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•La figura del generale
Robert E. Lee secondo la storiografia antica e moderna
Testo a cura di Stefano Di Matteo
Pubblicato il 18/01/2011
Premessa
L’articolo che segue riguarderà la figura del gen.Lee vista
attraverso le opinioni espresse in merito dalla storiografia, a
cominciare da quella più antica, fino ad arrivare a quella di ultima
generazione.
Non si tratterà solo della figura del generale, vista in qualità di
combattente e stratega, ma si analizzerà anche la sua vita di uomo,
marito e padre, nonché si analizzeranno le scelte dolorose da lui
effettuate- quale le dimissioni dall’esercito USA- e le idee
possedute dal medesimo sugli argomenti che all’epoca erano di
attualità.
Si vedrà che gli storici moderni, i cd. Revisionisti, hanno
formulato teorie dirompenti sui vari aspetti della vita del
generale, le quali vanno contro ad una tradizione storiografica
che per anni ha dominato il panorama dell’ACW, teorie che a taluni
potranno anche non piacere. Al riguardo, si fa presente che le
teorie in questione- comunque si giudichino- sono servite ad
arricchire il dibattito sulla figura del generale che sicuramente
produrranno in seguito altre pubblicazioni in merito. Mentre Lincoln
rimane la personalità della guerra civile su cui si è più scritto,
Lee detiene il secondo posto.
Il 2007 ha segnato il 200 ° anniversario della nascita di Robert E.
Lee, uno dei comandanti più riveriti negli USA. Ma le opinioni su di
lui stanno cambiando nell’era del "Politically Correct". Lee era un
eroe il cui coraggio e la leadership sono state superate solo dal
suo onore e umanità? O era un traditore, la cui abilità militare ha
servito una cattiva causa e prolungata una ribellione contro il suo
governo legittimo?
Lo storico Stephen W. Sears dice che sulla figura di Lee si arriva
ad affermare un ingombrante paradosso, in quanto, oggi, sia coloro
che considerano il Generale Lee un danno alla Confederazione e
quelli che lo considerano un genio militare senza macchia, giungono
alla stessa conclusione: Il Sud sarebbe stato meglio senza di lui.
Il detrattore di Lee afferma che il generale ha sperperato le poche
risorse del Sud di uomini e di materiali, distruggendo ogni
possibilità di vittoria finale della Confederazione; l’ammiratore di
Lee dice che senza di lui la Confederazione si sarebbe sbriciolata
presto, risparmiando così numerose vite dei meridionali e molta
sofferenza al Sud. E' comunque un fatto sicuro affermare che il
corso della guerra civile come lo conosciamo, sarebbe stato molto
diverso senza il gen. Lee.
La scrittrice Maria Chesnut, che lo osservò con attenzione durante
la guerra, si chiese se qualcuno avrebbe potuto davvero conoscerlo:
"Sembra così freddo e silenzioso e imponente"-scrisse.
Quando Lee assunse il comando dell'esercito del Nord Virginia nel
1862, scrive Bruce Catton, "Questo grigio uomo in grigio cavalcava
il suo cavallo pezzato grigio ed entrò nella leggenda quasi subito,
e come tutte le figure leggendarie sembrò quasi soprannaturale, un
uomo di profondo mistero "
Per alcuni, Robert E. Lee è una figura remota, una icona in marmo.
Per altri, era semplicemente un grande comandante. Ma anche oggi,
per tante persone, Lee era molto di più, e il suo personaggio brilla
dal passato, illuminando il presente.
Un aspetto rimane certo: a più di duecento anni dalla sua nascita,
il generale confederato Robert E. Lee rimane una figura centrale
della storia americana, venerato da alcuni, e vituperato da altri, e
nonostante si sia parlato molto, si continua a discutere su di lui.
La
storiografia tradizionale
Come era veramente Robert E. Lee? Di tutte le questioni sollevate
nel corso degli studi sulla guerra civile, questa è, forse, una
delle più intriganti per gli storici. Uno dei motivi per i quali gli
studiosi della ACW continuano a meditare su questa domanda è
rappresentato dai vari e ampi punti di vista sulla figura di Lee
presentati dalla storiografia. Pertanto, in larga misura, Lee può
essere considerato un enigma. Dalla fine del XIX secolo fino alla
metà del Novecento, Lee è stato in primo luogo presentato in vari
modi che raggiungono la perfezione dell'essere uomo. E’ stata
descritta la sua vita dall'infanzia e sin dai primi giorni passati
come cadetto all'Accademia di West Point: Robert E. Lee aveva
colpito i suoi compagni e gli insegnanti come una "figura ideale, un
uomo aristocratico, alto, straordinariamente bello, luminoso,
virile, con la propensione al comando". A West Point si diplomò 2°
nella graduatoria finale e non registrò alcuna nota di demerito.
Si distinse durante la guerra Messicana e nell'esercito USA
raggiunse il grado di colonnello, grado che ricoprì fino alla
secessione dello Stato della Virginia e alle sue dimissioni dal
predetto esercito. Lee, nel periodo ante-guerra civile, nonostante
si fosse dimostrato un soldato valente e preparato, ci vollero 32
anni per arrivare a ricoprire il grado di colonnello a causa del
ritmo lento delle promozioni nell'esercito in quel periodo, e a
volte egli mise in discussione la possibilità di continuare la
carriera militare come avevano fatto molti suoi colleghi diplomatisi
a West Point, i quali dopo la guerra Messicana si dimisero
dall'esercito per intraprendere carriere civili.
Successivamente, la sua brillante leadership dimostrata in qualità
di generale nell'esercito Confederato- un comandante che, secondo la
storiografia tradizionale, aveva a lungo lottato contro un destino
avverso, ma alla fine aveva dovuto soccombere- avrebbe prodotto
l’ammirazione dei Sudisti, ammirazione che sarebbe stata
successivamente condivisa da molti Nordisti dopo che le passioni
scaturite dalla guerra si saranno affievolite.
I primi scritti degli ex Confederati lo hanno raffigurato come una
figura nobile simile a Cristo sofferente. Lee, nel dopo-guerra, è
diventato un simbolo della nota corrente della Lost Cause (per
approfondire l'argomento concernente detta corrente storico-
letteraria, vi rimando all'articolo pubblicato nel sito che riguarda la tematica in questione).
