompetente maggiore Danville Leadbetter, dal novembre 1861 al settembre 1862  il vice colonnello Alfred L. Rives, dal  settembre 1862  all’agosto 1863, il colonnello Jeremy F. Gilmer dall’agosto 1863 al marzo 1864, nuovamente il colonnello Alfred L. Rives poi dal marzo all’aprile 1864 il maggiore Martin L. Smith, dall’aprile al giugno 1864 per la terza volta il colonnello Alfred L. Rives e nuovamente dal giugno 1864 all’aprile 1865 il generale Jeremy F. Gilmer; quest’ultimo, già a capo del servizio ingegneri dell’Armata della Virginia Settentrionale e molto stimato da Lee, fu senza dubbio il più abile fra costoro. Compito del Corpo Ingegneri era di sovraintendere alla progettazione e costruzione di terrapieni, trincee, difese costiere, arsenali e forti, ponti e ferrovie militari; una particolare funzione (che si dimostrerà essenziale per gli eventi) loro affidata era quella di preparare le mappe delle zone ritenute di interesse strategico-tattico. Tuttavia la mancanza di fondi e personale sin da subito condizionò il lavoro del servizio, sicché esso divenne praticamente un doppione inutile di funzioni che già venivano svolte dagli ingegneri inseriti negli stati maggiori delle varie unità periferiche. Solo a far data dall’autunno 1862 si decise la costituzione di un reggimento composto interamente da ingegneri e relativo personale da distaccare presso l’Armata della Virginia Settentrionale, nonostante il parere contrario di alcuni alti ufficiali. In realtà, la creazione del 1° Rgt. Eng. CSA si rivelò assai preziosa e nel corso dell’invasione della Pennsylvania del 1863 la costruzione del ponte di barche sul fiume Potomac a Falling Waters garantì un insostituibile servizio all’atto della ritirata dell’armata di Lee dopo la sfortunata campagna di Gettysburg; il successo fu tale che venne così costituito un secondo reggimento con la denominazione di 3° Rgt. CSA da inviare all’altra principale armata sudista, quella del Tennessee. Successivamente, il 1° Rgt. CSA si distinse sul teatro di operazioni della Virginia per la collaborazione nella progettazione delle difese a Spotsylvania, Cold Harbor, nella costruzione del grande ponte sul fiume James a Chaffin’s Bluff e nell’ideazione delle grandi trincee e difese attorno a Petersburg rendendo un servizio impagabile: intanto già tramontava il sole sudista e con esso l’epica degli ingegneri che condividevano quel sogno di indipendenza così agognato …  

Conclusioni
Gli uomini dello Stato Maggiore generale confederato si rivelarono un mix di personaggi adeguati (e in alcuni casi persino eccezionalmente dotati, come il capitano Mallett, il generale Rains o il generale St. John) e di fallimenti completi (come il colonnello Lucius Northrop): ma dati gli immani compiti che li attendevano, sarebbe difficile sostenere che avrebbero comunque potuto cambiare gli esiti del conflitto. Il Sud scontava tali e tante inadeguatezze strutturali da rendere difficile un esito diverso. Grazie al loro operato, si può però ben dire che lo sforzo complessivo sostenuto dalla Confederazione per le esigenze belliche, fu tale da mutare profondamente il tessuto sociale del Sud:

La Confederazione non visse a lungo. Le tendenze che abbiamo sintetizzato – il declino dell’agricoltura e il sorgere dell’industria e delle aree urbane – non giunsero mai a completa realizzazione. Inoltre dobbiamo ricordare che il sorgere dell’industria fu relativo. L’industria confederata non poteva praticamente far altro che crescere. A dispetto di queste precisazioni, tuttavia, dobbiamo ammettere che la Confederazione aperse con la forza sentieri economici che erano ben diversi dalle immutabili strade dell’agrarismo prebellico. La nazione confederata si avanzò tanto lontano e tanto in fretta verso l’industrializzazione e l’urbanizzazione che una rivoluzione economica ebbe luogo nel Sud del tempo di guerra[82].

  Eppure, nonostante l’energia e abilità di questi uomini, molti problemi logistici si palesarono; se non da un punto di vista quantitativo, che pure sussisteva, certamente sotto quello qualitativo, il materiale fornito dall’Ordinanza presentò una serie lacune considerevoli che spesso condizionarono l’esito della lotta; se pure una primitiva industria sorse dal nulla per vestire e calzare i soldati confederati, questi continuarono a lamentare freddo e a camminare a piedi nudi o con stracci legati ai piedi; se anche il paese intero fu attraversato da commissari e inviati del governo alla ricerca di generi alimentari e una nazione intera e la sua terra diedero ogni loro bene e frutto all’esercito, gli uomini in prima linea morivano quasi di fame. In definitiva, non appartiene certo al dominio della leggenda che l’esercito confederato fosse peggio armato ed equipaggiato rispetto a quello unionista.

