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L'assassinio di Lincoln: complotto confederato, congiura in seno al governo federale o la folle azione di un esaltato?
Testo di Antonio Gentile

Pubblicato il 20/03/2011

Sera del 14 aprile 1865. La lunga guerra civile si può considerare virtualmente conclusa. Il presidente Abraham Lincoln con la first lady, Mary Todd, assistono alla commedia “Il nostro cugino americano” al Teatro Ford di Washington, in compagnia del maggiore Henry R. Rathbone e della sua fidanzata Clara Harris, figlia di un senatore. La sala è gremita, ci sono 1.700 persone calamitate dalla presenza dell'illustre personaggio.
Alla seconda scena del terzo atto della commedia, durante una battuta che suscita molta ilarità nel pubblico, una figura furtiva entra nel palco presidenziale, punta una pistola Deringer tra l'orecchio sinistro e la nuca del presidente e fa fuoco. Il rumore del colpo e attutito in parte dalle fragorose risa del pubblico. Lincoln china la testa, con il mento verso il petto. Il colpo è mortale. Non morirà istantaneamente ma non riprenderà più coscienza fino alla morte.
L'assassino del presidente degli USA risulterà essere John Wilkes Booth, attore di teatro semifallito, donnaiolo, con provate relazioni con dubbie personalità politiche unioniste ma di accese simpatie filosudiste – nonostante la famiglia fosse unionista - e con un ego smisurato. Come riuscì un personaggio quasi insignificante ad assassinare la più alta carica degli USA in maniera così semplice, armato solo di una pistola ad un colpo e di un coltello?
Riesaminiamo quello che successe precedentemente l'omicidio di Lincoln, tornando indietro di alcuni mesi. L'intenzione primaria di Booth, riguardo il destino di Lincoln, era di sequestrarlo per poter ricattare il governo federale, chiedendo in contropartita, magari, il rilascio di numerosi prigionieri confederati internati nei campi di prigionia federali, di cui l'esercito confederato, sul finire del conflitto, aveva estremo bisogno.
Per organizzare un tale piano, limitato nella riuscita ma non impossibile come vedremo, Both si accorda con un gruppo di personaggi di second'ordine eccetto uno, John Surrat, risultato essere l'unico personaggio con contatti diretti con il controspionaggio confederato operante in Canada.
I complici di Booth erano una fauna umana eterogenea e pittoresca : Michael O'Laughlin e Sam Arnold erano due ex veterani dell'esercito confederato, provenivano da Baltimora e non eccedevano in intelligenza. David Herold era un droghiere oppresso dalla madre. George A. Atzerodt invece era un tedesco che di lavoro faceva il carrozziere, viveva a Port Tobacco e aveva un carattere debole, al limite del patetico. I cospiratori si incontravano frequentemente presso la pensione di Mary Surratt, madre del già citato John Surratt, a parte O'Laughlin e Arnold.

       

                         

Lì viene deciso di rapire Lincoln. Il primo tentativo doveva essere fatto il 18 gennaio 1865, sempre al Teatro Ford. Lincoln si sarebbe dovuto recare in Teatro per assistere ad una commedia ma all'ultimo cambiò programma, mandando a monte il progetto.
Il secondo tentativo doveva svolgersi il 20 marzo 1865, in occasione di uno spettacolo diurno presso la “Casa del Soldato”, cui Lincoln aveva deciso di partecipare. Anche qui però, un improvviso cambiamento di programma del presidente manda tutto all'aria.
Sul secondo tentativo di rapimento non riuscito rimangono però dei dubbi. Fu un caso o forse il presidente era al corrente di qualcosa?
Era accaduto che il 20 febbraio 1865, un amico della cerchia di Booth, Louis J. Wiechmann che lavorava come impiegato al Ministero della Guerra, venuto al corrente della cosa, decidesse di riferire tutto al capitano Gleason, impiegato anche lui al ministero. Gleason riferisce immediatamente la cosa ai suoi superiori, il trio messo al comando del controspionaggio USA: il generale Augur capo della Polizia militare, il generale Lafayette C. Baker e il Ministro della Guerra Edwin M. Stanton.

