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•La figura del generale Robert E. Lee secondo la storiografia antica e moderna
Testo a cura di Stefano
Di Matteo

Pubblicato il 18/01/2011

Premessa
L’articolo che segue riguarderà la figura del gen.Lee vista attraverso le opinioni espresse in merito dalla storiografia, a cominciare da quella più antica, fino ad arrivare a quella di ultima generazione.
Non si tratterà solo della figura del generale, vista in qualità di combattente e stratega, ma si analizzerà anche la sua vita di uomo, marito e padre, nonché si analizzeranno le scelte dolorose da lui effettuate- quale le dimissioni dall’esercito USA- e le idee possedute dal medesimo sugli argomenti che all’epoca erano di attualità.
Si vedrà che gli storici moderni, i cd. Revisionisti, hanno formulato teorie dirompenti sui vari aspetti della vita del generale, le quali vanno contro ad una tradizione storiografica che per anni ha dominato il panorama dell’ACW, teorie che a taluni potranno anche non piacere. Al riguardo, si fa presente che le teorie in questione- comunque si giudichino- sono servite ad arricchire il dibattito sulla figura del generale che sicuramente produrranno in seguito altre pubblicazioni in merito. Mentre Lincoln rimane la personalità della guerra civile su cui si è più scritto, Lee detiene il secondo posto.
Il 2007 ha segnato il 200 ° anniversario della nascita di Robert E. Lee, uno dei comandanti più riveriti negli USA. Ma le opinioni su di lui stanno cambiando nell’era del "Politically Correct". Lee era un eroe il cui coraggio e la leadership sono state superate solo dal suo onore e umanità? O era un traditore, la cui abilità militare ha servito una cattiva causa e prolungata una ribellione contro il suo governo legittimo?
Lo storico Stephen W. Sears dice che sulla figura di Lee si arriva ad affermare un ingombrante paradosso, in quanto, oggi, sia coloro che considerano il Generale Lee un danno alla Confederazione e quelli che lo considerano un genio militare senza macchia, giungono alla stessa conclusione: Il Sud sarebbe stato meglio senza di lui. Il detrattore di Lee afferma che il generale ha sperperato le poche risorse del Sud di uomini e di materiali, distruggendo ogni possibilità di vittoria finale della Confederazione; l’ammiratore di Lee dice che senza di lui la Confederazione si sarebbe sbriciolata presto, risparmiando così numerose vite dei meridionali e molta sofferenza al Sud. E' comunque un fatto sicuro affermare che il corso della guerra civile come lo conosciamo, sarebbe stato molto diverso senza il gen. Lee.
La scrittrice Maria Chesnut, che lo osservò con attenzione durante la guerra, si chiese se qualcuno avrebbe potuto davvero conoscerlo: "Sembra così freddo e silenzioso e imponente"-scrisse.
Quando Lee assunse il comando dell'esercito del Nord Virginia nel 1862, scrive Bruce Catton, "Questo grigio uomo in grigio cavalcava il suo cavallo pezzato grigio ed entrò nella leggenda quasi subito, e come tutte le figure leggendarie sembrò quasi soprannaturale, un uomo di profondo mistero "
Per alcuni, Robert E. Lee è una figura remota, una icona in marmo. Per altri, era semplicemente un grande comandante. Ma anche oggi, per tante persone, Lee era molto di più, e il suo personaggio brilla dal passato, illuminando il presente.
Un aspetto rimane certo: a più di duecento anni dalla sua nascita, il generale confederato Robert E. Lee rimane una figura centrale della storia americana, venerato da alcuni, e vituperato da altri, e nonostante si sia parlato molto, si continua a discutere su di lui.

La storiografia tradizionale
Come era veramente Robert E. Lee? Di tutte le questioni sollevate nel corso degli studi sulla guerra civile, questa è, forse, una delle più intriganti per gli storici. Uno dei motivi per i quali gli studiosi della ACW continuano a meditare su questa domanda è rappresentato dai vari e ampi punti di vista sulla figura di Lee presentati dalla storiografia. Pertanto, in larga misura, Lee può essere considerato un enigma. Dalla fine del XIX secolo fino alla metà del Novecento, Lee è stato in primo luogo presentato in vari modi che raggiungono la perfezione dell'essere uomo. E’ stata descritta la sua vita dall'infanzia e sin dai primi giorni passati come cadetto all'Accademia di West Point: Robert E. Lee aveva colpito i suoi compagni e gli insegnanti come una "figura ideale, un uomo aristocratico, alto, straordinariamente bello, luminoso, virile, con la propensione al comando". A West Point si diplomò 2° nella graduatoria finale e non registrò alcuna nota di demerito.
Si distinse durante la guerra Messicana e nell'esercito USA raggiunse il grado di colonnello, grado che ricoprì fino alla secessione dello Stato della Virginia e alle sue dimissioni dal predetto esercito. Lee, nel periodo ante-guerra civile, nonostante si fosse dimostrato un soldato valente e preparato, ci vollero 32 anni per arrivare a ricoprire il grado di colonnello a causa del ritmo lento delle promozioni nell'esercito in quel periodo, e a volte egli mise in discussione la possibilità di continuare la carriera militare come avevano fatto molti suoi colleghi diplomatisi a West Point, i quali dopo la guerra Messicana si dimisero dall'esercito per intraprendere carriere civili.
Successivamente, la sua brillante leadership dimostrata in qualità di generale nell'esercito Confederato- un comandante che, secondo la storiografia tradizionale, aveva a lungo lottato contro un destino avverso, ma alla fine aveva dovuto soccombere- avrebbe prodotto l’ammirazione dei Sudisti, ammirazione che sarebbe stata successivamente condivisa da molti Nordisti dopo che le passioni scaturite dalla guerra si saranno affievolite.
I primi scritti degli ex Confederati lo hanno raffigurato come una figura nobile simile a Cristo sofferente. Lee, nel dopo-guerra, è diventato un simbolo della nota corrente della Lost Cause (per approfondire l'argomento concernente detta corrente storico- letteraria, vi rimando all'articolo pubblicato nel sito che riguarda la tematica in questione).
Anche la monumentale opera, composta da quattro volumi, di Douglas Southall Freeman del 1934, vincitore del Premio Pulitzer,con "RE Lee: A Biography", lo ha raffigurato alla stregua di un santo, un modello perfetto di uomo e di comandante militare. Freeman non ha trovato contraddizioni nell’uomo- Lee. Per detto storico, Lee non aveva segreti; Robert Lee, scrisse, "era uno dei grandi uomini della società in cui non vi è alcuna contraddizione da spiegare, nessun enigma da risolvere, era un signore del tutto umano, e gli elementi essenziali del suo carattere positivo sono stati due e solo due, la semplicità e la spiritualità". Se Douglas Freeman dipinge a volte Lee quale una figura mitica, egli respinge l'idea che ci fosse qualcosa di enigmatico in lui. Lee era semplicemente un soldato professionista che ha trovato la sua vera vocazione in guerra, che, per dirla con Bruce Catton, "ha capito i processi di guerra come pochi uomini hanno mai fatto."
Freeman descrive Lee come un uomo profondamente religioso, che non ama la schiavitù e la secessione, ma accetta con riluttanza a schierarsi con il suo stato nativo, la Virginia, quando inizia la guerra civile. Lee, nonostante debba fare i conti con la costante mancanza di uomini e di rifornimenti, combatte contro le forze schiaccianti del Nord e lo sconfigge in una battaglia dopo l'altra. Eppure, dopo ogni sconfitta, i Nordisti reclutano nuovi soldati, riforniscono i loro grandi eserciti, e le forze di Lee diminuiscono sempre di più. Alla fine, nemmeno il genio tattico di Lee può salvare la Confederazione che si trova in inferiorità numerica, cosa che comporta l'inevitabile sconfitta. Le battaglie sono state perse anche per colpa dei suoi subordinati. Ad esempio, Freeman afferma che il Sud ha perso la battaglia di Gettysburg soprattutto a causa della testardaggine manifestata da parte del generale James Longstreet, nell'eseguire con riluttanza gli ordini di Lee. Longstreet si era opposto al piano di Lee nel giugno del 1863 per cercare di schiacciare l'Armata del Potomac invadendo la Pennsylvania e impegnando gli Yankees in una battaglia sul loro stesso terreno (Raimondo Luraghi nel suo libro sulla guerra civile americana, dice che lo storico D.S.Freeman, nel libro "Lee's Lieutenants", vol.III, abbia cambiato opinione sull'operato di Longstreet).
Il lavoro epico di Freeman è stato a lungo considerato l'opera definitiva su Lee, e avrebbe dominato la storiografia per oltre trenta anni. Freeman ha dedicato 19 anni per scriverla e detta opera è stata considerata una delle migliori biografie scritte in America.
Naturalmente, senza togliere nulla al lavoro di Freeman, gli storici revisionisti ritengono che questo ritratto unidimensionale di Lee sia in gran parte un prodotto della campagna costruita dopo la guerra mossa dagli ex gen. Conf. Jubal Early, William N. Pendleton, Fitzhugh Lee (nipote del Generale Lee) e dagli altri leader del movimento della Lost Cause, i quali sono stati gli artefici della mitizzazione postuma del gen.Lee; egli, infatti, ha sempre giocato un ruolo centrale nello sviluppo del "mito" della Lost Cause in quanto- a loro dire- il Sud aveva un disperato bisogno di un eroe mitico per giustificare le perdite immense di uomini subite durante la guerra civile. Questa è una delle ragioni principali per cui ci sono stati pochi esami critici della leadership militare di Lee da parte degli storici del Sud. Thomas L. Connelly- storico revisionista- scrive che Robert E. Lee " era come un balsamo per lenire la sconfitta", "glorificare Lee era un modo per glorificare la causa del Sud".