Questo, però, non significa che il risultato del conflitto sia stato deciso dalla disparità di risorse tra le due sezioni e dalla relativa impotenza dello Stato Maggiore generale confederato a risolvere i gravi problemi strutturali del tessuto industriale sudista: tuttavia esso ne fu pesantemente condizionato.

Ciò che mancò alla Confederazione fu il coraggio di ricorrere da subito a misure estreme quali la centralizzazione e il controllo governativo della produzione bellica, la nazionalizzazione delle industrie, l’abolizione di ogni libertà nel campo degli scambi commerciali, specie marittimi, che non privilegiassero le esigenze militari, l’istituzione di un ufficio governativo preposto al controllo e  alla manutenzione della rete viaria e delle ferrovie. Quando tutto fu parzialmente realizzato, si era ormai perso troppo tempo. In parte il governo fu ingannato dall’illusione della “guerra breve”, ma è vero che esso si mostrò debole nei confronti delle spinte democratiche e localistiche che caratterizzavano il Sud. Se è possibile fare un paragone, la scelta confederata ricorda molto da vicino la politica economico-militare tedesca nel corso della seconda guerra mondiale: anche allora, con rara miopia, l’industria germanica (che pure non aveva il carattere precapitalistico di quella sudista) fu sostanzialmente riconvertita e orientata totalmente verso le necessità belliche solo nel 1944, troppo tardi per mutare le sorti del conflitto. 

Queste considerazioni sono ancor più significative, a nostro giudizio, ove si consideri come il divario tra il potenziale umano arruolabile tra le due sezioni - ossia gli uomini liberi in età compresa tra i 17 e i 50 anni: circa 4.100.000  per gli unionisti, 1.100.000 per i confederati - mentre in teoria restituisse una proporzione di 3.7 a 1 in favore dei settentrionali, sia stato poi in parte annullato dalla straordinaria mobilitazione del Sud, che ridusse lo squilibrio in una misura di 2.3 a 1, ossia 2.200.000 effettivi federali contro i circa 900.000 sudisti[83]. Se proviamo a scomporre sul piano cronologico questi dati,  è  interessante notare come lo svantaggio non abbia conosciuto un andamento costante e omogeneo, ma si sia accentuato solo con il passare del tempo[84].

                                 Unionisti                                Confederati                            Proporzione

Apr-Giu 1861             115.000                                 115.000                                         1 a 1

Dic. 1861                    575.917                                  351.448                                  1.64 a 1

Giu 1862                    624.234                                  476.891                                  1.59 a 1

Dic.1862                     918.121                                  446.891                                  2.06 a 1

Dic. 1863                    860.737                                  481.160                                  1.79 a 1

Dic. 1864                    959.460                                  445.203                                  2.16 a 1

Il divario tra le due sezioni si allargò, dunque, solo con il trascorrere del tempo per divenire significativo a partire dall’inverno 1862 e sostanziale verso la fine della guerra

Se il Sud fosse stato in grado di provvedere immediatamente ad equipaggiare in maniera sufficiente i suoi uomini sia quantitativamente che qualitativamente nel primissimo periodo di guerra, allorquando cioè la differenza nei numeri tra i belligeranti era ancora contenuta, forse esso avrebbe potuto condurre una politica strategica più aggressiva e forse giungere a mutare l’esito finale dello scontro. Ma anche qui la Confederazione pagava endemiche carenze di natura strutturale: con l’ulteriore paradosso dell’incapacità di far coincidere temporalmente fra loro qualità e quantità del materiale bellico prodotto; se infatti ottimi risultati sul piano tecnologico furono raggiunti nella progettazione e costruzione delle armi solo a partire dalla fine del 1863, proprio a far data da quell’anno l’armamento mano a mano decrebbe di numero e di efficienza a causa della mancanza di materie prime reperibili sul territorio, del progressivo esaurimento della manodopera specializzata e dello stringersi del blocco unionista. Nello stesso periodo, cibo, uniformi, coperte, scarpe, materiale di ricambio e di sussistenza, divennero sempre più difficili da reperire e far pervenire agli uomini al fronte. Muli e cavalli scomparvero. Nel 1864 il divario logistico divenne voragine: e cominciarono a mancare anche gli uomini.