                        

Cosa decisero o fecero i tre responsabili del controspionaggio unionista, non è dato saperlo. Quel che è sicuro è che non fecero assolutamente nulla per arrestare i partecipanti al complotto, pur avendone un mese di tempo per farlo. Fatto veramente assurdo e incredibile se si pensa che le galere unioniste erano gremite da migliaia di disfattisti, spie e cospiratori colpevoli sicuramente meno, considerando i loro reati, rispetto a Booth e alla sua cricca che volevano osare rapire addirittura il presidente degli USA. Se fossero stati arrestati subito per un tale reato, sarebbero stati processati per direttissima e messi al muro per essere fucilati o impiccati. Invece la cosa fu messa a tacere, il rapporto del capitano Gleason scomparve e la denuncia archiviata.
Ma torniamo a Booth, amareggiato per il secondo fallito tentativo. La guerra era agli sgoccioli e la Confederazione stava capitolando. Lincoln si era recato a Richmond, salutato dai soldati federali in festa e osannato dagli ex schiavi neri, che cantavano al suo passaggio “Glory Glory, Hallelujah”.
La cosa deve aver fatto infuriare la mente megalomane di Booth, accecato dall'odio verso Lincoln, considerato il responsabile del crollo della Confederazione, e che doveva pertanto pagare ora col sangue le sue colpe. Per compiere il misfatto scelse nuovamente il Teatro Ford, dove lui era molto conosciuto e aveva pertanto accesso a tutti i locali senza essere controllato. Pratica un piccolo foro nella nella porta principale del palco per poter spiare e nasconde un bastone per sprangare la porta in modo da non poter essere seguito dopo il delitto. Quale posto migliore per un attore maniacale e megalomane, quale egli era, per compiere la più grande e spettacolare tragedia d'America? In più con Lincoln, Booth ha l'opportunità di uccidere il generale Grant, che dovrebbe accompagnare i coniugi Lincoln a teatro quella sera.
Fin qui le cose sembrano seguire le logiche – a parte il mancato intervento del controspionaggio unionista - di un uomo folle esaltato, che per restare immortalato nella Storia sceglie di compiere uno spregevole crimine. Non torna nella logica di un tale pensiero aggiungere altri personaggi influenti unionisti da uccidere con Lincoln quella fatale sera. Booth decise che dovevano morire anche il vicepresidente A. Johnson e il Segretario di Stato William H. Seward, paralizzando così il potere esecutivo del governo federale e mandando il paese nel caos. Sono intenzioni partorite dalla mente di un folle, o dietro vi è una regia occulta? Chi poteva trarre vantaggio da questo bagno di sangue, a fine conflitto, degli alti vertici federali? Torneremo in seguito sul discorso per vagliare le varie ipotesi.
Tornando a Booth e ad il suo criminoso piano, scopriamo che egli per metterlo in pratica si avvale della collaborazione di un vero e proprio psicopatico, tale Lewis Paine cui viene assegnato il compito di assassinare il Segretario di Stato Seward in convalescenza a casa dopo una brutta caduta . Per uccidere il vicepresidente Johnson, Booth incarica della cosa il già citato Atzerodt. Per fortuna, una pessima scelta. Un altro (presunto) cospiratore, Edward Spangler, dovrà aiutare Booth al Teatro Ford, tenendogli il cavallo sellato e pronto per la fuga in un vicolo. I tre omicidi si dovevano svolgere in contemporanea, intorno alle ore 22:00 del 14 aprile, creando il panico nella città e dando così il tempo ai cospiratori di dileguarsi come ombre nella notte. Le cose andarono invece diversamente.
Lewis Paine entra in modo brusco e violento in casa di Seward ferendo gravemente il figlio di ques'ultimo, intuisce (o sapeva?) dove si trovava la camera da letto del Segretario di Stato e trovandolo prende a pugnalarlo come un forsennato prima di darsi alla fuga e lasciarlo in un lago di sangue, dopo aver ferito gravemente col coltello anche il funzionario del dipartimento di Stato Hansell e l'infermiere Robinson. Per fortuna di Seward, un busto di ferro messogli per aiutarlo a guarirsi dalle ferite riportate nella precedente caduta gli para le coltellate più violente e mortali e pertanto se la cava per il rotto della cuffia.
Al vicepresidente Johnson andò meglio. Atzerodt, preso da una crisi di vigliaccheria, abbandonò ogni intenzione criminale e rinunciò al progetto.
L'unico che riuscì completamente nel suo piano criminoso fu Booth. Dopo aver sparato mortalmente a Lincoln e aver urlato il motto della Virginia “sic semper tyrannis” in modo plateale, si avventa sul maggiore H. Rathbone ferendolo sul braccio e alla testa con il coltello, poi si getta dal palco ma rimane impigliato in una bandiera messa a mo di coreografia del palco presidenziale, e cade rovinosamente, fratturandosi la gamba sinistra. Riesce comunque a sparire dietro le quinte, pur zoppicando. Nessuno tenta di fermarlo. La sorpresa e lo shock sono troppo grandi. La fuga ha inizio in direzione della Virginia, per la strada Surratsville/Port Tobacco. Booth, nella sua falsa modestia, andava a prendersi la devota, eterna, riconoscenza del Sud.