Lee come descritto dalla storiografia tradizionale
Lee- come abbiamo visto- è stato descritto dalla storiografia tradizionale come un uomo contrario alla secessione e profondamente attaccato al suo paese: gli USA. Era considerato il miglior ufficiale dell’esercito e pertanto, il Nord gli offrì di assumere un alto comando nell’esercito dell’Unione. Ma quando il suo Stato di origine, la Virginia si staccò dall’Unione, Lee si dimise dall’esercito USA per un senso di lealtà verso la sua terra. Poi passò al servizio della Confederazione quando gli venne offerto un incarico militare. Il gen. Winfield Scott, Comandante in Capo dell'esercito degli Stati Uniti, che lo stimava dai tempi della guerra Messicana dove aveva servito sotto il suo comando e lo considerava l'ufficiale più capace e preparato dell'esercito, quando lo convocò a Washington il 18 aprile 1861, offrì a Lee il grado di generale e il comando della Armata del Potomac; in quel drammatico colloquio, Lee disse che non poteva sguainare la spada contro la "sua" Virginia. Certo, in questo modo, rinunciava ad una luminosa carriera, ma tutto questo rientrava nel carattere disinteressato di Lee. Lo storico italiano Raimondo Luraghi, nella sua "Storia della guerra civile americana" descrive i momenti non facili che passò Lee quando scrisse la lettera di dimissioni dall'esercito degli Stati Uniti, alla vigilia della guerra civile. Dopo tanti anni trascorsi nell'esercito dove aveva servito in modo splendido ed era da tutti considerato il miglior ufficiale, si ritiene che egli abbia passato dei momenti terribili nell'attimo in cui si accingeva a fare una scelta sicuramente dolorosa, firmando la lettera di dimissioni. L'esercito rappresentava tutta la sua vita, essendo un militare dalla testa ai piedi; ora si accingeva a combattere contro quella bandiera che aveva servito fedelmente per tanti anni. Avendo, come uomo di una certa levatura, anche una visione futura di quanto sarebbe successo in seguito durante la guerra civile, la cosa non lo entusiasmava per niente. In quel momento così tragico per lui, si sentiva profondamente ostile nei confronti della secessione e nei confronti di chi, da entrambe le parti, l'aveva provocata.
Si ricorda infine il contegno dignitoso da lui tenuto durante la resa di Appomattox davanti al gen. Grant comandante dell’Armate dell’Unione e il sodalizio che si creò tra i due generali nel firmare le condizioni di resa. Infine, ricordiamo il discorso finale ai veterani della gloriosa ANV nel quale si invitava i soldati a tornare nelle loro case ed a ricostruire i loro paesi martoriati dalla guerra, discorso che conteneva anche un invito implicito a non mettere in atto la guerriglia che avrebbe provocato altri lutti e rovine. Lee ha esortato i suoi uomini ad essere buoni cittadini di una nazione unita come erano stati dei buoni soldati in guerra, cercando in questo modo di rimuovere gran parte del rancore e dell'ostilità derivanti dal conflitto. Lee, prima di ogni altro leader americano, ha riconosciuto che il popolo del Nord e del Sud potevano condividere identici ideali ed aspirazioni.
Lee si è dedicato, dopo la fine della guerra, alla riconciliazione delle due sezioni del paese. Divenne presidente del Washington College di Lexington in Virginia, ora Washington & Lee University, e avviò un programma per educare una nuova generazione di meridionali a essere patriottici e leali cittadini di una nazione unita.
Lee, nel dopo-guerra divenne una vera e propria icona per il Sud, un'icona di cui- col tempo- si appropriò tutto il popolo americano. Circolava nel Sud una battuta di una bambina che chiedeva: "Nonna, non ricordo - il generale Lee era nel Vecchio Testamento o nel Nuovo Testamento?
Entro la fine dell'800, Lee non era più considerato solo come un virginiano o un meridionale, ma piuttosto come un eroe nazionale. In una serie di saggi, Charles Francis Adams Jr., nipote e pronipote di presidenti USA, ha ben inserito Lee in questo nuovo ruolo. Adams ha parlato di "debito di riconoscenza che questo paese riunito, dell'Unione e della Confederazione- Nord e Sud- deve a Robert E. Lee della Virginia". I giornalisti hanno accomunato Lee con Washington e Lincoln come "the first triumvirate of greatness." Quando la Hall of Fame è stata istituita presso la New York University nel 1901, Lee è stato uno dei primi ad essere accolto nel pantheon. Gamaliel Bradford, scrivendo una biografia del 1912 su di lui, l’ha chiamata semplicemente “Lee L’Americano”. Un meridionale ha ben riassunto la grande statura del soldato più importante della Confederazione: "Qualsiasi cosa possiamo aver perso in questa lotta, abbiamo dato al mondo Robert E. Lee."
ll presidente USA, Theodore Roosevelt, nel 1907, in occasione del centenario della nascita di Lee, tesse in pubblico le sue lodi, e lo citò come esempio di virtù americane, ammettendo che la figura del generale apparteneva a tutto il paese.
Con il passare degli anni, la glorificazione del generale ha contribuito in qualche modo a formare una memoria collettiva comune in tutta la nazione, nello spirito di riconciliazione che dava atto della bravura e del valore dei soldati di entrambi gli schieramenti (Nord e Sud).

Lee, eroe della Lost Cause
La creazione del mito di Robert E. Lee inizia solo dopo la sua morte, nel 1870, in vita il generale non l'avrebbe consentito. Va detto comunque che, immediatamente dopo la resa di Appomattox, nel Sud non c’era tanta voglia di idolatrare i loro generali. La guerra, dopo tutto, si era persa sul campo di battaglia, e ora non c'era nulla da festeggiare o ricordare. Il processo di glorificazione inizierà anni più tardi.
E' singolare il fatto che l'eroe della Lost Cause sia stato proprio il gen. Lee piuttosto che i due condottieri Sudisti più giovani quali Thomas "Stonewall" Jackson e JEB Stuart. Essi erano morti in battaglia e potevano incarnare l'ideale cavalleresco di una volta ed essere identificati come i martiri della Lost Cause. Si scelse invece Lee che era più anziano di loro e non era morto in battaglia. Lee rendeva meglio tale effetto perché, oltre ad essere il generale che aveva sconfitto più volte l'esercito Nordista, era l'uomo che si era arreso ad Appomattox ed aveva provato il senso della sconfitta, ma aveva mantenuto tutta la propria dignità in un momento così tragico per il Sud.
L’elevazione di Lee è stata compiuta a spese di altri generali confederati, quali PGT Beauregard e Joseph E. Johnston, le cui figure furono progressivamente sminuite dai commentatori dell’epoca. Anche l'eroico Stonewall Jackson, colpito a morte nel momento della sua vittoria a Chancellorsville, è stato quindi ridotto a semplice luogotenente di Lee, e i trionfi del medesimo sono rientrati sotto la direzione onniveggente del suo comandante generale. Ma queste retrocessioni si sono dimostrate un pallido surrogato rispetto alla "Crocifissione" del tenente generale James Longstreet.
Altro elemento interessante è il fatto che il gen.Lee non pubblicò le proprie memorie di guerra nè partecipò agli interventi e alle discussioni più o meno polemiche che si scatenarono nel dopo-guerra intorno alle responsabilità della sconfitta del Sud e in particolare per il disastro di Gettysburg.
Mentre gli altri condottieri Sudisti con le loro memorie e le loro discussioni tendevano ad auto giustificarsi, addossando le colpe gli uni sugli altri e perdendo così di credibilità nel tentativo di assolversi per i comportamenti tenuti, il gen.Lee, con il suo silenzio, mantenne un comportamento al di fuori della mischia, formando il mito "dell'eroe" solitario che si erigeva con il suo comportamento al di sopra delle parti. Alcuni commentatori dell'epoca chiesero a Lee di scrivere e pubblicare le proprie memorie, le quali sarebbero state anche ben compensate, ma Lee fu irremovibile nel suo intendimento. I motivi che addusse erano che era troppo vecchio e che non voleva alimentare altre polemiche. Egli confessò di essere rimasto molto amareggiato da quanto scrivevano i giornali del Nord che lo definivano un traditore per essere venuto meno al giuramento di fedeltà prestato all'Accademia di West Point.
La scelta del gen.Lee di non scrivere le proprie memorie è indubbiamente degna di rispetto, però, teniamo conto che il generale è stato un elemento trainante per tutta la durata della guerra, pertanto è mancata ai posteri una fonte che poteva servire molto per una conoscenza più approfondita della ACW.