Gettando uno sguardo d’insieme indietro, appare chiaro che se la Confederazione voleva sperare di sconfiggere sul piano politico-militare il Nord, doveva farlo velocemente, prima che il gigante addormentato si destasse e prima di prosciugare ogni sua risorsa, scendendo in campo da subito con tutte le sue forze: una vittoria avrebbe potuto, dunque, essere conseguita solo nei primi anni di guerra. Esaurito gran parte del potenziale umano e logistico a far data dal 1863, al Sud non restava che sperare di addivenire ad una pace per mezzo di una guerra di logorio dell’avversario, fidando più di sfruttare l’incapacità e gli errori dell’avversario che le proprie iniziative: ma tale prospettiva non poteva durare molto a lungo, giacché dai primi del 1865 le armate confederate non avevano più di che sfamarsi.   

Secondo una suggestiva immagine evocata da Richard N. Current, il Nord poteva permettersi di combattere con una mano legata dietro la schiena tanta era la sua superiorità in uomini e mezzi: la possibilità di vincere per il Sud era, di fatto, nulla[85]. La causa dell’indipendenza sudista era dunque destinata a sconfitta certa sin dal principio? In realtà, nessuno è in grado di dire quale sarebbe stata la reazione della popolazione dell’Unione ad un’eventuale successione di vittorie sudiste su ogni fronte nei primi mesi di guerra o anche dopo; soprattutto, non sappiamo quale effetto sarebbe seguito ad una significativa penetrazione delle armate confederate su territorio nordista, sia sul piano del consenso interno, sia sul contegno da tenere da parte delle principali potenze europee.

Mentre più tardi parve molto difficile poter annientare il Settentrione sotto un profilo strettamente militare e numerico e probabilmente impossibile imporre manu militari l’indipendenza (se non, ribadiamolo, nei primi anni di guerra), il Sud poteva però addivenire ad una soluzione politica della controversia fiaccando la volontà del popolo unionista e costringendo le autorità federali a sedersi ad un tavolo di pace onde negoziare l’indipendenza. Infliggendo un numero di perdite molto alto, si poteva sperare così che il governo unionista cominciasse a pensare che il gioco non valesse la candela, sino a dichiarare l’impossibilità di continuare oltre il conflitto a quel costo umano. Da tempo la questione del morale nordista è oggetto di discussione tra gli storici, senza che tuttavia siano state prodotte risposte esaustive e concrete. Così, se per alcuni l’esito incerto della guerra avrebbe prodotto disaffezione e scontento crescenti nel nord, specie nell’opinione pubblica più colta, con richieste sempre più insistenti di una pace, per altri, la gran parte della popolazione rimase sostanzialmente fiduciosa nella vittoria finale e si schierò per la continuazione del conflitto sino ad un esito favorevole, qualunque sacrificio, qualsiasi costo comportasse tale prospettiva. Quale che sia la risposta a tale problema, sta di fatto che, solo grazie alle straordinarie imprese dell’Armata della Virginia Settentrionale, il Nord parve vacillare e le principali potenze estere pronte a porsi risolutamente a fianco della causa sudista in più occasioni: per merito di Lee e dei suoi uomini, quante volte sarebbe stata vicina la vittoria….Certo, il margine era stretto, molto stretto: nessun errore, nessuna coincidenza sfortunata era permessa e si sarebbe richiesto che anche sui teatri di operazione dell’Ovest, generali altrettanto capaci fossero presenti. Una volta di più, pareva, “Dio era schierato con l’esercito più forte”.