Con lui ad accompagnarlo nella fuga fuga c'è David Herold, incontrato nei pressi di Surratsville. I due erano riusciti a passare inspiegabilmente il ponte dell'Arsenale intorno alle 22:45, mentre l'accesso a tale passaggio era interdetto, come ogni sera, dalle ore 21:00.
A Washington intanto, Stanton aveva preso le redini del comando e aspettava. Nonostante le numerose testimonianze di persone che avevano riconosciuto Booth al Teatro Ford come l'assassino di Lincoln, egli resta in attesa. Jim Bishop, nel suo “Il giorno che uccisero Lincoln”, giustifica così la faccenda: “Dalla casa dei Peterson (luogo dove era stato fortunosamente ricoverato Lincon morente) non uscì una parola per far arrestare Booth. Molti acuti cervelli hanno visto qui un consenso all'assassinio da parte del Segretario alla guerra Stanton. Non esistono prove di nessun genere che confermino l'ipotesi, anzi è vero l'opposto: Stanton si sentiva più forte del presidente e verso la sua persona aveva un senso di protezione. Aveva visto Lincoln, disprezzato e indesiderato all'inizio, elevarsi al grado di capo dello Stato e quasi alla gloria degli altari. Ora le sue paure si erano realizzate, ora che vedeva il risultato di aver rifiutato con una bugia i servizi di un uomo come Eckert, dopo essere stato ai due capezzali di Lincoln e di Seward, la mente di Stanton si rifiutava di accettare il fatto che la maestà del governo degli Stati Uniti fosse stata offesa da un uomo solo, un attore per di più. Per lui, Booth era una quantità trascurabile. La funzione del segretario di guerra, come la concepiva Stanton, era quella di prevenire gli eventuali assassini piuttosto che arrestare gli autori dell'attentato a Lincoln.”
Ognuno giudichi liberamente tali “giustificazioni”. Certamente Lincoln aveva messo in conto di poter morire per via di un attentato. Già all'inizio della sua prima legislatura rischiò un attentato da parte di alcuni fanatici sudisti e dovette pertanto fare il suo ingresso a Washington in incognito. Lincol nella sua scrivania teneva nascoste due cartelle in un cassetto: una era riferita alle lettere ingiuriose che gli pervenivano, mentre l'altra era riferita alle “minacce di assassinio”. Molti corrispondenti – i più, anonimi – gli auguravano una morte orribile. Qualcuno passò dalle parole ai fatti. Una sera, mentre passeggiava, una pallottola gli sfiorò la testa facendo cadere la tuba che portava in capo. I giornali del Sud poi, quasi giornalmente, annunciavano la sua morte. Lincoln affrontava la cosa in modo fatalistico. Era sicuro che un attentatore determinato, pur pagando il gesto con la vita, poteva ucciderlo quando voleva. Per questo accettò la scorta 24 ore su 24 della polizia metropolitana con riluttanza all'inizio del 1865, con 4 agenti che si alternavano con turni di otto ore al suo fianco. In più, 4 cavalleggeri dell'Ohio, facenti parte di uno squadrone appositamente distaccato per la protezione del presidente, seguivano la sua carrozza presidenziale ovunque andasse. Risulta pertanto molto strano che per il 14 aprile 1865, Lincoln insistette tanto con Stanton per avere come scorta per il Teatro Ford quella sera il maggiore Eckert. Quest'ultimo aveva dato prova a Lincoln della sua forza erculea in una occasione, piegando degli alari con un braccio davanti allo stupefatto presidente. Stanton fu irremovibile e negò tale valida scorta a Lincoln con banali pretesti, senza valido e giustificato motivo. Oltre allo strano ed incomprensibile comportamento di Stanton che, come si legge da quanto scritto da Jim Bishop, doveva essere portato a prevenire rafforzando non a indebolire l'incolumità di Lincoln, sorprende il fatto che Lincoln, col suo modo di fare fatalista al riguardo pretendesse e esigesse per quella sera una guardia del corpo molto efficiente. Forse il presidente era al corrente di qualcosa? Perchè poi Stanton scoraggiò il generale Grant fino a farlo desistere dall'accompagnare il presidente al Teatro Ford quella sera?