La corrente revisionista- le opere principali
Negli ultimi decenni c'è stato un rinnovato interesse per lo studio della figura di Lee da un punto di vista più moderno, che ha prodotto molti lavori di carattere revisionista. Certo, ci si rende conto che la parola "revisionista", può evocare il "politically correct” e dare una visione dei fatti che può risultare a volte storicamente inesatta, e, in qualche caso, le opere di storia revisionista sono state fatte senza uno studio accurato delle fonti primarie. Tuttavia, per quanto riguarda Lee, un po' di revisionismo probabilmente era necessario perché di lui sappiamo veramente e capito così poco.
Va precisato che dette classificazioni (revisionisti e post-revisionisti) servono esclusivamente per individuare in modo agevole le diversità di vedute degli storici, ma non corrispondono ad una sistematicità acclamata a livello scientifico.
I lavori più moderni revisionisti- di un certo livello- che hanno trattato la figura di Lee sono quelli di Emory Thomas, "Robert E. Lee: A Biography", alle opere di Thomas Connelly, in particolare, " The Marble Man: Robert E. Lee and His Image in American Society" ,"The Making of Robert E. Lee" di Michael Fellman, Alan T. Nolan, " Lee Considered: General Robert E. Lee and Civil War History” e la biografia psicologica di Roy Blount," Robert E. Lee". Mentre le caratterizzazioni specifiche di Lee espresse in queste opere sono differenziate in tono e tonalità, tutte hanno in comune il filo conduttore che Lee era molto più fallibile e "umano" rispetto a quanto raffigurato in studi precedenti. Tutti questi analisti moderni danno uno sguardo molto più dettagliato alla vita di Lee ed esaminano attentamente gli aspetti inesplorati della sua vita quali l'impatto della sua infanzia e delle esperienze adolescenziali nella formazione del carattere del generale, così come le motivazioni che hanno spinto ed influenzato la sua performance come leader e comandante. Alan T. Nolan, uno dei più importanti critici di Lee, e sicuramente molto radicale nei suoi giudizi sul generale, ha scritto di una immunità goduta da Lee alla critica vera e propria perché, egli disse, "esiste un'ortodossia, un dogmatismo negli scritti che lo riguardano. I dogmi non appartengono soltanto al generale stesso. Ma si estendono anche al contesto della sua vita e alle cause, alla condotta e alle conseguenze della guerra civile" Nolan comunque non vuole diffamare Lee. "Non nego la grandezza di Lee", scrive, ma "Lee era, dopo tutto, uno di noi, un essere umano, ... un grande uomo, ma, anzi, un uomo, non un dio".
Thomas L.Connelly fornisce un'immagine del generale vista attraverso gli anni posteriori alla guerra civile e più precisamente il modo in cui è stato considerato e anche strumentalizzato dalle generazioni future. Per l'autore, la fama di Lee durante la guerra era pari a quella degli altri generali Confederati, nonostante il ruolo determinante che Lee aveva goduto durante il conflitto. La sua fama si accrebbe grandemente dopo la fine della guerra; la figura del generale fu utilizzata per fini politici sia dal Sud, in quanto rappresentava l'immagine di riscatto del popolo meridionale, un vero simbolo nazionale. Venne glorificato anche dal Nord che aveva interesse a mettere in evidenza le abilità militari dell'uomo che poi erano riusciti a sconfiggere; si trattò di una vera operazione politica e propagandistica che aveva come scopo la riconciliazione nazionale.
Connelly si sofferma sulla psiche di Lee affermando che la sua personalità repressa dalle vicissitudini passate (vedremo quali nel prossimo paragrafo), lo avrebbe trasformato in un comandante troppo audace e aggressivo quando era in comando sul campo di battaglia. La propensione per l'attacco di Lee è stata, alla fine, più di quello che la Confederazione avrebbe potuto permettersi- egli scrive- e l'Armata della Virginia Settentrionale "è stata dissanguata dalla tattica offensiva di Lee."
Alan Nolan, "Lee Considered", sostiene che intorno alla metà dell'anno 1864, Lee avrebbe capito che la causa della Confederazione era ormai persa e pertanto avrebbe dovuto arrendersi, data anche la grande stima che godeva ancora tra i suoi concittadini, i quali l'avrebbero senz'altro seguito in detta scelta. Per colpa del suo orgoglio, Lee non ha posto fine alla guerra, causando ulteriori lutti al paese. Detto storico ritiene quindi il generale personalmente responsabile per aver continuato la guerra. Si sostiene anche che, se Lee avesse continuato a condurre la guerra in posizione di difesa come fece a Fredericksburg, avrebbe potuto vincerla.
Gli storici revisionisti, come è noto, criticano la strategia offensiva messa in atto da Lee, invadendo il Nord nella campagna del Maryland e della Pennsylvania, ritenendo che solo una strategia militare strettamente difensiva poteva far vincere la Confederazione.
Edward H. Bonekemper III nel suo libro" How Robert Lee lost the Civil War" risulta uno degli storici che ha attaccato il gen Lee nel modo più accanito.
Egli contesta l'opinione che Robert E. Lee era un genio militare che ha lottato contro difficoltà insormontabili fino alla sconfitta inevitabile dei Confederati. Invece, l'autore sostiene che Lee è stato il primo responsabile per la sconfitta della Confederazione in una guerra che il Sud avrebbe potuto vincere.
La sua teoria è la seguente: era il Nord che aveva l'onere di conquistare il Sud, formato da una vasta area difendibile e composto da undici Stati. Il Sud doveva solo ottenere un pareggio e far perdere la voglia al Nord di combattere (come hanno fatto gli insorti contro le forze superiori degli Inglesi durante la Rivoluzione Americana, l'acquisizione comunista della Cina, e la guerra del Vietnam). In particolare, il Sud doveva conservare le sue preziose risorse umane e convincere il Nord a non votare per Lincoln nel 1864.
Invece, Lee è andato inutilmente a cercare la vittoria, sperperò le sue truppe, e ha talmente indebolito il suo esercito che la sconfitta militare divenne inevitabile. L'esercito Conf. ha avuto 80.000 perdite nei suoi primi quattordici mesi di comando di Lee,  lo stesso numero di truppe che il generale aveva ereditato quando aveva preso il comando. Questo periodo cruciale della guerra, che si estendeva dalla Campagna dei Sette Giorni, nella quale l'esercito di Lee è andato all'attacco suicida quasi ogni giorno per una settimana; la Seconda Bull Run / Manassas, in cui la carica finale offensiva è stata estremamente costosa, la Campagna di Antietam, che Lee ha avviato di sua volontà e quasi gli costò il suo esercito, Fredericksburg, una battaglia che ha comportato grandi perdite, una lezione che Lee non ha voluto imparare; viene citata la battaglia di Chancellorsville, la "vittoria" che non è stata, e infine la disastrosa campagna di Gettysburg, in cui ha impegnato il suo esercito in un'operazione strategico-offensiva, danneggiando gravemente l'utilità futura del medesimo. Con la Confederazione in inferiorità numerica di quattro uomini a uno in età da combattimento, la strategia aggressiva di Lee si è rivelata suicida.
Notevoli anche le mancanze di Lee nel dirigere il campo di battaglia (come il secondo giorno a Gettysburg), il suo troppo complesso e inefficace piano di battaglia (come ad Antietam e le campagne di Seven Days), e gli ordini vaghi e ambigui (che lo hanno privato dell'opera di Jeb Stuart per la maggior parte degli scontri a Gettysburg).
Inoltre, il libro descrive come l'attaccamento di Lee per la Virginia avesse giocato un ruolo importante nei fallimenti confederati in Occidente. Troppo poca attenzione- a dire dell'autore- è stata rivolta al rifiuto di Lee a fornire rinforzi per Vicksburg o Tennessee a metà del 1863; egli ha fatto arrivare James Longstreet a Chickamauga con solo un terzo delle sue truppe e nessuna delle sue artiglierie; alla sua idea di spostare Longstreet lontano da Chattanooga poco prima che le truppe di Grant sfondassero le truppe Confederate a Missionary Ridge, e alla sua incapacità di rafforzare Atlanta nei mesi critici prima delle elezioni presidenziali del1864.