Note
[1] R. Luraghi, Storia della guerra civile americana, Torino: Einaudi, 1966, p. 231. Le successive edizioni, non contengono correzioni o aggiunte al testo, ma solo aggiornamenti - peraltro incompleti – all’estesa ed eccellente appendice bibliografica commentata contenuta nella prima edizione; Id., Marinai del Sud. Storia della marina confederata nella guerra civile americana, Milano: Rizzoli, 1993 (ed. americana: A History of the Confederate Navy, Annapolis, MD: Naval Institute Press, 1996)  p. 71 anche per i dati. Più estesamente, J.C. Schwab, The Confederate States of America, 1861-65: A Financial and Industrial History of the South during the Civil War, New York: Charles Scribner’s & Son’s, 1901. Il carattere precapitalistico (e anticapitalistico) dell’economia sudista è egregiamente analizzato in E.D. Genovese, The World the Slaveholders Made, New York: Pantheon Books, 1969.    
[2] Sul tema si vedano: R.C. Black III, The Railroads of the Confederacy, Chapel Hill, NC: University of North Carolina Press, 1952;  J.E. Clark, Railroads In The Civil War: The Impact Of Management On Victory And Defeat, Baton Rouge: Louisiana State University Press, 2001.
[3] Cfr. C.W. Ramsdell, “The Confederate Governement and the Railroads” in “American Historical Review”, 22, 1917, pp.794-810.   
[4] An Act to Facilitate Transportation for the Government, 1st May 1863 in U.S. War Department (a cura di), The War of the Rebellion: a compilation of the Official Records of the Union and Confederate Armies [d’ora in poi OR], 70 vol. in quattro serie (ciascun volume a sua volta suddiviso in parti per un totale di 128 vol.). Washington: Government Printing Office. 1880-1901, ser. I, 42, pt.3, pp. 1348-49.
[5] R. E. Lee al Segretario alla Guerra James A. Seddon, 12 aprile 1864, in C. Dowdey & L. H. Manarin (a cura di), The Wartime Papers of Robert E. Lee, Boston: Little, Brown & co., 1961, pp. 696-697. Il problema delle cattive condizioni delle linee ferroviarie in Virginia e della necessità di adeguati interventi di manutenzione e sviluppo era stato più volte segnalato da Lee: cfr. D.S. Freeman, Robert E .Lee: A Biography, 4 vol., New York: Charles Scribner’s & Sons, 1934-35, , III, pp.248-50. Eppure, la Virginia era un’isola felice, se paragonata allo stato del trasporto su binari nell’Ovest.
[6] Per tutto il dibattito cfr. J. William Jones et alii (a cura di), Southern Historical Society of Papers [d’ora in poi SHSP], 52 vol. Richmond: Southern Historical Society, 1876-1959, XLI, pp. 174-78, XLVI, p.72, LII, pp.121, 356-57; OR, ser.IV, 3, pp. 258, 643.
[7] R. Luraghi, Storia della Guerra Civile Americana, cit., p. 232.
[8] Sulla politica monetaria confederata, cfr. D. B. Ball, Financial Failure and Confederate Defeat, Urbana: University of Illinois Press, 1992,  spec. pp. 238-241, altamente critico nei confronti dell’operato del Ministro del Tesoro confederato Christopher George Memminger, sostituito solo nel luglio del 1864 da George Trenholm, ben più capace.
[9] Cfr. S.R. Wise, Lifeline of the Confederacy: Blockade Running During the Civil War, Columbia: University of South Carolina Press, 1988, pp.107-121.
[10] Cfr. OR, ser. IV, 3, pp.80-82; S.R. Wise, Lifeline of the Confederacy: Blockade Running During the Civil War cit.,  pp.145-46; R.Luraghi, Marinai del Sud. Storia della marina confederata nella guerra civile americana cit., p. 496;
[11] Per le gravi deficienze e problematiche relative alla paga dei soldati confederati, cfr. H. N. Scheiber, “The Pay of Confederate Troops and the Problems of Demoralization: A Case of Admnistrative Failure” in Civil War History, 15, 1969, pp.226-236.
[12] La nomina fu datata 25 marzo 1861. Sulla figura di Myers manca uno studio biografico completo. Si vedano comunque D. S. Heidler e J. T. Heidler, s.v. “Myers, Abraham Charles”, in Id. (a cura di), Encyclopedia of the American Civil War. New York-London: W. W. Norton, 2002  p. 1381, e le opere segnalate nella successiva nota.