Anche la monumentale opera, composta da quattro volumi, di Douglas
Southall Freeman del 1934, vincitore del Premio Pulitzer,con "RE Lee:
A Biography", lo ha raffigurato alla stregua di un santo, un modello
perfetto di uomo e di comandante militare. Freeman non ha trovato
contraddizioni nell’uomo- Lee. Per detto storico, Lee non aveva
segreti; Robert Lee, scrisse, "era uno dei grandi uomini della
società in cui non vi è alcuna contraddizione da spiegare, nessun enigma
da risolvere, era un signore del tutto umano, e gli elementi
essenziali del suo carattere positivo sono stati due e solo due, la
semplicità e la spiritualità". Se Douglas Freeman dipinge a volte
Lee quale una figura mitica, egli respinge l'idea che ci fosse
qualcosa di enigmatico in lui. Lee era semplicemente un soldato
professionista che ha trovato la sua vera vocazione in guerra, che,
per dirla con Bruce Catton, "ha capito i processi di guerra come
pochi uomini hanno mai fatto."
Freeman descrive Lee come un uomo profondamente religioso, che non
ama la schiavitù e la secessione, ma accetta con riluttanza a
schierarsi con il suo stato nativo, la Virginia, quando inizia la
guerra civile. Lee, nonostante debba fare i conti con la costante
mancanza di uomini e di rifornimenti, combatte contro le forze
schiaccianti del Nord e lo sconfigge in una battaglia dopo l'altra.
Eppure, dopo ogni sconfitta, i Nordisti reclutano nuovi soldati,
riforniscono i loro grandi eserciti, e le forze di Lee diminuiscono
sempre di più. Alla fine, nemmeno il genio tattico di Lee può
salvare la Confederazione che si trova in inferiorità numerica, cosa
che comporta l'inevitabile sconfitta. Le battaglie sono state perse
anche per colpa dei suoi subordinati. Ad esempio, Freeman afferma
che il Sud ha perso la battaglia di Gettysburg soprattutto a causa
della testardaggine manifestata da parte del generale James
Longstreet, nell'eseguire con riluttanza gli ordini di Lee.
Longstreet si era opposto al piano di Lee nel giugno del 1863 per
cercare di schiacciare l'Armata del Potomac invadendo la
Pennsylvania e impegnando gli Yankees in una battaglia sul loro
stesso terreno (Raimondo Luraghi nel suo libro sulla guerra civile
americana, dice che lo storico D.S.Freeman, nel libro "Lee's
Lieutenants", vol.III, abbia cambiato opinione sull'operato di
Longstreet).
Il lavoro epico di Freeman è stato a lungo considerato l'opera
definitiva su Lee, e avrebbe dominato la storiografia per oltre
trenta anni. Freeman ha dedicato 19 anni per scriverla e detta opera
è stata considerata una delle migliori biografie scritte in America.
Naturalmente, senza togliere nulla al lavoro di Freeman, gli storici
revisionisti ritengono che questo ritratto unidimensionale di Lee
sia in gran parte un prodotto della campagna costruita dopo la
guerra mossa dagli ex gen. Conf. Jubal Early, William N. Pendleton,
Fitzhugh Lee (nipote del Generale Lee) e dagli altri leader del
movimento della Lost Cause, i quali sono stati gli artefici della
mitizzazione postuma del gen.Lee; egli, infatti, ha sempre giocato
un ruolo centrale nello sviluppo del "mito" della Lost Cause in
quanto- a loro dire- il Sud aveva un disperato bisogno di un eroe
mitico per giustificare le perdite immense di uomini subite durante
la guerra civile. Questa è una delle ragioni principali per cui ci
sono stati pochi esami critici della leadership militare di Lee da
parte degli storici del Sud. Thomas L. Connelly- storico
revisionista- scrive che Robert E. Lee " era come un balsamo per
lenire la sconfitta", "glorificare Lee era un modo per glorificare
la causa del Sud".
Lee come
descritto dalla storiografia tradizionale
Lee- come abbiamo visto- è stato descritto dalla storiografia
tradizionale come un uomo contrario alla secessione e profondamente
attaccato al suo paese: gli USA. Era considerato il miglior
ufficiale dell’esercito e pertanto, il Nord gli offrì di assumere un
alto comando nell’esercito dell’Unione. Ma quando il suo Stato di
origine, la Virginia si staccò dall’Unione, Lee si dimise
dall’esercito USA per un senso di lealtà verso la sua terra. Poi
passò al servizio della Confederazione quando gli venne offerto un
incarico militare. Il gen. Winfield Scott, Comandante in Capo
dell'esercito degli Stati Uniti, che lo stimava dai tempi della
guerra Messicana dove aveva servito sotto il suo comando e lo
considerava l'ufficiale più capace e preparato dell'esercito, quando
lo convocò a Washington il 18 aprile 1861, offrì a Lee il grado di
generale e il comando della Armata del Potomac; in quel drammatico
colloquio, Lee disse che non poteva sguainare la spada contro la
"sua" Virginia. Certo, in questo modo, rinunciava ad una luminosa
carriera, ma tutto questo rientrava nel carattere disinteressato di
Lee. Lo storico italiano Raimondo Luraghi, nella sua "Storia della
guerra civile americana" descrive i momenti non facili che passò Lee
quando scrisse la lettera di dimissioni dall'esercito degli Stati
Uniti, alla vigilia della guerra civile. Dopo tanti anni trascorsi
nell'esercito dove aveva servito in modo splendido ed era da tutti
considerato il miglior ufficiale, si ritiene che egli abbia passato
dei momenti terribili nell'attimo in cui si accingeva a fare una
scelta sicuramente dolorosa, firmando la lettera di dimissioni.
L'esercito rappresentava tutta la sua vita, essendo un militare
dalla testa ai piedi; ora si accingeva a combattere contro quella
bandiera che aveva servito fedelmente per tanti anni. Avendo, come
uomo di una certa levatura, anche una visione futura di quanto
sarebbe successo in seguito durante la guerra civile, la cosa non lo
entusiasmava per niente. In quel momento così tragico per lui, si
sentiva profondamente ostile nei confronti della secessione e nei
confronti di chi, da entrambe le parti, l'aveva provocata.
Si ricorda infine il contegno dignitoso da lui tenuto durante la
resa di Appomattox davanti al gen. Grant comandante dell’Armate
dell’Unione e il sodalizio che si creò tra i due generali nel
firmare le condizioni di resa. Infine, ricordiamo il discorso finale
ai veterani della gloriosa ANV nel quale si invitava i soldati a
tornare nelle loro case ed a ricostruire i loro paesi martoriati
dalla guerra, discorso che conteneva anche un invito implicito a non
mettere in atto la guerriglia che avrebbe provocato altri lutti e
rovine. Lee ha esortato i suoi uomini ad essere buoni cittadini di
una nazione unita come erano stati dei buoni soldati in guerra,
cercando in questo modo di rimuovere gran parte del rancore e
dell'ostilità derivanti dal conflitto. Lee, prima di ogni altro
leader americano, ha riconosciuto che il popolo del Nord e del Sud
potevano condividere identici ideali ed aspirazioni.