La vita di Lee secondo gli storici revisionisti
A questo punto, appare evidente che, se si leggono le biografie, sia antiche che moderne di Lee, le differenze appaiono notevoli. Nelle prime biografie, Lee sembra essere nato praticamente come un uomo perfetto, nobile e onesto, così come un soldato brillante. A livello personale, la sua infanzia o è raffigurata come spensierata o sfugge a quasi ogni discussione di sorta, la sua opposizione alla schiavitù è descritta come sincera e intensa, e il suo matrimonio con Mary Custis è ritratto come quasi idilliaco, un'unione perfetta, tanto che Lee si lamentava delle separazioni apparentemente senza fine dalla moglie e dalla famiglia durante il suo servizio nell’esercito USA nel periodo ante-guerra civile.
Professionalmente, il suo rapporto con il suo staff in tempo di guerra è visto come armonioso, e il suo giudizio militare è del tutto infallibile e brillante, e se vi è stata sconfitta, è solo perché l'hanno causata i suoi subordinati o perché egli è stato sopraffatto da forze al di là del suo potere. In poche parole, era la perfezione, manifestata in una forma umana.
Chiaramente- per gli storici revisionisti- tutto questo è un'evidente esagerazione. Essi si sono soffermati a lungo sull'uomo- Lee e hanno tratto le seguenti conclusioni.
In realtà- essi affermano- Robert E. Lee era molto umano, imperfetto, e, francamente, un uomo molto più interessante di quanto Freeman e i suoi predecessori hanno scritto. Come tutti noi, Lee era un prodotto del suo ambiente, soprattutto della sua infanzia, nel quale influivano i rapporti familiari, e della società dell'epoca. Il padre di Lee, "Light Horse" Harry Lee, era un eroe della guerra d'indipendenza, un focoso, dinamico e audace soldato, un uomo che Lee-figlio probabilmente ha cercato di emulare in qualche modo come comandante. Sappiamo che il padre di Lee andò in bancarotta quando Robert era un bambino, egli partì verso le Indie Occidentali per sfuggire ai suoi creditori, e lasciò la moglie e i figli in una situazione disperata. Il padre morì quando Robert aveva solo undici anni, non lasciando nulla, ma solo vergogna, che avrebbe adombrato la reputazione di Lee che apparteneva ad una delle prime famiglie della Virginia.
Come risultato, il giovane Robert è stato costretto a crescere con questo fardello e sua madre gli diede la carica per ripristinare il nome della famiglia. Gli anni dell'adolescenza sono stati spesi non solo nel ruolo di infermiere di sua madre, ma anche diventando il suo confidente più vicino. Utilizzando la psicologia umana, possiamo vedere Lee come un uomo che è cresciuto in un clima segnato da insicurezza e vergogna, e che, sotto l'influenza di sua madre, è diventato eccessivamente auto-controllato e incline ad accettare gli stati di disagio fino ad un punto in cui qualsiasi senso di gioia o di piacere viene percepito come improprio. L'infanzia di Lee inoltre ha contribuito, quando il medesimo è diventato adulto, a cercare di evitare qualsiasi tipo di scontro personale, una caratteristica che avrebbe in seguito influenzato negativamente la sua capacità di gestire il suo staff in tempo di guerra. Lee sentì che doveva riscattare il suo nome di famiglia e diventare il perfetto gentiluomo del Sud, ma, ha lottato per conciliare i suoi ideali di virtù cristiane, quali abnegazione, umiltà, dovere e onore, con il suo desiderio di fama e successo.
Poi, vi è l'argomento del suo matrimonio con Mary Custis, la pronipote di Martha Washington. Anche riguardo a tale argomento- molto privato- gli storici revisionisti non sono teneri. Secondo loro, il rapporto di Lee con la moglie non è mai stato appassionato. Robert E. Lee era, a suo modo, un uomo spiritoso e coinvolgente che gradiva la compagnia delle donne e sembra essere stato "appassionato", sia pure in modo assolutamente onorevole, di parecchie donne, ad eccezione di sua moglie (Michael Fellman, nel suo libro "The Making of Robert E. Lee" in relazione a questi aspetti della vita privata di Lee, va ancora più in là, dicendo che egli aveva un elevato livello di energia sessuale inappagata). Va comunque segnalato che le indicazioni di Fellman hanno generato polemiche tra gli storici e molte critiche da parte di alcuni attuali ammiratori del generale.
L'unione tra Robert e Mary ha costituito un matrimonio di convenienza, destinato a portare ricchezza, delle proprietà, e la posizione di rilevanza al nome di Lee, riportandolo nell'alta società della Virginia. Non c'era nessuna storia d'amore e di passione tra i due coniugi. Secondo i predetti storici, Mary Custis era trasandata, fastidiosa, fragile, viziata, piagnucolosa, che ha fatto una scelta sbagliata nel voler diventare la moglie di un soldato professionista. Mentre sembrerebbe che Lee fosse sinceramente attaccato ai suoi figli, e di essere dispiaciuto quando partiva dalla sua famiglia, ci sono tutte le indicazioni che egli sembrasse molto felice quando era lontano da sua moglie. Certo, è evidente che a tanti anni di distanza è difficile trarre conclusioni su argomenti che ricadono sulla vita privata del generale, ma è altrettanto evidente che su detto argomento ci sono opinioni contrapposte tra gli storici tradizionali e quelli revisionisti.
Uno degli altri miti su Lee che permea la storia convenzionale è la sua presunta opposizione alla schiavitù e, legata ad essa, le sue ragioni per abbandonare il suo giuramento come ufficiale nel prendere le armi contro gli Stati Uniti. Spesso sentiamo dire che questo uomo nobile abbia lottato per preservare la schiavitù che disprezzava, solo perché amava tanto il suo stato nativo. Come ci si potrebbe aspettare, l'immagine reale non è così semplice. La posizione di Lee sulla schiavitù era, per la maggior parte, comune a quella di altri Sudisti della Virginia in quanto egli possedeva tutti i codici e le tradizioni del perfetto uomo bianco del Sud, così che, mentre egli credeva che l'istituzione fosse essenzialmente un male, egli pensava che i neri stessero sicuramente meglio nello status di schiavi. Lee considerava la relazione tra "master e slave" illuminata e umana, e il meglio che si poteva aspirare in quel determinato periodo storico. Lee vide l'emancipazione come impraticabile e scrisse una volta a suo figlio, "ovunque si trova un negro, tutto sta andando giù intorno a lui" e ammonendolo, "non si potrà mai prosperare con i neri."
Per Lee, la schiavitù, era sicuramente un male, ma era pur sempre un'istituzione voluta da Dio, e il corso futuro degli eventi legati ad essa doveva essere determinato dai proprietari di schiavi del sud. Mentre lui avrebbe scritto alla moglie una lettera che indicava che la schiavitù era un male sia sotto il profilo morale e politico, andava a dire che lo stato attuale dei neri in schiavitù "era necessario per la loro istruzione ". È interessante notare che, mentre Lee si libera di molti schiavi appartenenti alla famiglia Custis, egli non ha avuto nessun problema a darli in locazione ad altri uomini e raccogliere un profitto da ciò. In sostanza, tutta la disapprovazione di Lee della schiavitù sembrava derivata dalla visione della schiavitù come un problema di gestione, non come un fatto morale. In altre parole, mentre Lee teoricamente disapprovava la schiavitù in astratto, approvava la schiavitù come un fatto necessario e benefico, facendo presente i problemi che sarebbero nati con l'emancipazione.
Per quanto riguarda le dimissioni di Lee dall'esercito statunitense, abbiamo visto che si tratta di una questione che ha sempre avuto un grande fascino e di cui si è parlato lungamente. Lee era stato un soldato eccezionale durante la sua carriera militare, e il tipo di uomo che non avrebbe facilmente girato le spalle al giuramento fatto a West Point. La storiografia tradizionale ci dice- come abbiamo sopra scritto- che la sua decisione si basava sul suo intenso amore per il suo stato d'origine, la Virginia. Nell'ambito delle nuove opinioni revisioniste, si indica un altro motivo del perchè della scelta fatta da Lee, che è il seguente. Come tutte le leggende, vi è un nucleo di verità coinvolte, e non c'è dubbio che Lee era un fedele della Virginia. Tuttavia, per Lee, c'era qualcosa di più della semplice lealtà. Innanzitutto, come Emory Thomas descrive nella sua biografia, la moglie di Lee, Mary Custis, era una ardente Confederata che ha sostenuto la secessione della Virginia molto prima che la secessione diventasse un fatto popolare. Se Lee fosse rimasto al servizio degli Stati Uniti, ciò avrebbe portato ad un scontro con la moglie che Lee non avrebbe potuto sopportarlo. In secondo luogo, però, e soprattutto, l'opportunità di servire la Virginia nella Confederazione offriva la possibilità di sigillare per sempre il nome di Lee nel pantheon delle principali famiglie della Virginia. Lee, essendo un uomo ossessionato sin dall'infanzia del ripristino del nome di famiglia, quale altra decisione poteva prendere, soprattutto quando combattendo contro la Virginia avrebbe sicuramente ottenuto l'effetto opposto?
Per quanto riguarda la figura di Lee come generale durante la guerra civile, gli storici in questione si sono dilungati a descrivere la leadership di Lee con le seguenti considerazioni:
Lee era audace e coraggioso, cercava sempre di prendere l'iniziativa e di disorientare il suo avversario. Considerando che Grant era l'artefice del rischio calcolato, Lee potrebbe essere caratterizzato come l'artefice di un rischio non calcolato. Lee ha visto quasi certamente che una strategia aggressiva era l'unico modo per contrastare le risorse del Nord . Se l'Unione veniva forzata sotto il profilo aggressivo abbastanza spesso, la gente del Nord avrebbe potuto stancarsi della guerra. A volte, però, la sua "brinkmanship" è andata troppo lontano, soprattutto quando ha diviso le sue forze già in inferiorità numerica, come ha fatto quando l'Armata della Virginia Settentrionale si è avventurata a nord del Potomac. In un caso, ad Antietam, solo la fortuna e pochi minuti hanno salvato il suo esercito malconcio dalla distruzione quasi certa. Anche allora, dopo essersi ritirato, pensò di riattraversare il fiume e di continuare la campagna. Solo dietro le opposizioni dei suoi comandanti, egli capì che l'esercito non era in condizione di sopravvivere ad un altro combattimento.
Uno degli altri problemi di Lee, come comandante era il seguente: il credere totalmente nelle capacità del suo esercito. Lee credeva che i suoi uomini fossero capaci di qualsiasi cosa e, francamente, considerato il comportamento in battaglia dei suoi soldati, egli spesso aveva ragione. Con poche provviste e spesso senza neanche stivali adeguati, il suo esercito si mosse più velocemente, andò più lontano, e lottò più duramente dell'esercito dell'Unione. Sotto la guida carismatica di Lee, i suoi uomini sarebbero andati in ogni parte e tutto ciò che Lee ha chiesto loro, essi l'hanno fatto. Ma, alla fine, erano solo degli esseri umani e, spesso, Lee ha chiesto troppo. A Gettysburg, egli ha deciso di combattere contro una forza superiore con forti posizioni difensive su un terreno di loro scelta. Poi, ha tentato di eseguire manovre complesse, ed ha attaccato su un ampio fronte, e alla fine non ha potuto adeguatamente coordinare le sue forze. Infine, tipico esempio della sua fede nei suoi soldati, egli ha tentato un attacco frontale contro il centro federale sulla Cemetery Ridge, attacco che- per molti storici -aveva poche possibilità di successo.
Infine, vi sono le valutazioni di Lee come "un grande stratega." Questo è considerato uno degli aspetti più sconcertanti della prestazione militare di Lee e qui gli storici revisionisti lanciano parecchie frecciate all'operato di Lee in guerra. Data la sua formazione ed esperienza, Lee avrebbe dovuto essere una risorsa preziosa per Jefferson Davis al fine di mettere in atto una strategia sostenibile per la difesa della Confederazione. Tuttavia, ogni volta che Davis chiese la sua opinione in merito a questioni militari riguardanti l'ovest degli Appalachi, i consigli di Lee non sono stati convincenti, e spesso ha dimostrato una vera ignoranza della situazione militare e anche della geografia militare. Inoltre, Lee spesso sembrava propenso a spostare l'attenzione del presidente confederato dal teatro occidentale per spostarlo di nuovo alla questione della Virginia.
Molti storici hanno ipotizzato che in realtà Lee era ossessionato a difendere solo la Virginia. La difesa del suo Stato di origine era l'unica cosa che gli importava? In caso contrario, le sue azioni effettivamente rispondevano a quanto sopra, anche se non era sua intenzione. Pertanto, mentre il Sud stava perdendo la guerra nel teatro occidentale, Lee premeva che la strategia della Confederazione e le risorse militari fossero saldamente concentrate sul fronte in Virginia. Il risultato fu una situazione di stallo per la maggior parte della guerra da una parte dei monti Appalachi e il disastro totale su McLean House, un disastro, che quasi certamente ha segnato il destino finale della Confederazione.
Secondo il parere degli storici,Thomas L. Connelly e David H.Donald, le vittorie riportate dal Gen.Lee fino al maggio del 1863 (Chancellorsville) sul fronte dell'Est, permisero all'esercito della Virginia Settentrionale di fare sostanzialmente ciò che voleva, grazie all'enorme prestigio conquistato da Lee e dai suoi collaboratori, senza alcun riguardo e interesse per la esigenze della Confederazione in altri teatri di operazione. Lee, che riusciva ad imporre i suoi piani operativi al Presidente Davis- tanto che molti pensavano che Davis fosse ormai completamente sotto l'influenza di Lee medesimo e accettasse tutte le sue idee senza replicare- si oppose a qualsiasi tentativo di indebolire le sue forze. A metà del 1863, invece di andare in soccorso a Vicksburg, Lee scelse deliberatamente di invadere nuovamente il Nord con la vana speranza-sostiene Donald-che questa operazione allentasse, in altri teatri di operazioni, la pressione esistente sulle altre Armate Confederate. Il risultato- conclude Donald- fu la disfatta di Gettysburg e la presa di Vicksburg.
Quando nel 1864, il Congresso confederato richiese una direzione coordinata degli eserciti Sudisti e tutti pensarono ad affidare l'incarico a Lee,sembra che il generale fosse contrario ad accettare questo tipo di responsabilità e fece di tutto per disincentivare la cosa.
Secondo lo storico Reid Mitchell quando, alla fine della guerra, nel 1865, a Lee venne conferito il Comando supremo unificato, non lo esercitò quasi per niente.
Comunque, anche da queste analisi si deduce che Lee ha condotto un grande esercito, tenendolo unito attraverso avversità terribili come forse nessun altro uomo poteva fare. Ne viene fuori un Lee più umano e moderno e, forse, in questo modo, molto più ammirevole.
Come abbiamo visto, gli storici revisionisti hanno cercato di scandagliare la personalità del generale. E’ chiaro che in una materia del genere è difficile arrivare a delle conclusioni certe, tenuto anche conto che Lee, dato il suo carattere schivo e riservato, non ha lasciato molta documentazione da cui attingere. Certo, il rischio è quello di passare dalla glorificazione del gen.Lee- descritto come uomo senza difetti- operata dallo storico Freeman e dalla corrente della Lost Cause, alla critica di tutte le manifestazioni del generale, a cominciare dalle dimissioni dall’esercito USA.