[13] Cfr. più ampiamente sull’operato del Quartemaster Departement, H.S. Wilson, Confederate Industry: Manufacturers and Quartermasters in the Civil War, Jackson: University Press of Mississippi, 1992; R.D. Goff, Confederate Supply, Durham: Duke University Press, 1969 rimane l’opera di riferimento sulla logistica confederata; per i dati dell’impressionante capacità di produzione unionista  in confronto  a quella sudista cfr. R. Luraghi, Storia della Guerra Civile Americana cit., p. 247.
[14] Il numero dei depositi fu poi ampliato e variato nel 1863: cfr. R.D. Goff, Confederate Supply, cit. p. 75.
[15] Cfr. I. B. Wiley, The Life of Johnny Reb: The Common Soldier of the Confederacy, Baton Rouge: Louisiana State University Press, 1971; L.J. Daniel, Soldiering in the Army of Tennessee: A  Portrait of Life in a Confederate Army, Chapel Hill, NC: University of North Carolina Press, 1991; J. T. Power, Lee’s Miserables. Life in the Army of Northern Virginia from the Wilderness to Appomattox, Chapel Hill, NC: University of North Carolina Press, 1998; J. T. Glatthaar, General’s Lee Army. From Victory to Collapse, New York: The Free Press, 2008.   
[16] H.S. Wilson, Confederate Industry: Manufacturers and Quartermasters in the Civil War, cit. p. xviii.
[17] La situazione era così drammatica che Lee fu costretto nell’autunno del 1862 a ordinare che dai ranghi della prima linea fossero esentati ciabattini e artigiani specializzati nella lavorazione del cuoio e del pellame, per essere poi assegnati alla sussistenza dell’Armata; cfr. General Order nr.47, HeadQuarter ANV, 14-15 Novembre 1862 presso i National Archives, Washington, RG 109, M921, R2, FI 133-136. 
[18] R. Luraghi, Storia della Guerra Civile Americana cit., p. 260, che però sembra sottostimare il problema. I dati riportati dallo storico ligure sulla logistica confederata sono generalmente poco accurati ed eccedono in quantità, essendo tesi a dimostrare un (inesistente) bilancio sostanziale tra le due sezioni.
[19] Per l’insieme di questi problemi, cfr. C. W. Ramsdell, “General Robert E. Lee’s Horse Supply, 1862-1865” in American Historical Review, 35, 1930, pp. 758-777; F. E. Vandiver, Rebel Brass The Confederate Command System,. Baton Rouge, LA: Louisiana State University Press, 1956, pp. 103-106.
[20] R.D. Goff, Confederate Supply, cit., p.74. Per la gravissima situazione degli animali nella primavera-estate del 1863 e la necessità per Lee di portare la guerra a Nord cfr. ad es. OR, ser. I, 25, pt.2, pp.627, 681-682, 697, 709, 739-740, 749. 
[21] Cfr. T.L. Connelly, Autumn of Glory: The Army of Tennessee 1863-1865, Baton Rouge: Louisiana State University Press, 1971, p.331.
[22] Sulla cavalleria dell’Armata della Virginia Settentrionale, si veda E. G. Longacre, Lee’s Cavalrymen. A History of the Mounted Forces of the Army of Northern Virginia, Mechanicsburg, PA: Stackpole Books, 2002 che però delude alquanto. Per la controparte unionista assai più accurato è S. Z. Starr, The Union Cavarly in the Civil War, 3 vols., Baton Rouge: Lousiana State University Press, 1979-1983.
[23] Cfr. T. T. Munford, “Reminiscences of Cavarly Operations”, in SHSP, XII, pp. 346-347 il quale offre una testimonianza particolarmente utile circa le problematiche relative al deterioramento dei cavalli nel corso della guerra e alle difficoltà di reperire nuove cavalcature.
[24] R.K. Krick, “The Cause of All My Disasters: Jubal A. Early and the Undisciplined Valley Cavarly” in Id., The Smoothbore Volley That Doomed the Confederacy. The Death of Stonewall Jackson and Other Chapters on the Army of Northern Virginia, Baton Rouge: Louisiana State University Press, 2002, p. 188.
[25] Cfr. OR, 25, pt. 2, p. 611 rapporto del col. R. L. Walker, comandante dell’artiglieria del III° Corpo d’Armata ANV, luglio [?] 1863, che stima in $ 75.000,00 il valore complessivo dei cavalli perduti nella campagna di Gettysburg per mancanza di maniscalchi e fabbri.
[26] Cfr. T.L. Connelly, Autumn of Glory: The Army of Tennessee 1863-1865, cit. pp.292, 302, 306.
[27] Anche su Lawton manca una biografia completa. Si vedano comunque H.S. Wilson, Confederate Industry: Manufacturers and Quartermasters in the Civil War cit.; R.D. Goff, Confederate Supply, cit.; G.J. Smith Jr. s.v. “Lawton, Alexander Robert” in D. S. Heidler e J. T. Heidler (a cura di), Encyclopedia of the American Civil War cit. pp. 1147-48.