Lee si è dedicato, dopo la fine della guerra, alla riconciliazione
delle due sezioni del paese. Divenne presidente del Washington
College di Lexington in Virginia, ora Washington & Lee University, e
avviò un programma per educare una nuova generazione di meridionali
a essere patriottici e leali cittadini di una nazione unita.
Lee, nel dopo-guerra divenne una vera e propria icona per il Sud,
un'icona di cui- col tempo- si appropriò tutto il popolo americano.
Circolava nel Sud una battuta di una bambina che chiedeva: "Nonna,
non ricordo - il generale Lee era nel Vecchio Testamento o nel Nuovo
Testamento?
Entro la fine dell'800, Lee non era più considerato solo come un
virginiano o un meridionale, ma piuttosto come un eroe nazionale. In
una serie di saggi, Charles Francis Adams Jr., nipote e pronipote di
presidenti USA, ha ben inserito Lee in questo nuovo ruolo. Adams ha
parlato di "debito di riconoscenza che questo paese riunito,
dell'Unione e della Confederazione- Nord e Sud- deve a Robert E. Lee
della Virginia". I giornalisti hanno accomunato Lee con Washington e
Lincoln come "the first triumvirate of greatness." Quando la Hall of
Fame è stata istituita presso la New York University nel 1901, Lee è
stato uno dei primi ad essere accolto nel pantheon. Gamaliel
Bradford, scrivendo una biografia del 1912 su di lui, l’ha chiamata
semplicemente “Lee L’Americano”. Un meridionale ha ben riassunto la
grande statura del soldato più importante della Confederazione:
"Qualsiasi cosa possiamo aver perso in questa lotta, abbiamo dato al
mondo Robert E. Lee."
ll presidente USA, Theodore Roosevelt, nel 1907, in occasione del
centenario della nascita di Lee, tesse in pubblico le sue lodi, e lo
citò come esempio di virtù americane, ammettendo che la figura del
generale apparteneva a tutto il paese.
Con il passare degli anni, la glorificazione del generale ha
contribuito in qualche modo a formare una memoria collettiva comune
in tutta la nazione, nello spirito di riconciliazione che dava atto
della bravura e del valore dei soldati di entrambi gli schieramenti
(Nord e Sud).
Lee, eroe
della Lost Cause
La creazione del mito di Robert E. Lee inizia solo dopo la sua
morte, nel 1870, in vita il generale non l'avrebbe consentito. Va
detto comunque che, immediatamente dopo la resa di Appomattox, nel
Sud non c’era tanta voglia di idolatrare i loro generali. La guerra,
dopo tutto, si era persa sul campo di battaglia, e ora non c'era
nulla da festeggiare o ricordare. Il processo di glorificazione
inizierà anni più tardi.
E' singolare il fatto che l'eroe della Lost Cause sia stato proprio
il gen. Lee piuttosto che i due condottieri Sudisti più giovani
quali Thomas "Stonewall" Jackson e JEB Stuart. Essi erano morti in
battaglia e potevano incarnare l'ideale cavalleresco di una volta ed
essere identificati come i martiri della Lost Cause. Si scelse
invece Lee che era più anziano di loro e non era morto in battaglia.
Lee rendeva meglio tale effetto perché, oltre ad essere il generale
che aveva sconfitto più volte l'esercito Nordista, era l'uomo che si
era arreso ad Appomattox ed aveva provato il senso della sconfitta,
ma aveva mantenuto tutta la propria dignità in un momento così
tragico per il Sud.
L’elevazione di Lee è stata compiuta a spese di altri generali
confederati, quali PGT Beauregard e Joseph E. Johnston, le cui
figure furono progressivamente sminuite dai commentatori dell’epoca.
Anche l'eroico Stonewall Jackson, colpito
a morte nel momento della sua vittoria a Chancellorsville, è stato
quindi ridotto a semplice luogotenente di Lee, e i trionfi del
medesimo sono rientrati sotto la direzione onniveggente del suo
comandante generale. Ma queste retrocessioni si sono dimostrate un
pallido surrogato rispetto alla "Crocifissione" del tenente generale
James Longstreet.
Altro elemento interessante è il fatto che il gen.Lee non pubblicò
le proprie memorie di guerra nè partecipò agli interventi e alle
discussioni più o meno polemiche che si scatenarono nel dopo-guerra
intorno alle responsabilità della sconfitta del Sud e in particolare
per il disastro di Gettysburg.
Mentre gli altri condottieri Sudisti con le loro memorie e le loro
discussioni tendevano ad auto giustificarsi, addossando le colpe gli
uni sugli altri e perdendo così di credibilità nel tentativo di
assolversi per i comportamenti tenuti, il gen.Lee, con il suo
silenzio, mantenne un comportamento al di fuori della mischia,
formando il mito "dell'eroe" solitario che si erigeva con il suo
comportamento al di sopra delle parti. Alcuni commentatori
dell'epoca chiesero a Lee di scrivere e pubblicare le proprie
memorie, le quali sarebbero state anche ben compensate, ma Lee fu
irremovibile nel suo intendimento. I motivi che addusse erano che
era troppo vecchio e che non voleva alimentare altre polemiche. Egli
confessò di essere rimasto molto amareggiato da quanto scrivevano i
giornali del Nord che lo definivano un traditore per essere venuto
meno al giuramento di fedeltà prestato all'Accademia di West Point.
La scelta del gen.Lee di non scrivere le proprie memorie è
indubbiamente degna di rispetto, però, teniamo conto che il generale
è stato un elemento trainante per tutta la durata della guerra,
pertanto è mancata ai posteri una fonte che poteva servire molto per
una conoscenza più approfondita della ACW.
La corrente
revisionista- le opere principali
Negli ultimi decenni c'è stato un rinnovato interesse per lo studio
della figura di Lee da un punto di vista più moderno, che ha
prodotto molti lavori di carattere revisionista. Certo, ci si rende
conto che la parola "revisionista", può evocare il "politically
correct” e dare una visione dei fatti che può risultare a volte
storicamente inesatta, e, in qualche caso, le opere di storia
revisionista sono state fatte senza uno studio accurato delle fonti
primarie. Tuttavia, per quanto riguarda Lee, un po' di revisionismo
probabilmente era necessario perché di lui sappiamo veramente e
capito così poco.