La corrente post-revisionista
A questo punto, è il caso di parlare dell’opera dello storico Gary W. Gallagher, il quale ha approfondito parecchie tematiche concernenti la Confederazione e, in particolare, la figura del gen. Lee. Gallagher si è occupato soprattutto degli aspetti militari che coinvolgono la figura del generale. Gallagher si pone, a mio avviso, come uno storico post-revisionista.
Gallagher si chiede se gli aderenti alla mitologia della Lost Cause siano stati corretti nella creazione di un ritratto di Lee come quello del più grande generale della Confederazione. Gallagher espone tre argomenti generali. In primo luogo, egli ritiene che Lee era in realtà un leader efficace che possedeva straordinarie abilità tattiche e strategiche. In secondo luogo, Lee era un rispettato e venerato personaggio per la maggior parte dei Confederati. Era "l'eroe nazionale primario", secondo Gallagher. Questa prospettiva contraddice gli argomenti avanzati da Nolan e gli altri storici che credono che il mito di Lee sia stato una creazione dei meridionali nel dopoguerra.
In terzo luogo, Lee possedeva una poliedrica, moderna concezione di combattimento che ha preso in considerazione l'interazione tra la politica e il campo di battaglia, e che ha ben compreso l'importanza degli eventi al di fuori del teatro orientale. Questo è in contrasto con quanto sostenuto dagli storici revisionisti che suggeriscono- come abbiamo sopra scritto- che Lee è stato carente come stratega e non riuscì a capire il rapporto tra guerra e morale della popolazione civile. Non è così, sostiene Gallagher, che ha scritto che Lee ha "spesso manifestato una comprensione di come gli eventi militari potessero influenzare la politica e il morale della popolazione civile in modo utile alla causa confederata".
Nel dimostrare questo punto, Gallagher evidenzia alcuni aspetti: la condotta di Lee nelle battaglie di Spotsylvania e Chancellorsville, le percezioni del fronte interno confederato a seguito delle sua sconfitte ad Antietam e Gettysburg, e le prospettive di vittoria confederata durante l'estate sanguinosa del 1864, quando Lee era costretto in una posizione di difesa per contrastare l'implacabile corsa di Grant verso Richmond.
Gallagher ha anche affrontato gli argomenti di lunga data profferiti dagli ammiratori di Lee e dai suoi detrattori: che il generale era un vecchio, cortese signore - un "grande anacronismo " - che ha combattuto una sorta di guerra cavalleresca, una guerra limitata che era inopportuna per la dura realtà moderna della Civil War. Gallagher vede invece Lee come un uomo che ha capito abbastanza bene la guerra moderna. Lee "ha predisposto una strategia basata su una attenta, anche se a volte imperfetta, lettura della situazione militare e politica", ha scritto, "In breve, Lee si è ben adattato alle esigenze di un conflitto che superava di gran lunga in portata e complessità quello che nessuno avrebbe potuto prevedere nella primavera del 1861".
Lee ha dimostrato di aver ben compreso la natura dinamica della guerra e l'importanza cruciale del fronte interno, sia nel Nord che nel Sud, è entrata nei suoi calcoli strategici. Come Gallagher sostiene, le Campagne messe in atto da Lee riflettono la consapevolezza che la guerra era una guerra politica vista come lo scontro tra due "società" e che la chiave per la vittoria stava nel distruggere la volontà del nemico di continuare a mantenere una lotta gravosa. Lee era convinto che il riconoscimento dell'indipendenza del Sud da parte dell'Unione dipendeva dal successo della sua strategia messa in atto nei teatri dell’Est, che per Gallagher rappresenta un'ipotesi realistica. Il presunto abbandono di Lee del teatro occidentale era in realtà una risposta realistica alla serie ininterrotta di catastrofi sui fronti dell’ovest, determinati in gran parte da generali incapaci, e quindi, per Lee, l’area geografica vitale per il successo della Confederazione era il fronte orientale. La sua attenzione poi non derivava da un attaccamento provinciale al suo Stato nativo, ma da un atteggiamento di carattere politico, psicologico e industriale di innegabile importanza per la Confederazione. Il successo della sua strategia era tale che entro l'estate del 1863, Lee e il suo esercito erano diventati il principale simbolo nazionale della Confederazione. Certo, ci sono stati degli errori nella realizzazione della sua strategia a Sharpsburg e Gettysburg, quando Lee "ha chiesto troppo" ai suoi uomini, ma tali sconfitte subite dalla Confederazione non sono la prova dell'inadeguatezza dei calcoli strategici di Lee. Invece, osserva Gallagher, la strategia di Lee ha servito bene e in modo efficace la Confederazione; infatti, in diverse occasioni, e in particolare, a metà 1864, la voglia di vincere dell’Unione stava scemando. Alla fine le immense risorse dell'Unione hanno prevalso, ma solo attraverso l’esemplare leadership di Lincoln e Grant.
Lee inoltre ha sviluppato con Jefferson Davis un eccellente lavoro di collaborazione reciproca che merita rispetto alla pari di quella di Lincoln e Grant, e che riflette la comprensione di Lee sulla superiorità del governo civile sulla autorità militare in una società democratica moderna. Lee, per questo, certamente si qualifica come un moderno soldato.
Lee ha adottato l'offensiva strategica in quanto offriva le migliori possibilità per il Mezzogiorno. L'argomento, molto influente negli ultimi tempi, che una strategia difensiva avrebbe salvato i soldati e servito meglio la Confederazione- dice Gallagher - non è corroborata dalla realtà. Ad es. se il gen.Joseph E. Johnston non fosse stato ferito a Seven Pines nel maggio 1862, e sostituito con Robert E. Lee, la difensiva campagna di Johnston contro l'invasione della Penisola da parte di McClellan sarebbe finita in un altro disastro militare insieme alla perdita di Richmond.
Gallagher ha citato il nazionalismo espansivo di Lee, il suo sminuire le preoccupazioni locali, e il suo sostegno per la modernizzazione quali le necessarie misure dello sviluppo industriale Confederato, e - più radicale di tutti - il fatto di arruolare afro-americani per combattere nelle forze armate confederate. "Lungi dal guardare indietro verso la tradizione del Sud, guardò la nazione confederata in molti modi che assomigliavano poco alla società in cui era nato", secondo Gallagher.
Gallagher contesta una nozione di vecchia data che Lee era troppo un signore nel trattare con i subordinati. Come il corrispondente inglese Arthur JL Fremantle ha detto "le colpe di Lee derivano dalla sua eccessiva amabilità", Gallagher illustra efficacemente le carenze di questa prospettiva, mostrando come Lee ha agito con fermezza, e magari anche con un po 'di spietatezza, verso le manifestazioni di Richard Ewell, suo subordinato.
Il gen.Lee, con le sue vittorie nel 1862-63- secondo Gallagher- ha dato una grande speranza sia ai soldati che combattevano con lui, sia alla popolazione del Sud. Lee rappresentava, per i suoi uomini, la personificazione del classico uomo del Sud, e i soldati credevano nella sua invincibilità. Lee era anche molto popolare tra i suoi soldati, condizione che in un esercito -come dice il prof. Luraghi -si osserva raramente.
Anche dopo Gettysburg, i soldati Confederati hanno continuato a credere in lui. Pure quando le cose si misero male, non mancò mai a Lee il sostegno dei suoi uomini. Infatti, lo storico Gary Gallagher sostiene che l'aggressivìtà di Lee, manifestata attaccando l'esercito dell'Unione, per es.a Gettysburg, è stata fondamentale per mantenere alto il sostegno della popolazione Sudista al fine di continuare la guerra.
Quando Lee, nell'aprile 1865, ha ritenuto che era arrivata l'ora di arrendersi, i suoi soldati l'hanno seguito anche in quest'ultima scelta.
L'analisi di Gallagher riflette la consapevolezza dell'importanza centrale di Robert E. Lee, del suo esercito e della sua strategia, nella difesa della causa della nazione Confederata. Un'altra conseguenza delle tesi del Gallagher è che Lee non viene visto quale un mito costruito nel dopo-guerra dalla Lost Cause. Se questo mito è durato tanto, e dura ancora -dice Gallagher- è a causa della popolarità goduta da Lee già durante la guerra civile e l'importanza posseduta dal generale visto come l'incarnazione del nazionalismo Confederato e quindi non è stato frutto di una invenzione dei sostenitori della Lost Cause. Gallagher, a sostegno della sua tesi, cita non solo l’apprezzamento che Lee otteneva da parte dei Confederati, ma anche i riconoscimenti che durante la guerra pervenivano al generale da parte dell’Unione.
Va sottolineato inoltre che non bisogna valutare i fatti storici come per es. le battaglie perse dai Confederati con le percezioni di detti avvenimenti fatte a posteriori, bensì bisogna valutarle tramite le percezioni effettivamente sentite dai contemporanei in quel preciso momento storico in cui sono avvenute.
La campagna del Maryland del 1862 e Gettysburg sono appunto due dei casi in questione: la percezione dei contemporanei non è stata quella di ritenerle dei punti critici di svolta della guerra. Per es. per quanto riguarda Gettysburg, la maggior parte dei Confederati non l’ha vissuta come una calamità. Invece, la perdita di Vicksburg è stata considerata, nella valutazione dei contemporanei, come una perdita significativa per la causa del Sud.
Va infatti separata la storia fatta di esperienza vissuta, dalla memoria, che a volte, per dei precisi fini politici, distorce la verità storica.
Anche lo storico Ethan S. Rafuse, rifugge dagli attacchi che gli storici moderni revisionisti hanno mosso contro le strategie di Lee; segno evidente che gli storici ritengono che ci sia ancora molto da dire sul generale, nonostante egli sia stato uno dei condottieri più studiati della ACW.
Rafuse sostiene che, dato il vantaggio schiacciante del Nord in termini di uomini e materiali, Lee ha perseguito quella che lo storico in questione definisce una "strategia di esaurimento". Questa strategia, egli scrive, aveva il compito di distruggere la volontà e le risorse che permettono ad una nazione nemica di condurre la guerra nel tempo. La volontà di lottare di Lee era un obiettivo vitale per la strategia militare della Confederazione. Secondo Rafuse, la perdita di vite umane da parte dell'Unione doveva diventare tanto costosa da essere inaccettabile per la società del Nord. Ciò spiega le invasioni del Maryland e della Peensylvania da parte di Lee.