[28] Un’eccellenti sintesi delle problematiche si trova in K. N. Durrill, s.v. “Farming”, pp.565-567 e S.G. McMillen, s.v. “Food”, pp. 594-597 in Richard N. Current (a cura di) Encyclopedia of the Confederacy. 4 vol. New York: Simon & Schuster, 1993, vol.2. Più ampiamente C.W. Ramsdell, Behind the Lines in the Southern Confederacy, Baton Rouge: Louisiana State University Press, 1944.  
[29] Sull’intera questione si veda l’ampio saggio di E.Lonn, Salt as a Factor in the Confederacy, New York: W. Neale, 1933. 
[30] Cfr. M.E. Massey, Ersatz in the Confederacy, Columbia, SC: University of South Carolina, 1952.
[31] Su Northrop, cfr. R.T. Hay, “Lucius B. Northrop: Commissary General of the Confederacy” in “Civil War History”,  9, 1963, pp. 5-23; J. I. Robertson Jr., s.v. “Northrop, Lucius B.”, p.1158, in Richard N. Current (a cura di) Encyclopedia of the Confederacy, cit., vol. 2, pp. 1017-1018 . Assai meno critico è J. N. Moore autore dell’unica biografia di Northrop: Confederate Commissary General. Lucius Bellinger Northrop and the Subsistence Bureau of the Southern Army, Shippensburg, PA: White Mane Publishing, 1995. 
[32] Si veda ad esempio L.N. Northrop, “Report of Commissary General to John.C. Breckinridge, Secretary of War, 9th february 1865” in SHSP, II, pp. 86-103.
[33] R.D. Goff, Confederate Supply, cit. pp. 34, 75-76, 84.
[34] Cfr. ibidem, cit. pp. 18-19.
[35] Si veda ad es. il rapporto del Capitano E. P. Alexander del 12 ottobre 1861 in OR, ser. I, 2, p.571 che elenca un impressionate quantitativo di beni raccolto dopo la prima battaglia di Manassas.
[36] An Act [to] Regulate Impressements, 26.3.1863, in J.M. Matthews (a cura di), The Statutes at Large of the Provisional Government of the Confederate States of America, Richmond: R.M.Smith, 1864, vol .2, pp. 102-104. Cfr. l’ampio commento in R.D. Goff, Confederate Supply, cit. pp. 96 ss.
[37] Cfr. M. A. DeCredico s.v.”Impressement”, pp. 809-810 in Richard N. Current (a cura di) Encyclopedia of the Confederacy, cit. , vol.2.
[38] Cfr. I.D. Martin e M.L. Avary (a cura di), A  Diary from Dixie, as Written by Mary Boykin Chestnut, New York: Peter Smith, 1929, pp. 75-76, 97-98; sull’atteggiamento dell’opinione pubblica nei confronti di Northrop, a titolo di esempio si vedano il Daily Richmond Examiner, 15 aprile 1862 e 21 maggio 1862.
[39] C. S. Venable, “General Lee in 1864” in Robert Underwood Johnson e Clarence Clough Buel (a cura di), Battles and Leaders of the American Civil War, 4 vol. New York: Century Co., 1887-88,  IV, p.240. Per i rapporti tra Lee e Northrop cfr. D.S. Freeman, Robert E. Lee: A Biography, cit., II, pp.494-95; III, 251, 536; IV, 181; R.D. Goff, Confederate Supply, cit. pp.193-95; J. Boone Bartholomees Jr., Buff Facings and Gilt Buttons. Staff and Headquarters Operations in the Army of Northern Virginia, 1861-1865, Columbia, SC: University of South Carolina Press, 1998, pp. 66-70.
[40] Su Gorgas si vedano:F. E. Vandiver, Ploughshares into Swords. Josiah Gorgas and Confederate Ordnance, Austin, TX: University of Texas Press, 1952; utilissimo è pure F. E. Vandiver (a cura di), The Civil Diary of General Josiah Gorgas, Tuscaloosa, AL: University of Alabama Press, 1947.
[41] Per i vari modelli, prestazioni e informazioni tecniche cfr. C. E. Fuller e R. D. Steuart, Firearms of the Confederacy, Huntington, W Va.: Standard  Publications,  1944; W. A. Albaugh e E. N. Simmons, Confederate Arms, Harrisburg, PA: Stackpole, 1957; J. G. Bilby, Civil War Firearms, Conshohocken, PA: Combined Books, 1996.  
[42] Cfr. J. D. Imboden, “Jackson at Harper’s Ferry in 1861”, in Robert Underwood Johnson e Clarence Clough Buel (a cura di), Battles and Leaders of the American Civil War, 4 vol. New York: Century Co., 1887-88, I,  pp. 111-125.  
[43] Cfr. J. Gorgas “Notes on  the Ordnance Department of the Confederate Governement”, in SHSP, XII, pp.67-94. [44] Raimondo Luraghi fornisce la cifra di 5.000 pezzi prodotti in un mese a Richmond: cfr. Storia della Guerra Civile Americana cit., p. 262; il che avrebbe significato una fabbricazione complessiva di circa 100.000 armi in quattro anni, anche considerando una diminuizione in certi periodi. In realtà la cifra di 5.000 armi si riferisce all’intera produzione.