Per quella sera si convenne di mandare come scorta al presidente un emerito perdigiorno e negligente, il poliziotto John F. Parker, originario della Virginia. Aveva dei precedenti di servizio poco invidiabili. Trascrivo un brano di “Assassinio al Ford Opera House” di Arrigo Petacco, che tratta dei precedenti di servizio di tale poliziotto: “...da quando era stato assunto nella polizia metropolitana di Washington aveva collezionato rapporti e punizioni per insolenze e oltraggi vero i superiori e colleghi, per essersi mostrato sgarbato verso dei cittadini, per essere stato sorpreso addormentato in servizio, per essere stato trovato ubriaco in un postribolo, per aver abbandonato il posto di ronda durante un servizio, e così via. Parker aveva subito persino un processo: con tutta la buona volontà, il minimo che si potesse dire di lui era che si trattava di un pessimo soggetto, probabilmente inidoneo a fare il poliziotto e certo non raccomandabile come addetto alla scorta del presidente.”
Eppure, un documento conservato negli archivi nazionali, certifica che su ordine della signora Lincoln, John Parker, facente parte della Metropolitan Police Force, era stato designato guardia del corpo del presidente. Come era potuto accadere un simile clamoroso errore? Come aveva potuto Stanton permettere una cosa del genere? Non era suo compito controllare indagando al riguardo? Comunque sia, Parker pensa che non sia proprio il caso di perdere tempo a fare la guardia davanti all'entrata del palco presidenziale, e decide di passare pertanto la serata allegramente andando a bere in un bar nelle vicinanze del Teatro.
Tornando alla sera dell'omicidio, Stanton, una volta ripresosi dal periodo di buco nero in cui non sembrava essere in grado più di dare ordini per organizzare la cattura di Booth e dei suoi complici, comincia lentamente a muoversi. Ordina di bloccare tutti gli accessi alla capitale, tranne la strada Surratville/Port Tobacco, l'unica scelta da Booth e compagni per la fuga. Cominciano a saltare fuori i nomi dei congiurati, anche grazie al dossier archiviato precedentemente sul tentato sequestro di Lincoln, e cominciano gli arresti. Solo John Surratt riesce a fuggire. Ciò non salva sua madre, che viene arrestata. Durante la notte e l'agonia di Lincoln (tirerà l'ultimo sospiro alle 7:22 del mattino), Stanton dovette anche fare i conti con uno strano black out della linea telegrafica, che paralizzò ulteriormente la ricerca dei congiurati.
Booth e Herold intanto si erano recati in piena notte, sotto falso nome, dal dottor Samuel Mudd, 30 km circa da Surratsville. Il dolore alla gamba di Booth è lanciante e il medico la stecca alla meno peggio per dare la possibilità a Booth di proseguire il viaggio verso la Virginia. Questo soccorso posticcio ai due congiurati, costerà al medico 4 anni di duro carcere. I due fuggiaschi erano stati segnalati alle autorità e fu posta una taglia rispettivamente di 50.000 dollari per Booth e 25.000 per Herold.
Arrivati in Virginia i fuggitivi si uniscono ad un gruppo di soldati confederati sbandati che, appreso dell'omicidio, che Booth riteneva un atto eroico, si indignano e criticano aspramente i due, lasciando Booth stupito e incredulo per le mancate lodi che si aspettava di ricevere. Sembra accertato che furono proprio questi ex soldati confederati a tradire i due, segnalandoli alla polizia locale il giorno dopo.
La resa dei conti avvenne il 26 aprile. I due congiurati furono localizzati presso Port Royal da un drappello di cavalleggeri, in una fattoria a Bowling Green, di proprietà dell'anziano R. Garrett, così poco entusiasta di avere tra i piedi i due fuggiaschi che li sistemò nel fienile. Una volta intimata la resa, Herold si precipita a braccia alzate fuori dal fienile, mentre Booth sembra voler vender cara la pelle. I federali non hanno voglia di perder tempo e danno pertanto fuoco al fienile. Le fiamme, il fumo e il forte calore sprigionato rendono la situazione confusa e incandescente. Si sente uno sparo. Booth è stato colpito di spalle, alla nuca, e si accascia in fin di vita. A prendersi la responsabilità dell'uccisione di Booth fu il sergente Boston Corbett, armato di carabina perchè, disse in seguito, preso da ispirazione divina. Da altre fonti sembrerebbe che a sparare fu invece il ten.col. Everton Conger, diretto subalterno del capo del Servizio Segreto Federale, Lafayette Baker. Non è chiaro come mai, difatti, nella ferita mortale di Booth il chirurgo trovò un proiettile di revolver e non di carabina.