Il parere di Stephen W. Sears
A completamento di questa indagine storiografica su Rober E. Lee, si reputa opportuno fare un accenno alle considerazioni effettuate dallo storico Stephen W. Sears sulla figura del generale.
Le osservazioni del Sears sull'operato in battaglia di Lee sono molto penetranti, egli è considerato uno degli studiosi della ACW più equilibrati e imparziali. Stephen Sears è l'autore di molti libri pluripremiati sulla guerra civile. Il New York Times Book Review lo ha definito "senza dubbio lo storico vivente per eccellenza del teatro orientale della guerra."
Sears ha fatto, tra l'altro, la seguente disamina di tutte le campagne effettuate dal generale.
Gli storici Harry T. Williams e l'inglese JFC Fuller hanno accusato Lee di essere troppo aggressivo e strategicamente provinciale, interessato solo al teatro di guerra della Virginia. Lee è stato definito non-moderno ,e l'ultimo dei grandi generali vecchio stile. Invece, secondo lo storico Stephen Sears, Lee non era né provinciale, né vecchio stile. Ha capito esattamente come il Sud avrebbe potuto vincere la guerra e ciò che era necessario per vincere, e lui ha fatto ogni sforzo per ottenere questa vittoria. E 'stato un concetto decisamente moderno.
I Meridionali avrebbero potuto vincere la guerra attraverso l'intervento straniero, come i loro antenati avevano vinto la guerra d’indipendenza, o avrebbero potuto vincere sul campo di battaglia e costringere così il Nord ad intavolare la pace. D'altra parte, la Confederazione avrebbe potuto ottenere la sua indipendenza con una serie di vittorie, o solo con una grande vittoria, all’Est. La distruzione dell'esercito principale dell'Unione e guardiano di Washington, l'Armata del Potomac, ottenuta in una Sharpsburg o in una Gettysburg, offriva la migliore occasione per costringere l'amministrazione Lincoln a chiedere la pace. Anche raggiungere una situazione di stallo, sia pur sanguinosa, contro l’esercito dell’Unione, come Lee aveva quasi raggiunto nella campagna estiva del 1864, avrebbe potuto servire per guadagnare almeno una pace negoziata e lo status quo prebellico, con il ritorno del Sud nell'Unione con i suoi "diritti" e la sua peculiare istituzione intatta.
Lee non escludeva la possibilità di un intervento inglese e francese, ma su quest’ultimo aspetto si è dimostrato realistico: "Dobbiamo convincerci di combattere le nostre battaglie solo con noi stessi", scrisse nel dicembre del 1861. "Non aspettatevi di ricevere aiuto da alcuno.” Non c'era niente di provinciale nella sua prospettiva. Uno dei suoi collaboratori ha riportato la sua osservazione che "poiché il dovere tutta la nazione è quello di fare la guerra fino all'indipendenza, l'intera nazione deve contribuire per raggiungere questo fine con tutti i mezzi a disposizione e con il contributo di tutti.".
Che Lee abbia agito spesso in modo molto aggressivo nella sua strategia e spesso nella sua tattica, è fuori discussione. Il fatto che egli a volte non avesse altra scelta pratica non è sempre stato apprezzato da quei critici che, vedono le battaglie della guerra civile attraverso la lente del senno di poi.