Va precisato che dette classificazioni (revisionisti e
post-revisionisti) servono esclusivamente per individuare in modo
agevole le diversità di vedute degli storici, ma non corrispondono
ad una sistematicità acclamata a livello scientifico.
I lavori più moderni revisionisti- di un certo
livello- che hanno trattato la figura di Lee sono quelli di Emory
Thomas, "Robert E. Lee: A Biography", alle opere di Thomas Connelly,
in particolare, " The Marble Man: Robert E. Lee and His Image in
American Society" ,"The Making of Robert E. Lee" di Michael Fellman,
Alan T. Nolan, " Lee Considered: General Robert E. Lee and Civil War
History” e la biografia psicologica di Roy Blount," Robert E. Lee".
Mentre le caratterizzazioni specifiche di Lee espresse in queste
opere sono differenziate in tono e tonalità, tutte hanno in comune
il filo conduttore che Lee era molto più fallibile e "umano"
rispetto a quanto raffigurato in studi precedenti. Tutti questi
analisti moderni danno uno sguardo molto più dettagliato alla vita
di Lee ed esaminano attentamente gli aspetti inesplorati della sua
vita quali l'impatto della sua infanzia e delle esperienze
adolescenziali nella formazione del carattere del generale, così
come le motivazioni che hanno spinto ed influenzato la sua
performance come leader e comandante. Alan T. Nolan, uno dei più
importanti critici di Lee, e sicuramente molto radicale nei suoi
giudizi sul generale, ha scritto di una immunità goduta da Lee alla
critica vera e propria perché, egli disse, "esiste un'ortodossia, un
dogmatismo negli scritti che lo riguardano. I dogmi non appartengono
soltanto al generale stesso. Ma si estendono anche al contesto della
sua vita e alle cause, alla condotta e alle conseguenze della guerra
civile" Nolan comunque non vuole diffamare Lee. "Non nego la
grandezza di Lee", scrive, ma "Lee era, dopo tutto, uno di noi, un
essere umano, ... un grande uomo, ma, anzi, un uomo, non un dio".
Thomas L.Connelly fornisce un'immagine del generale vista attraverso
gli anni posteriori alla guerra civile e più precisamente il modo in
cui è stato considerato e anche strumentalizzato dalle generazioni
future. Per l'autore, la fama di Lee durante la guerra era pari a
quella degli altri generali Confederati, nonostante il ruolo
determinante che Lee aveva goduto durante il conflitto. La sua fama
si accrebbe grandemente dopo la fine della guerra; la figura del
generale fu utilizzata per fini politici sia dal Sud, in quanto
rappresentava l'immagine di riscatto del popolo meridionale, un vero
simbolo nazionale. Venne glorificato anche dal Nord che aveva
interesse a mettere in evidenza le abilità militari dell'uomo che
poi erano riusciti a sconfiggere; si trattò di una vera operazione
politica e propagandistica che aveva come scopo la riconciliazione
nazionale.
Connelly si sofferma sulla psiche di Lee affermando che la sua
personalità repressa dalle vicissitudini passate (vedremo quali nel
prossimo paragrafo), lo avrebbe trasformato in un comandante troppo
audace e aggressivo quando era in comando sul campo di battaglia. La
propensione per l'attacco di Lee è stata, alla fine, più di quello
che la Confederazione avrebbe potuto permettersi- egli scrive- e
l'Armata della Virginia Settentrionale "è stata dissanguata dalla
tattica offensiva di Lee."
Alan Nolan, "Lee Considered", sostiene che intorno alla metà
dell'anno 1864, Lee avrebbe capito che la causa della Confederazione
era ormai persa e pertanto avrebbe dovuto arrendersi, data anche la
grande stima che godeva ancora tra i suoi concittadini, i quali
l'avrebbero senz'altro seguito in detta scelta. Per colpa del suo
orgoglio, Lee non ha posto fine alla guerra, causando ulteriori
lutti al paese. Detto storico ritiene quindi il generale
personalmente responsabile per aver continuato la guerra. Si
sostiene anche che, se Lee avesse continuato a condurre la guerra in
posizione di difesa come fece a Fredericksburg, avrebbe potuto
vincerla.
Gli storici revisionisti, come è noto, criticano la strategia
offensiva messa in atto da Lee, invadendo il Nord nella campagna del
Maryland e della Pennsylvania, ritenendo che solo una strategia
militare strettamente difensiva poteva far vincere la
Confederazione.
Edward H. Bonekemper III nel suo libro" How Robert Lee lost the
Civil War" risulta uno degli storici che ha attaccato il gen Lee nel
modo più accanito.
Egli contesta l'opinione che Robert E. Lee era un genio militare che
ha lottato contro difficoltà insormontabili fino alla sconfitta
inevitabile dei Confederati. Invece, l'autore sostiene che Lee è
stato il primo responsabile per la sconfitta della Confederazione in
una guerra che il Sud avrebbe potuto vincere.
La sua teoria è la seguente: era il Nord che aveva l'onere di
conquistare il Sud, formato da una vasta area difendibile e composto
da undici Stati. Il Sud doveva solo ottenere un pareggio e far
perdere la voglia al Nord di combattere (come hanno fatto gli
insorti contro le forze superiori degli Inglesi durante la
Rivoluzione Americana, l'acquisizione comunista della Cina, e la
guerra del Vietnam). In particolare, il Sud doveva conservare le sue
preziose risorse umane e convincere il Nord a non votare per Lincoln
nel 1864.
Invece, Lee è andato inutilmente a cercare la vittoria, sperperò le
sue truppe, e ha talmente indebolito il suo esercito che la
sconfitta militare divenne inevitabile. L'esercito Conf. ha avuto
80.000 perdite nei suoi primi quattordici mesi di comando di Lee,
lo stesso numero di truppe che il generale aveva ereditato quando
aveva preso il comando. Questo periodo cruciale della guerra, che si
estendeva dalla Campagna dei Sette Giorni, nella quale l'esercito di
Lee è andato all'attacco suicida quasi ogni giorno per una
settimana; la Seconda Bull Run / Manassas, in cui la carica finale
offensiva è stata estremamente costosa, la Campagna di Antietam, che
Lee ha avviato di sua volontà e quasi gli costò il suo esercito,
Fredericksburg, una battaglia che ha comportato grandi perdite, una
lezione che Lee non ha voluto imparare; viene citata la battaglia di
Chancellorsville, la "vittoria" che non è stata, e infine la
disastrosa campagna di Gettysburg, in cui ha impegnato il suo
esercito in un'operazione strategico-offensiva, danneggiando
gravemente l'utilità futura del medesimo. Con la Confederazione in
inferiorità numerica di quattro uomini a uno in età da
combattimento, la strategia aggressiva di Lee si è rivelata suicida.