[45] R. A. Pritchard, s. v. “Confederate Long Arms” in R.N.Current (a cura di)  Encyclopedia of the Confederacy cit., vol.4, p. 1455.
[46] Cfr.  H. M. Madaus,  s.v. “Altered U.S. Small Arms” in, R.N.Current (a cura di)  Encyclopedia of the Confederacy cit. vol.4, pp.1464-1465.
[47] J. Gorgas “Notes on  the Ordnance Department of the Confederate Governement”, cit. p.68; J.W. Mallett, “Work of the Ordnance Bureau of  the War Department of Confederate States 1861-1865”in SHSP, XXXVIII, p. 1.
[48] Per le armi inglesi cfr. H.M..Madaus e C.A. Huey, s. v. “Imported English Small Arms”  vol.4, pp.1465-1467; C. A. Huey, s. v.  “Imported English Long-Range Rifles” vol. 4, pp. 1467-1468 entrambi in R.N.Current (a cura di)  Encyclopedia of the Confederacy cit..
[49] Per le importazioni dal vecchio Continente cfr. H.M. Madaus , s.v. “Imported Austrian, Belgian and French Small Arms”,  in R.N.Current (a cura di)  Encyclopedia of the Confederacy vol. 4, pp. 1468-1469.
[50] L.J. Daniel, Soldiering in the Army of Tennessee: A  Portrait of Life in a Confederate Army, cit. p. 42.
[51] A titolo di paragone, mentre l’Armata della Virginia Settentrionale già nel luglio 1863 era sufficientemente armata di moderni fucili rigati, escluse alcune compagnie o scelte individuali per un complessivo 10% circa, l’Armata del Tennessee al 13 agosto 1863 possedeva 14.100 fucili rigati Springfield o Enfield, 2.000 Lorenz o Mississippi, 12.000 moschetti ad anima liscia di vario modello e circa 3.000 fucili rigati modello Hall cal. 52. Insomma il 44% risultava ancora armato con moschetti ad anima liscia o fucili antiquati. Cfr. C. E. Fuller e R. D. Steuart, Firearms of the Confederacy, cit. pp. 314-315. Lee scriveva nell’agosto del 1863 però come circa 1.700 soldati fossero ancora totalmente privi di un’arma cfr. R. E. Lee al Segretario alla Guerra J.A. Seddon, 7 agosto 1863 cit. in J. T. Glatthaar, General’s Lee Army. From Victory to Collapse, cit., p. 260.  
[52] Ad esempio i 149 reggimenti provenienti dallo Stato di New York nel periodo 1861-62 furono armati con Enfield/Springfield per il 48% e con altri fucili rigati nella misura del 31% per un complessivo 79%; cfr. F. A. Lord, They Fought for the Union, New York: Bonanza, 1960, p. 141.
[53] Cfr. W.A. Albaugh, H. Benet Jr. & E.N.Simmons, Confederate Handguns, Harrisburg, PA: Stackpole, 1957.
[54] Sull’artiglieria e sul munizionamento dei due eserciti, sotto un profile generale: F. T. Miller (a cura di), Photographic History of the Civil War, 10 vol., New York: Review of  the Reviews, 1911, vol. 5, Forts and Artillery; W. Ripley, Artillery and Ammunition of the Civil War, New York: Van Nostrand Reinhold Company, 1970.
[55] Il Napoleone fabbricato dai confederati fu anche prodotto a Richmond in una versione con canna in ferro. 
[56] Si veda J. Weller, “The Confederate Use of British Cannons” in Civil War History, 3, 1954, pp. 135-162; R. Luraghi   Storia della Guerra Civile Americana cit., pp. 258-59, che esagera però l’impatto sulla guerra dell’artiglieria britannica importata. Un’attenta analisi della composizione dell’artiglieria confederata dimostra che essi, in pratica trovarono modestissimo impiego sui campi di battaglia, proprio perché importati in piccole quantità. Su 100 cannoni presenti mediamente nell’ANV, ad esempio, se ne contavano 2 o 3 al massimo di fabbricazione inglese: dunque non più del 2-3% del parco artiglieria .
[57] Cfr. R. Luraghi, Marinai del Sud, cit. pp. 77-78.
[58] Cfr. J.C. Wise, The Long Arm of Lee, 2 vol., Lynchburg, VA: J.P. Bell Co., 1915,  vol.1, p.67. 
[59] Cfr. W.H. Parker, ”The Confederate States Navy” in C. A. Evans (a cura di), Confederate Military History. A Library of Confederate States History. 17 vol. edizione integrale ed estesa, Wilmington, NC: Broadfoot Publishing
Company, 1987
, XVII, p.30 ove è presente una dettagliata e completa elencazione numerica dei diversi modelli.
[60] Di questi, però,  sul fronte della Virginia allo scoppio del conflitto solo otto erano modelli rigati: sei Parrott da dieci libbre e due Blakely da tre pollici; cfr. E.P. Alexander, “Confederate Artillery Service” in SHSP, XI, p. 105.