a) La Campagna della Penisola
Secondo lo storico Stephen W. Sears, in ogni occasione, Lee ha aggressivamente preso l'iniziativa strategica, come ha fatto quando ha preso il comando per la prima volta nel giugno 1862 durante la campagna della Penisola.
Nella lotta contro McClellan per Richmond, in the “Seven Days' Battles”, nell'ultima settimana di giugno, Lee ha adottato l'offensiva sia a livello tattico che strategico. Mentre la sua strategia complessiva è stata eccellente, la sua tattica rifletteva la sua inesperienza: i suoi piani di battaglia erano troppo complicati, il suo staff non era eccelso e i suoi ordini erano troppo esigenti. A Malvern Hill, fu un disastro. Ma Lee non aveva altra alternativa reale se non quella di giocare il ruolo di aggressore in questa lunga settimana di battaglia. Se restava sulla difensiva, avrebbe permesso a McClellan di assediare Richmond, e perdere Richmond sarebbe stato un colpo per la Confederazione, la quale non avrebbe potuto sopravvivere, anche se alcuni generali da tavolino sostennero il contrario. In questo caso, l’offensiva di Lee, pur imperfetta come era, è stata implacabile, e il suo avversario se ne è dovuto rendere conto. Questa è stata anche la prima esperienza di McClellan di comando sul campo.

b) Second Manassas (Second Bull Run)
Se Chancellorsville può essere considerato il capolavoro tattico di Lee, il suo capolavoro strategico è stata la battaglia di Second Manassas (Second Bull Run) la campagna intrapresa da Lee nel mese di agosto del 1862. In essa, dimostrando un infallibile senso del tempo come un elemento nella conduzione di una guerra, ha sbaragliato l'armata di John Pope, una delle armate Nordiste schierata contro di lui, prima che l'altra, sotto McClellan, potesse unirsi per sopraffarlo. Il suo margine nella realizzazione di questa impresa consisteva in una questione di poche ore, ma Lee rimase imperturbabile. Second Manassas ha dimostrato quanto bene egli avesse imparato la lezione di comando tattico durante the Seven Days. Le sue disposizioni per la battaglia sono state ottime, le sue due grandi divisioni sotto Longstreet e Jackson erano come pistole nelle sue due mani, così egli le ha gestite mirabilmente.

c) La battaglia di Sharpsburg (o Antietam)
La decisione di Lee, dopo la vittoria di Second Manassas, di attraversare la frontiera settentrionale del suo Paese (come egli ha chiamato il Potomac) e marciare verso il Maryland è stata molto dibattuta. Era intesa come un invasione? O come un raid? Cosa poteva sperare di ottenere cambiando la strategia generale della Confederazione da difensiva a offensiva? La logica di Lee era semplice e diretta: attraversare il Potomac era l'unico modo per mantenere l'iniziativa, e il marciare verso il nord offriva la migliore strada verso la vittoria. Il Generale McClellan, era un generale abile- disse Lee- ma era molto timido e indeciso. Lee sarebbe andato a dare battaglia a McClellan e l'avrebbe schiacciato. Ma non tutto è andato come Lee aveva previsto. Un corriere perse una copia del suo piano della campagna, che fu trovato da un soldato yankee e portato a McClellan. La conseguenza fu la battaglia di Sharpsburg (o Antietam), il 17 settembre. Sharpsburg è stata una battaglia che Lee non avrebbe dovuto combattere: McClellan è stato così lento ad agire che Lee avrebbe potuto scivolare indietro attraverso il Potomac se avesse voluto. Porter Alexander, artigliere nell'esercito di Lee e un osservatore particolarmente astuto, lo ha definito "il più grande errore militare che il generale Lee abbia mai fatto." Tuttavia, quando il generale McClellan ha portato il suo esercito davanti all'Antietam Creek , anche Lee ha portato il suo. Questo era il reale motivo del motivo per il quale Lee ha combattuto. Egli era sicuro di poter battere il timido, cauto McClellan in ogni battaglia, e in effetti, Lee ha guadagnato una vittoria ,di misura, tattica, infliggendo perdite del 20 per cento superiori rispetto a quelle da lui subite. Alla fine, il suo esercito era troppo male in arnese per continuare la campagna, e quindi Lee ha dovuto ripiegare in Virginia. Il profitto di Sharpsburg non valeva il costo. Dire questo non vuol dire che Lee era stato eccessivamente aggressivo ad attraversare il Potomac ed a marciare verso nord. Con il suo esercito intatto, riposato e operativo come egli aveva voluto e su un terreno di sua scelta, e di fronte a un generale di cui era estremamente fiducioso di poter battere, Robert E. Lee aveva ogni ragione di credere che avrebbe vinto la battaglia che cercava. In quei mesi autunnali del 1862, le sue truppe e i suoi luogotenenti erano in buona forma e di ottimo morale; egli era al massimo delle sue potenzialità, e quando ha insistito sul fatto che senza la sfortuna dell'ordine perduto avrebbe schiacciato McClellan, il suo parere è degno di rispetto.

d) Fredericksburg e Chancellorsville
Dopo che il suo esercito era stato fermato nel Maryland, Lee fu costretto a cedere l'iniziativa strategica per la prima volta da quando aveva assunto il comando, ma grazie ai due generali che in seguito lo affronteranno, questo ultimo aspetto non si è dimostrato uno svantaggio.
Nel mese di Dicembre, il successore di McClellan, Ambrose Burnside, ha scagliato inutilmente il suo esercito contro l'Armata della Virginia Settentrionale a Fredericksburg, l'attacco più insensato della guerra. Cinque mesi più tardi, nel maggio 1863, è stato "Fighting Joe" Hooker a sfidare Lee. “Lee sarcasticamente lo chiamava "Mr. FJ Hooker” e ancora una volta ha approfittato del fatto che il suo avversario era comandante di un esercito in battaglia per la prima volta. A Chancellorsville, Hooker si perse d'animo e si fermò. Lee divise le sue forze di fronte a un esercito che lo superava di numero quasi di 2-1 e inviò Stonewall Jackson, con una delle sue famose marce, sul fianco. L'attacco di Jackson ha sorpreso gli Yankees, e la pressione esercitata da Lee su tutti i punti della linea di battaglia, ha costretto Hooker ad ammettere la sconfitta e a riportare il suo esercito al suo punto di partenza. Per Lee la grande vittoria è stato segnata da il ferimento mortale di Jackson; con Jackson morto- egli disse- aveva perso il suo braccio destro.