E il poliziotto John F. Parker? Intorno alle 6:00 del mattino si presentò, dopo essere scomparso dalle 22:00 della sera precedente, in una stazione di Polizia, tirandosi per un braccio una prostituta ubriaca, tale Lizzie Williams, che non venne scritta dal sergente di turno nel registro ma a cui venne ordinato di lasciare la città. A Parker non venne chiesto nulla per giustificare il suo assurdo comportamento, ne lui si guardò bene dal dire nulla. Il sergente si limitò a dire a Parker di andare a riposarsi un po', e così lui fece. Non venne più ne risentito ne mai fu perseguitato dalla legge, nonostante alcune accese proteste.
E' stato dunque un complotto di alcuni alti vertici governativi unionisti a porre fine alla vita di Lincoln? Sicuramente è incredibile e assurda tutta la serie di conseguenze che si collegarono fra loro e permisero a Booth di uccidere il presidente e fuggire da Washington. Come pensava di uccidere o neutralizzare la scorta di Lincol al Teatro Ford visto che era solo e armato di una pistola a colpo unico e di un coltello? Se quella sera ci fosse stato Eckert a guardia del palco presidenziale come avrebbe potuto compiere Booth il misfatto? Oltretutto fisicamente era un banale uomo qualunque, senza nessuna particolare prestanza fisica, come per esempio Paine. Sembra quasi dato per scontato che il sicario potesse uccidere così facilmente il presidente degli USA, ma non è così. Sapeva forse di avere la strada libera?
Inoltre, dove aveva deciso di trovare rifugio nel Sud, dato che sicuramente ci sarebbe arrivato facilmente senza il problema imprevisto della gamba rotta? Forse il complotto era partito dal governo confederato e, una volta scoperto dai sevizi segreti USA, si lasciò fare per opportunità politiche dai repubblicani estremisti? Booth era stato in Canada nell'ottobre del 1864 dove, è confermato storicamente, vi era un gruppo di spie confederate che tramavano attentati e scorrerie ai danni dell'Unione. Stette li 10 giorni e frequentò la St. Lawrence Hall, luogo di incontro degli agenti confederati in Canada. E' quasi impossibile che non si sapesse nel controspionaggio confederato, almeno dei tentati rapimenti a Lincoln. Il più grande storico italiano della Guerra Civile Americana, Raimondo Luraghi, scrive testualmente al riguardo in un vecchio articolo: “Non si può certo affermare in maniera categorica che i capi sudisti fossero del tutto estranei alla cospirazione”. Non vi sono prove concrete però sul coinvolgimento diretto del governo confederato nell'assassinio di Lincoln, e il comportamento dei vertici militari e politici del governo confederato alla notizia della morte del presidente conferma in parte questa ipotesi. Joseph E. Johnston, alla notizia riferita da Sherman iniziò a sudare copiosamente a freddo.R. Lee, che aveva fatto affidamento sulla magnanimità di Lincol, durante la resa a Grant, vedeva profilarsi la tragedia per il Sud per via del gesto di un folle e non volle neanche stare a sentire i particolari dell'attentato. J. Davis si dimostrò anche lui rattristato, e i commenti positivi su Lincoln non mancarono, anche se non per il vicepresidente Johnson che venne definito “malvagio”; però bisogna considerare che si trovava nelle mani del nemico che bramava vendetta e pertanto le sue dichiarazioni devono essere lette in un'ottica particolare.