[61] Cfr. C.B. Dew, Ironmaker to the Confederacy: Joseph R. Anderson and the Tredegar Iron Works, New Haven: Yale University Press, 1966;, R. A. Pritchard, s. v. “Confederate Artillery”, vol. 1, p.96 in R.N.Current (a cura di)  Encyclopedia of the Confederacy.     
[62] EC, I, R. A. Pritchard, s. v. “Confederate Artillery” cit. p.96-97.
[63] Ibidem, p. 98.
[64] C.B. Dew, Ironmaker to the Confederacy: Joseph R. Anderson and the Tredegar Iron Works cit. pp. 180-182.
[65] D. H. Hill al Segretario alla guerra G.W. Randolph, 24 aprile 1862 in OR, ser. I, 11, pt.3, p.461.
[66] Cfr. L. J. Daniel, Cannoneers in Gray: The Field Artillery of the Army of Tennessee, Tuscaloosa: The University of Alabama Press,1984, pp 14-18, 56-7, 70-77.
[67] Come ha notato Charles Dew nel suo magnifico studio sulla Tredegar Iron Works, la stessa (e le altre compagnie private) avrebbero potuto produrre un numero assai più elevato di armi e munizioni sol che avessero potuto disporre in quantità e qualità sufficiente delle materie prime necessarie (del ferro in particolare). Cfr. Ironmaker to the Confederacy: Joseph R. Anderson and the Tredegar Iron Works cit. pp.177-78.
[68] Cfr. P.M.Cole, Civil War Artillery at Gettysburg. Organization, Equipment, Ammunition and Tactics, Cambridge, MA: Da Capo Press, 2002, pp.123,125-27.
[69] cfr. E.P. Alexander, “Confederate Artillery Service” cit. p. 104.
[70] Ibidem, p. 105.
[71] Ibi. pp. 106-108; cfr. anche P.M.Cole, Civil War Artillery at Gettysburg. Organization, Equipment, Ammunition and Tactics cit, pp.158-72 ; J.C. Wise, The Long Arm of Lee, cit. p.510.
[72] Su di lui si veda, W.C. Davis s.v. “Isaac Munroe St. John” pp. 122-126 in William C. Davis (a cura di), The Confederate General, 6 vol. Harrisburg, PA: National Historical Society, 1991.
[73] Ibidem, p. 123.
[74] Cfr. OR, ser. IV, 3, pt.4, p. 702.
[75] J. Gorgas “Notes on  the Ordnance Department of the Confederate Governement”, cit. p.68.
[76] Si veda G. W. Rains, History of the Confederate Powder Works, Newburgh, N.Y.: The Newburgh Daily News Print, n.d.
[77] Cfr. M. Melton, “A Grand Assemblage: George W. Rains and the Augusta Powder Works” in Civil War Times Illustrated, 11, 1973, pp. 28-37.
[78] Sull’intero tema si vedano U.S. Surgeon-General’s Office, The Medical and Surgical History of the War of the Rebellion, repr. ext. ed. Wilmington, NC: Broadfoot, 14 vol., 1990-92; sul Medical Department Confederato, cfr. H.H. Cunningham, Doctors in Gray: the Confederate Medical Service, Baton Rouge: Louisiana State University Press, 1958; F. T. Miller (a cura di), Photographic History of the Civil War, cit. vol. 8, Prisons and Hospitals, pp. 237-256, 349-352.
[79] Sulla sua figura si veda S. E. Lewis, “Samuel Preston Moore, M.D., Surgeon General of the Confederate States” in Southern Practitioner, 23, 1901, pp.381-386.
[80] Cfr. J. Peters, “Confederate Hospitals during Civil War” in Southern Hospitals, 34, 1996, pp.21-25.
[81] Su di esso si veda J.L. Nichols, Confederate Engineers, Tuscaloosa: 1957
[82] E.M. Thomas, “Il Sud e la Guerra industriale” in R. Luraghi (a cura di), La guerra civile americana, Bologna: Il Mulino, 1978, p.239.
[83]R. Luraghi, Storia della guerra civile americana, cit., p.255-56, dà un milione mezzo circa di combattenti per la Confederazione, cifra che però appare del tutto fantasiosa. R.L.Ransom, s.v. “Army – Manpower” , Id., p.70; , s.v. “Population”, p.1234 in R.N. Current (a cura di) Encyclopedia of the Confederacy, cit, vol. 1 , p.70 e vol. 3, p. 1234 rispettivamente, fornisce la cifra di 900.000 ; E.B. Long, The Civil War Day by Day: An Almanac, 1861-1865, Garden, NY: Doubleday, 1971, pp. 710-11 stima tra gli effettivi tra i 750.000 e gli 850.000 ; quest’ultimo calcolo è accettato G. W. Gallagher, The Confederate War, Cambridge MA: Harvard University Press, 1997, p. 27; T.L. Jones, The A to Z of the Civil War, 2 vol. Lanham, MY: The Scarecrow Press,2006.vol. 1, p.13 computa tra 850.000 e 900.000 gli arruolati.
[84] Dati in T. L. Livermore, Numbers and Losses in the Civil War in America: 1861-65, 1901 repr. Bloomington: Indiana  University Press, 1957. pp. 42-46.
[85] R.N. Current,“God and the Strongest Battalions” in D.H. Donald (a cura di), Why the North Won the Civil War, 1961 repr. New York: Touchstone, 1996, .p.35.