e) Gettysburg
All'apertura della campagna di Gettysburg un mese dopo Chancellorsville, Lee è stato ancora una volta in grado di tenere l'iniziativa strategica, e si trovò ancora una volta contro un generale, George G. Meade, che comandava un esercito in battaglia per la prima volta. Nei primi due giorni di combattimenti a Gettysburg, Lee si trovò vicino a vincere la sua “Canne”. Il suo morale era alto, continuò l'offensiva e così commise l'errore mortale della carica di Pickett. Questo attacco offre il miglior argomento per i critici dell'aggressività di Lee, "Tutto questo è avvenuto per colpa mia, sono io che ho perso la battaglia", ha detto ai soldati superstiti di Pickett. Eppure, così imponente era la sua reputazione in quel luglio del 1863 che il generale Meade non si è lanciato all'inseguimento quando Lee si ritirò in Virginia. "Gettysburg", scrisse lo storico Shelby Foote , "è stato il prezzo pagato al Sud per avere RE Lee."
L'attenzione si è poi spostata ad Ovest, dove era caduta Vicksburg e i Federali avevano minacciato di sfondare la porta di Chattanooga nel profondo sud. Il corpo di Longstreet venne inviato come rinforzo a ovest, e Jefferson Davis propose a Lee di andare lui stesso all'Ovest e prendere ivi il comando. Lo avrebbe fatto se il presidente avesse voluto, disse Lee, ma suggerì che doveva essere un cambiamento a titolo permanente, altrimenti il “Western high command” non avrebbe mai sostenuto un generale provvisorio. Altrettanto preoccupante, chi avrebbe comandato l'Armata della Virginia Settentrionale in sua vece? Jackson era morto e Longstreet era in Occidente, e Lee non avrebbe potuto suggerire nessun altro militare competente per il predetto posto. Davis accettò dette considerazioni e Lee rimase al suo posto. Nell'indebolimento dell'esercito Confederazione ,Lee era preminente, ed era insostituibile.

f) Lee vs Grant
Lee si trovò contro Grant nella primavera e nell'estate del 1864, negli scontri di Wilderness, a Spotsylvania, a Cold Harbor e Petersburg. Con un esercito costantemente e inevitabilmente indebolito e contro un generale del suo livello quale era Grant, Lee ha contrastato ogni progresso e respinto gli attacchi dell'esercito dell'Unione e ha inflitto quasi due volte al nemico le perdite da lui subite. A Petersburg l'assedio durò nove mesi. Qui l'Armata della Virginia Settentrionale è stata tenuta a bada da Grant, che era il sesto generale che si scontrava contro di essa, ma al tempo stesso, nonostante gli sforzi dell'Armata del Potomac, la guerra in Oriente arrivò ad un punto morto. I due generali del teatro occidentale, Joe Johnston e John B. Hood, non hanno potuto raggiungere una situazione di stallo analoga, tuttavia, entro la primavera del 1865, Lee aveva capito che la sconfitta finale era inevitabile. “This is the people's war,” egli disse- “When they tire, I stop.”

g) Appomattox Courthouse
A febbraio del 1865 venne nominato generale in capo di tutti gli eserciti della Confederazione, ma da allora ci fu ben poco da fare per lui. In linea con la sua precedente richiesta di mobilitare per la guerra l'intera nazione del Sud ,egli propugnò l'idea di armare gli schiavi, che avrebbero poi guadagnato la loro libertà. Per quanto riguarda i soldati neri confederati, disse "Penso che avremmo potuto fare altrettanto bene con loro come ha fatto il nemico".
In primavera, Lee sentì il dovere di tentare un'ultima campagna , e riuscì a districare il suo esercito da Petersburg nella speranza di unirsi a Joe Johnston in North Carolina e in qualche modo portare avanti la lotta. Ma si stava avvicinando il momento della resa a Appomattox Courthouse dove avrebbe incontrato il Generale Grant e sarebbe stata la fine della guerra.
Il gen. Porter Alexander esortò Lee a non arrendersi, ma invece di lasciare che gli uomini si disperdessero verso le colline al fine di portare avanti una “guerrilla war” contro gli invasori yankee. No- disse Lee,- perché tale lotta avrebbe significato la rovina definitiva per il Sud, " ne verrebbe fuori una situazione tale da cui ci vorrebbero degli anni per recuperare il paese. Dobbiamo semplicemente guardare in faccia la realtà e cioè che la Confederazione non è riuscita ad imporsi." Con la sua resa, dalla quale è seguita la resa di tutto il resto delle forze della Confederazione, Lee ha compiuto uno dei suoi servizi più duraturi per gli Stati Confederati d'America.

Conclusioni
Concludendo, rimane il fatto che il gen. Lee- al di là degli aspetti del suo carattere che rientrano nella sfera privata del singolo- può essere considerato uno dei massimi generali di tutti i tempi, paragonabile ai grandi condottieri Europei. Le sue vittorie sui campi di battaglia e le sue intuizioni- la cd. prescienza di Lee- sono entrate nella storia militare e le sue manovre tattiche sono ancor oggi studiate nelle migliori Accademie militari.
Edward Porter Alexander registrò un aneddoto su Lee, all'inizio della guerra, che si rivelò una profezia prima che il generale diventasse famoso come comandante sul campo di battaglia, che è stato ampiamente citato. Alexander chiese ad un aiutante del presidente Jefferson Davis se pensava che Lee avesse audacia sufficiente a condurre un esercito sul campo. "Lee è audacia personificata", rispose l'uomo. "Il suo nome è audacia, e non dovete avere paura di non vedere tutto ciò che si vorrà vedere." Lee possedeva una audacia istintiva per fare tutto ciò che era necessario per vincere, e se è stato respinto a Malvern Hill e con la Pickett's Charge, è stato anche responsabile per la brillantezza dimostrata a Chancellorsville e a Second Manassas e in una dozzina di altri combattimenti che hanno esteso la vita della Confederazione al di là di ogni aspettativa ragionevole. Lee combatteva per vincere e il suo obiettivo primario era la distruzione dell'esercito nemico e non l'occupazione di territori. Sappiamo bene che non tutti i generali della guerra civile hanno combattuto nel predetto modo. Il gen. dell'Unione Henry W. Halleck, per esempio, era soprattutto interessato a guadagnare territorio quando era al comando sul campo. Il generale McClellan era famoso per combattere ma in modo da non perdere. Joseph E. Johnston, quando si oppose a McClellan in Virginia e in seguito a Sherman in Georgia, si ritirò costantemente al fine di evitare la sconfitta.
Paul C . Nagel, biografo di Lee, ha fatto un'interessante osservazione: "In due momenti della sua vita"- scrive Nagel del generale- "ha mostrato coraggio e fantasia". Questi si sono verificati sui campi di battaglia della guerra messicana e della guerra civile. Ma in altri momenti di tempo, Lee sembrava una persona molto tranquilla e poco incline al combattimento. E' in occasione della leadership mostrata e del comando esercitato in battaglia che Lee ha preso coscienza e fiducia in se stesso. Grazie a questa suprema fiducia nella sua generalship, Lee ha sconfitto molti generali Nordisti che ha incontrato in guerra, a parte l'ultimo, US Grant, che possedeva la medesima fiducia in se stesso come comandante.
Infine, possiamo aggiungere che la strategia globale sul come condurre la guerra sui vari fronti non spettava certo a Lee, bensì spettava al presidente CSA, Jefferson Davis. Che poi- come sostengono gli storici revisionisti- Lee abbia influito sulle scelte del presidente Davis, dato il suo ascendente su di esso, non può essere considerato motivo sufficiente per attribuire l’intera responsabilità su Lee della condotta strategica messa in atto dalla Confederazione. Mi sembra ragionevole l'osservazione mossa dallo storico Stephen W. Sears il quale scrive che bisognerebbe analizzare meno la psiche di Lee e invece studiare di più il suo comportamento sul campo di battaglia

A mio avviso, le critiche poste alla generalship di Lee da parte degli storici revisionisti o del "politically correct" sono da ritenersi eccessive. Detto questo, ritengo che detti storici dei meriti li abbiano comunque avuti, in quanto, oltre ad arricchire il dibattito storiografico sulla ACW che per anni si era sclerotizzato con i miti prodotti dalla Lost Cause, essi sono serviti ad un’opera di più giusta collocazione del gen.Lee, togliendogli quell’immagine stereotipata e quasi sacra che gli storici della Lost Cause gli avevano dato.
In secondo luogo, i revisionisti hanno dato spunto ad altri storici, quale il Gallagher, di riesaminare la figura del generale sotto una nuova veste, prendendo quello che vi era di buono della corrente della Lost Cause.

Fonti:
Raimondo Luraghi- Storia della Guerra Civile Americana
Wolfang Schivelbusch- La Cultura dei Vinti
Articoli tratti dai seguenti siti Web:
H-net- The South- Reviews in h-net.org
Historynet.com
American Civil War essays e research in acwresearcher.wordpress.com
Australasian Journal of American Studies in anzasa.arts.usyd.edu.com
American History in americanheritage.com
Thoughts, essays, and musings on the civil war in bobcivilwarhistory.blogspot.com