Il coinvolgimento di alcuni esponenti del governo confederato potrebbe però essere possibile. Vi è la constatazione che tutto quanto riferito ai servizi segreti confederati andò bruciato dal governo in fuga da Richmond e inoltre appare strano l'esilio forzato del Segretario di Stato confederato, Judah Philip Benjamin, che morì in Inghilterra nel 1884 senza rimettere più piede negli USA, al contrario di John Surrat che dopo diverse peripezie all'estero fu rimpatriato e processato anche se non ritenuto colpevole. Probabilmente i tempi erano cambiati, o sua madre aveva pagato per lui.
Se di complotto si è trattato, gli indizi più evidenti si riscontrano però nelle negligenze, assai vistose del controspionaggio Unionista. Non solo, il 15 aprile 1865, tra i membri radicali riunitisi in mattinata, ci fu chi definì l'omicidio “a real Godsend”. Mancando di prove certe il coinvolgimento dei confederati, il 2 maggio 1868 il settimanale “The People's Weekly” accusò apertamente di congiura i radicali repubblicani, indicando i capi in Stanton, Lafayette Baker e il capo del Tribunale militare straordinario Holt. Lo scandalo si spense ma il dubbio rimase, tanto che nel 1937, lo storico Otto Eisenschiml ci scrisse un libro “Wy Was Lincoln Murdered”, fortemente criticato però dalla storiografia ufficiale. Tra le molte incongruenze riscontrate nell'operato del controspionaggio unionista, Eisenschiml evidenzia anche le pagine mancanti del diario di Booth, che il già citato colonnello E. Conger prelevò a Booth dopo la morte e che consegnò a Lafayette Baker. Mancano 18 pagine che molto probabilmente andavano dal giorno 17 al 22 aprile 1865.
I congiurati catturati furono segregati sino al processo e tre di loro (Paine, Atzerodt e David Herold) verranno impiccati, mentre al resto della banda vennero dati diversi anni di carcere. Anche la vedova Surratt farà la stessa fine, nonostante gli avessero nascosto la cosa sino all'ultimo e nonostante la mancanza di prove schiaccianti della sua colpevolezza. Sarà la prima donna negli USA a subire la condanna della pena capitale.
Mistero nel mistero, poche ore prima dell'attentato, nello Stato di New York, il Whig Press pubblica la notizia dell'assassinio del presidente. La stessa voce corre nello stesso momento a Manchester, nel New Hampshire e a Saint. Joseph, nel Minnesota. Non si è mai chiarito come fecero queste fonti ad ottenere in anticipo la notizia, alcune ore prima dell'attentato.
I compagni di Lincol nel palco presidenziale la sera del suo omicidio fecero tutti una triste fine. Il maggiore Rathbone impazzì e finì per uccidere Clara Harris, divenuta sua moglie. Finì in manicomio. Sempre in manicomio finì anche la povera moglie di Lincoln, Mary, distrutta dal dolore. Il manicomio accolse pure il presunto uccisore di Booth, il sergente Boston Corbett, che però riuscì a scappare e sparì dalla Storia.

Fonti:
-L'assassinio di Lincoln da “I grandi enigmi storici del passato”- autori vari
-La serie maledetta – di Pierfrancesco Prosperi
-I grandi enigmi – di Arrigo Petacco
-La guerra civile americana – di Riccardo Rossotto
-Il giorno che uccisero Lincoln – di Jim Bishop