Notevoli anche le mancanze di Lee nel dirigere il campo di battaglia
(come il secondo giorno a Gettysburg), il suo troppo complesso e
inefficace piano di battaglia (come ad Antietam e le campagne di
Seven Days), e gli ordini vaghi e ambigui (che lo hanno privato
dell'opera di Jeb Stuart per la maggior parte degli scontri a
Gettysburg).
Inoltre, il libro descrive come l'attaccamento di Lee per la
Virginia avesse giocato un ruolo importante nei fallimenti
confederati in Occidente. Troppo poca attenzione- a dire
dell'autore- è stata rivolta al rifiuto di Lee a fornire rinforzi
per Vicksburg o Tennessee a metà del 1863; egli ha fatto arrivare
James Longstreet a Chickamauga con solo un terzo delle sue truppe e
nessuna delle sue artiglierie; alla sua idea di spostare Longstreet
lontano da Chattanooga poco prima che le truppe di Grant sfondassero
le truppe Confederate a Missionary Ridge, e alla sua incapacità di
rafforzare Atlanta nei mesi critici prima delle elezioni
presidenziali del1864.
La vita di Lee secondo gli storici revisionisti
A questo punto, appare evidente che, se si leggono le biografie, sia
antiche che moderne di Lee, le differenze appaiono notevoli. Nelle
prime biografie, Lee sembra essere nato praticamente come un uomo
perfetto, nobile e onesto, così come un soldato brillante. A livello
personale, la sua infanzia o è raffigurata come spensierata o sfugge
a quasi ogni discussione di sorta, la sua opposizione alla schiavitù
è descritta come sincera e intensa, e il suo matrimonio con Mary
Custis è ritratto come quasi idilliaco, un'unione perfetta, tanto che Lee si lamentava delle separazioni apparentemente senza fine dalla
moglie e dalla famiglia durante il suo servizio nell’esercito USA
nel periodo ante-guerra civile.
Professionalmente, il suo rapporto con il suo staff in tempo di
guerra è visto come armonioso, e il suo giudizio militare è del
tutto infallibile e brillante, e se vi è stata sconfitta, è solo
perché l'hanno causata i suoi subordinati o perché egli è stato
sopraffatto da forze al di là del suo potere. In poche parole, era
la perfezione, manifestata in una forma umana.
Chiaramente- per gli storici revisionisti- tutto questo è
un'evidente esagerazione. Essi si sono soffermati a lungo sull'uomo-
Lee e hanno tratto le seguenti conclusioni.
In realtà- essi affermano- Robert E. Lee era molto umano,
imperfetto, e, francamente, un uomo molto più interessante di quanto
Freeman e i suoi predecessori hanno scritto. Come tutti noi, Lee era
un prodotto del suo ambiente, soprattutto della sua infanzia, nel
quale influivano i rapporti familiari, e della società dell'epoca.
Il padre di Lee, "Light Horse" Harry Lee, era un eroe della guerra
d'indipendenza, un focoso, dinamico e audace soldato, un uomo che
Lee-figlio probabilmente ha cercato di emulare in qualche modo come
comandante. Sappiamo che il padre di Lee andò in bancarotta quando
Robert era un bambino, egli partì verso le Indie Occidentali per
sfuggire ai suoi creditori, e lasciò la moglie e i figli in una
situazione disperata. Il padre morì quando Robert aveva solo undici
anni, non lasciando nulla, ma solo vergogna, che avrebbe adombrato
la reputazione di Lee che apparteneva ad una delle prime famiglie
della Virginia.
Come risultato, il giovane Robert è stato costretto a crescere con
questo fardello e sua madre gli diede la carica per ripristinare il
nome della famiglia. Gli anni dell'adolescenza sono stati spesi non
solo nel ruolo di infermiere di sua madre, ma anche diventando il
suo confidente più vicino. Utilizzando la psicologia umana, possiamo
vedere Lee come un uomo che è cresciuto in un clima segnato da
insicurezza e vergogna, e che, sotto l'influenza di sua madre, è
diventato eccessivamente auto-controllato e incline ad accettare gli
stati di disagio fino ad un punto in cui qualsiasi senso di gioia o
di piacere viene percepito come improprio. L'infanzia di Lee inoltre
ha contribuito, quando il medesimo è diventato adulto, a cercare di
evitare qualsiasi tipo di scontro personale, una caratteristica che
avrebbe in seguito influenzato negativamente la sua capacità di
gestire il suo staff in tempo di guerra. Lee sentì che doveva
riscattare il suo nome di famiglia e diventare il perfetto
gentiluomo del Sud, ma, ha lottato per conciliare i suoi ideali di
virtù cristiane, quali abnegazione, umiltà, dovere e onore, con il
suo desiderio di fama e successo.
Poi, vi è l'argomento del suo matrimonio con Mary Custis, la
pronipote di Martha Washington. Anche riguardo a tale argomento-
molto privato- gli storici revisionisti non sono teneri. Secondo
loro, il rapporto di Lee con la moglie non è mai stato appassionato.
Robert E. Lee era, a suo modo, un uomo spiritoso e coinvolgente che
gradiva la compagnia delle donne e sembra essere stato
"appassionato", sia pure in modo assolutamente onorevole, di
parecchie donne, ad eccezione di sua moglie (Michael Fellman, nel
suo libro "The Making of Robert E. Lee" in relazione a questi
aspetti della vita privata di Lee, va ancora più in là, dicendo che
egli aveva un elevato livello di energia sessuale inappagata). Va
comunque segnalato che le indicazioni di Fellman hanno generato
polemiche tra gli storici e molte critiche da parte di alcuni
attuali ammiratori del generale.
L'unione tra Robert e Mary ha costituito un matrimonio di
convenienza, destinato a portare ricchezza, delle proprietà, e la
posizione di rilevanza al nome di Lee, riportandolo nell'alta
società della Virginia. Non c'era nessuna storia d'amore e di
passione tra i due coniugi. Secondo i predetti storici, Mary Custis
era trasandata, fastidiosa, fragile, viziata, piagnucolosa, che ha
fatto una scelta sbagliata nel voler diventare la moglie di un
soldato professionista. Mentre sembrerebbe che Lee fosse
sinceramente attaccato ai suoi figli, e di essere dispiaciuto quando
partiva dalla sua famiglia, ci sono tutte le indicazioni che egli
sembrasse molto felice quando era lontano da sua moglie. Certo, è
evidente che a tanti anni di distanza è difficile trarre conclusioni
su argomenti che ricadono sulla vita privata del generale, ma è
altrettanto evidente che su detto argomento ci sono opinioni
contrapposte tra gli storici tradizionali e quelli revisionisti.
Uno degli altri miti su Lee che permea la storia convenzionale è la
sua presunta opposizione alla schiavitù e, legata ad essa, le sue
ragioni per abbandonare il suo giuramento come ufficiale nel
prendere le armi contro gli Stati Uniti. Spesso sentiamo dire che
questo uomo nobile abbia lottato per preservare la schiavitù che
disprezzava, solo perché amava tanto il suo stato nativo. Come ci si
potrebbe aspettare, l'immagine reale non è così semplice. La
posizione di Lee sulla schiavitù era, per la maggior parte, comune a
quella di altri Sudisti della Virginia in quanto egli possedeva
tutti i codici e le tradizioni del perfetto uomo bianco del Sud,
così che, mentre egli credeva che l'istituzione fosse essenzialmente
un male, egli pensava che i neri stessero sicuramente meglio nello
status di schiavi. Lee considerava la relazione tra "master e slave"
illuminata e umana, e il meglio che si poteva aspirare in quel
determinato periodo storico. Lee vide l'emancipazione come
impraticabile e scrisse una volta a suo figlio, "ovunque si trova un
negro, tutto sta andando giù intorno a lui" e ammonendolo, "non si
potrà mai prosperare con i neri."
Per Lee, la schiavitù, era sicuramente un male, ma era pur sempre
un'istituzione voluta da Dio, e il corso futuro degli eventi legati
ad essa doveva essere determinato dai proprietari di schiavi del
sud. Mentre lui avrebbe scritto alla moglie una lettera che indicava
che la schiavitù era un male sia sotto il profilo morale e politico,
andava a dire che lo stato attuale dei neri in schiavitù "era
necessario per la loro istruzione ". È interessante notare che,
mentre Lee si libera di molti schiavi appartenenti alla famiglia
Custis, egli non ha avuto nessun problema a darli in locazione ad
altri uomini e raccogliere un profitto da ciò. In sostanza, tutta la
disapprovazione di Lee della schiavitù sembrava derivata dalla
visione della schiavitù come un problema di gestione, non come un
fatto morale. In altre parole, mentre Lee teoricamente disapprovava
la schiavitù in astratto, approvava la schiavitù come un fatto
necessario e benefico, facendo presente i problemi che sarebbero
nati con l'emancipazione.
Per quanto riguarda le dimissioni di Lee dall'esercito statunitense,
abbiamo visto che si tratta di una questione che ha sempre avuto un
grande fascino e di cui si è parlato lungamente. Lee era stato un
soldato eccezionale durante la sua carriera militare, e il tipo di
uomo che non avrebbe facilmente girato le spalle al giuramento fatto
a West Point. La storiografia tradizionale ci dice- come abbiamo
sopra scritto- che la sua decisione si basava sul suo intenso amore
per il suo stato d'origine, la Virginia. Nell'ambito delle nuove
opinioni revisioniste, si indica un altro motivo del perchè della
scelta fatta da Lee, che è il seguente. Come tutte le leggende, vi è
un nucleo di verità coinvolte, e non c'è dubbio che Lee era un
fedele della Virginia. Tuttavia, per Lee, c'era qualcosa di più
della semplice lealtà. Innanzitutto, come Emory Thomas descrive
nella sua biografia, la moglie di Lee, Mary Custis, era una ardente
Confederata che ha sostenuto la secessione della Virginia molto
prima che la secessione diventasse un fatto popolare. Se Lee fosse
rimasto al servizio degli Stati Uniti, ciò avrebbe portato ad un
scontro con la moglie che Lee non avrebbe potuto sopportarlo. In
secondo luogo, però, e soprattutto, l'opportunità di servire la
Virginia nella Confederazione offriva la possibilità di sigillare
per sempre il nome di Lee nel pantheon delle principali famiglie
della Virginia. Lee, essendo un uomo ossessionato sin dall'infanzia
del ripristino del nome di famiglia, quale altra decisione poteva
prendere, soprattutto quando combattendo contro la Virginia avrebbe
sicuramente ottenuto l'effetto opposto?
Per quanto riguarda la figura di Lee come generale durante la guerra
civile, gli storici in questione si sono dilungati a descrivere la
leadership di Lee con le seguenti considerazioni:
Lee era audace e coraggioso, cercava sempre di prendere l'iniziativa
e di disorientare il suo avversario. Considerando che Grant era
l'artefice del rischio calcolato, Lee potrebbe essere caratterizzato
come l'artefice di un rischio non calcolato. Lee ha visto quasi
certamente che una strategia aggressiva era l'unico modo per
contrastare le risorse del Nord . Se l'Unione veniva forzata sotto
il profilo aggressivo abbastanza spesso, la gente del Nord avrebbe
potuto stancarsi della guerra. A volte, però, la sua "brinkmanship"
è andata troppo lontano, soprattutto quando ha diviso le sue forze
già in inferiorità numerica, come ha fatto quando l'Armata della
Virginia Settentrionale si è avventurata a nord del Potomac. In un
caso, ad Antietam, solo la fortuna e pochi minuti hanno salvato il
suo esercito malconcio dalla distruzione quasi certa. Anche allora,
dopo essersi ritirato, pensò di riattraversare il fiume e di
continuare la campagna. Solo dietro le opposizioni dei suoi
comandanti, egli capì che l'esercito non era in condizione di
sopravvivere ad un altro combattimento.
Uno degli altri problemi di Lee, come comandante era il seguente: il
credere totalmente nelle capacità del suo esercito. Lee credeva che
i suoi uomini fossero capaci di qualsiasi cosa e, francamente,
considerato il comportamento in battaglia dei suoi soldati, egli
spesso aveva ragione. Con poche provviste e spesso senza neanche
stivali adeguati, il suo esercito si mosse più velocemente, andò più
lontano, e lottò più duramente dell'esercito dell'Unione. Sotto la
guida carismatica di Lee, i suoi uomini sarebbero andati in ogni
parte e tutto ciò che Lee ha chiesto loro, essi l'hanno fatto. Ma,
alla fine, erano solo degli esseri umani e, spesso, Lee ha chiesto
troppo. A Gettysburg, egli ha deciso di combattere contro una forza
superiore con forti posizioni difensive su un terreno di loro
scelta. Poi, ha tentato di eseguire manovre complesse, ed ha
attaccato su un ampio fronte, e alla fine non ha potuto
adeguatamente coordinare le sue forze. Infine, tipico esempio della
sua fede nei suoi soldati, egli ha tentato un attacco frontale
contro il centro federale sulla Cemetery Ridge, attacco che- per
molti storici -aveva poche possibilità di successo.
Infine, vi sono le valutazioni di Lee come "un grande stratega."
Questo è considerato uno degli aspetti più sconcertanti della
prestazione militare di Lee e qui gli storici revisionisti lanciano
parecchie frecciate all'operato di Lee in guerra. Data la sua
formazione ed esperienza, Lee avrebbe dovuto essere una risorsa
preziosa per Jefferson Davis al fine di mettere in atto una
strategia sostenibile per la difesa della Confederazione. Tuttavia,
ogni volta che Davis chiese la sua opinione in merito a questioni
militari riguardanti l'ovest degli Appalachi, i consigli di Lee non
sono stati convincenti, e spesso ha dimostrato una vera ignoranza
della situazione militare e anche della geografia militare. Inoltre,
Lee spesso sembrava propenso a spostare l'attenzione del presidente
confederato dal teatro occidentale per spostarlo di nuovo alla
questione della Virginia.
Molti storici hanno ipotizzato che in realtà Lee era ossessionato a
difendere solo la Virginia. La difesa del suo Stato di origine era
l'unica cosa che gli importava? In caso contrario, le sue azioni
effettivamente rispondevano a quanto sopra, anche se non era sua
intenzione. Pertanto, mentre il Sud stava perdendo la guerra nel
teatro occidentale, Lee premeva che la strategia della
Confederazione e le risorse militari fossero saldamente concentrate
sul fronte in Virginia. Il risultato fu una situazione di stallo per
la maggior parte della guerra da una parte dei monti Appalachi e il
disastro totale su McLean House, un disastro, che quasi certamente
ha segnato il destino finale della Confederazione.
Secondo il parere degli storici,Thomas L. Connelly e David H.Donald,
le vittorie riportate dal Gen.Lee fino al maggio del 1863 (Chancellorsville)
sul fronte dell'Est, permisero all'esercito della Virginia
Settentrionale di fare sostanzialmente ciò che voleva, grazie
all'enorme prestigio conquistato da Lee e dai suoi collaboratori,
senza alcun riguardo e interesse per la esigenze della
Confederazione in altri teatri di operazione. Lee, che riusciva ad
imporre i suoi piani operativi al Presidente Davis- tanto che molti
pensavano che Davis fosse ormai completamente sotto l'influenza di
Lee medesimo e accettasse tutte le sue idee senza replicare- si
oppose a qualsiasi tentativo di indebolire le sue forze. A metà del
1863, invece di andare in soccorso a Vicksburg, Lee scelse
deliberatamente di invadere nuovamente il Nord con la vana
speranza-sostiene Donald-che questa operazione allentasse, in altri
teatri di operazioni, la pressione esistente sulle altre Armate
Confederate. Il risultato- conclude Donald- fu la disfatta di
Gettysburg e la presa di Vicksburg.
Quando nel 1864, il Congresso confederato richiese una direzione
coordinata degli eserciti Sudisti e tutti pensarono ad affidare
l'incarico a Lee,sembra che il generale fosse contrario ad accettare
questo tipo di responsabilità e fece di tutto per disincentivare la
cosa.
Secondo lo storico Reid Mitchell quando, alla fine della guerra, nel
1865, a Lee venne conferito il Comando supremo unificato, non lo
esercitò quasi per niente.
Comunque, anche da queste analisi si deduce che Lee ha condotto un
grande esercito, tenendolo unito attraverso avversità terribili come
forse nessun altro uomo poteva fare. Ne viene fuori un Lee più umano
e moderno e, forse, in questo modo, molto più ammirevole.
Come abbiamo visto, gli storici revisionisti hanno cercato di
scandagliare la personalità del generale. E’ chiaro che in una
materia del genere è difficile arrivare a delle conclusioni certe,
tenuto anche conto che Lee, dato il suo carattere schivo e
riservato, non ha lasciato molta documentazione da cui attingere.
Certo, il rischio è quello di passare dalla glorificazione del
gen.Lee- descritto come uomo senza difetti- operata dallo storico
Freeman e dalla corrente della Lost Cause, alla critica di tutte le
manifestazioni del generale, a cominciare dalle dimissioni
dall’esercito USA.
La corrente post-revisionista
A questo punto, è il caso di parlare dell’opera dello storico Gary
W. Gallagher, il quale ha approfondito parecchie tematiche
concernenti la Confederazione e, in particolare, la figura del gen. Lee. Gallagher si è occupato soprattutto degli aspetti militari che
coinvolgono la figura del generale. Gallagher si pone, a mio avviso,
come uno storico post-revisionista.
Gallagher si chiede se gli aderenti alla mitologia della Lost Cause
siano stati corretti nella creazione di un ritratto di Lee come
quello del più grande generale della Confederazione. Gallagher
espone tre argomenti generali. In primo luogo, egli ritiene che Lee
era in realtà un leader efficace che possedeva straordinarie abilità
tattiche e strategiche. In secondo luogo, Lee era un rispettato e
venerato personaggio per la maggior parte dei Confederati. Era
"l'eroe nazionale primario", secondo Gallagher. Questa prospettiva
contraddice gli argomenti avanzati da Nolan e gli altri storici che
credono che il mito di Lee sia stato una creazione dei meridionali
nel dopoguerra.
In terzo luogo, Lee possedeva una poliedrica, moderna concezione di
combattimento che ha preso in considerazione l'interazione tra la
politica e il campo di battaglia, e che ha ben compreso l'importanza
degli eventi al di fuori del teatro orientale. Questo è in contrasto
con quanto sostenuto dagli storici revisionisti che suggeriscono-
come abbiamo sopra scritto- che Lee è stato carente come stratega e
non riuscì a capire il rapporto tra guerra e morale della
popolazione civile. Non è così, sostiene Gallagher, che ha scritto
che Lee ha "spesso manifestato una comprensione di come gli eventi
militari potessero influenzare la politica e il morale della
popolazione civile in modo utile alla causa confederata".
Nel dimostrare questo punto, Gallagher evidenzia alcuni aspetti: la
condotta di Lee nelle battaglie di Spotsylvania e Chancellorsville,
le percezioni del fronte interno confederato a seguito delle sua
sconfitte ad Antietam e Gettysburg, e le prospettive di vittoria
confederata durante l'estate sanguinosa del 1864, quando Lee era
costretto in una posizione di difesa per contrastare l'implacabile
corsa di Grant verso Richmond.
Gallagher ha anche affrontato gli argomenti di lunga data profferiti
dagli ammiratori di Lee e dai suoi detrattori: che il generale era
un vecchio, cortese signore - un "grande anacronismo " - che ha
combattuto una sorta di guerra cavalleresca, una guerra limitata che
era inopportuna per la dura realtà moderna della Civil War.
Gallagher vede invece Lee come un uomo che ha capito abbastanza bene
la guerra moderna. Lee "ha predisposto una strategia basata su una
attenta, anche se a volte imperfetta, lettura della situazione
militare e politica", ha scritto, "In breve, Lee si è ben adattato
alle esigenze di un conflitto che superava di gran lunga in portata
e complessità quello che nessuno avrebbe potuto prevedere nella
primavera del 1861".
Lee ha dimostrato di aver ben compreso la natura dinamica della
guerra e l'importanza cruciale del fronte interno, sia nel Nord che
nel Sud, è entrata nei suoi calcoli strategici. Come Gallagher
sostiene, le Campagne messe in atto da Lee riflettono la
consapevolezza che la guerra era una guerra politica vista come lo
scontro tra due "società" e che la chiave per la vittoria stava nel
distruggere la volontà del nemico di continuare a mantenere una
lotta gravosa. Lee era convinto che il riconoscimento
dell'indipendenza del Sud da parte dell'Unione dipendeva dal
successo della sua strategia messa in atto nei teatri dell’Est, che
per Gallagher rappresenta un'ipotesi realistica. Il presunto
abbandono di Lee del teatro occidentale era in realtà una risposta
realistica alla serie ininterrotta di catastrofi sui fronti
dell’ovest, determinati in gran parte da generali incapaci, e
quindi, per Lee, l’area geografica vitale per il successo della
Confederazione era il fronte orientale. La sua attenzione poi non
derivava da un attaccamento provinciale al suo Stato nativo, ma da
un atteggiamento di carattere politico, psicologico e industriale di
innegabile importanza per la Confederazione. Il successo della sua
strategia era tale che entro l'estate del 1863, Lee e il suo
esercito erano diventati il principale simbolo nazionale della
Confederazione. Certo, ci sono stati degli errori nella
realizzazione della sua strategia a Sharpsburg e Gettysburg, quando
Lee "ha chiesto troppo" ai suoi uomini, ma tali sconfitte subite
dalla Confederazione non sono la prova dell'inadeguatezza dei
calcoli strategici di Lee. Invece, osserva Gallagher, la strategia
di Lee ha servito bene e in modo efficace la Confederazione;
infatti, in diverse occasioni, e in particolare, a metà 1864, la
voglia di vincere dell’Unione stava scemando. Alla fine le immense
risorse dell'Unione hanno prevalso, ma solo attraverso l’esemplare
leadership di Lincoln e Grant.
Lee inoltre ha sviluppato con Jefferson Davis un eccellente lavoro
di collaborazione reciproca che merita rispetto alla pari di quella
di Lincoln e Grant, e che riflette la comprensione di Lee sulla
superiorità del governo civile sulla autorità militare in una
società democratica moderna. Lee, per questo, certamente si
qualifica come un moderno soldato.
Lee ha adottato l'offensiva strategica in quanto offriva le migliori
possibilità per il Mezzogiorno. L'argomento, molto influente negli
ultimi tempi, che una strategia difensiva avrebbe salvato i soldati
e servito meglio la Confederazione- dice Gallagher - non è
corroborata dalla realtà. Ad es. se il gen.Joseph E. Johnston non
fosse stato ferito a Seven Pines nel maggio 1862, e sostituito con
Robert E. Lee, la difensiva campagna di Johnston contro l'invasione
della Penisola da parte di McClellan sarebbe finita in un altro
disastro militare insieme alla perdita di Richmond.
Gallagher ha citato il nazionalismo espansivo di Lee, il suo
sminuire le preoccupazioni locali, e il suo sostegno per la
modernizzazione quali le necessarie misure dello sviluppo
industriale Confederato, e - più radicale di tutti - il fatto di
arruolare afro-americani per combattere nelle forze armate
confederate. "Lungi dal guardare indietro verso la tradizione del
Sud, guardò la nazione confederata in molti modi che assomigliavano
poco alla società in cui era nato", secondo Gallagher.
Gallagher contesta una nozione di vecchia data che Lee era troppo un
signore nel trattare con i subordinati. Come il corrispondente
inglese Arthur JL Fremantle ha detto "le colpe di Lee derivano dalla
sua eccessiva amabilità", Gallagher illustra efficacemente le
carenze di questa prospettiva, mostrando come Lee ha agito con
fermezza, e magari anche con un po 'di spietatezza, verso le
manifestazioni di Richard Ewell, suo subordinato.
Il gen.Lee, con le sue vittorie nel 1862-63- secondo Gallagher- ha
dato una grande speranza sia ai soldati che combattevano con lui,
sia alla popolazione del Sud. Lee rappresentava, per i suoi uomini,
la personificazione del classico uomo del Sud, e i soldati credevano
nella sua invincibilità. Lee era anche molto popolare tra i suoi
soldati, condizione che in un esercito -come dice il prof. Luraghi
-si osserva raramente.
Anche dopo Gettysburg, i soldati Confederati hanno continuato a
credere in lui. Pure quando le cose si misero male, non mancò mai a
Lee il sostegno dei suoi uomini. Infatti, lo storico Gary Gallagher
sostiene che l'aggressivìtà di Lee, manifestata attaccando
l'esercito dell'Unione, per es.a Gettysburg, è stata fondamentale
per mantenere alto il sostegno della popolazione Sudista al fine di
continuare la guerra.
Quando Lee, nell'aprile 1865, ha ritenuto che era arrivata l'ora di
arrendersi, i suoi soldati l'hanno seguito anche in quest'ultima
scelta.
L'analisi di Gallagher riflette la consapevolezza dell'importanza
centrale di Robert E. Lee, del suo esercito e della sua strategia,
nella difesa della causa della nazione Confederata. Un'altra
conseguenza delle tesi del Gallagher è che Lee non viene visto quale
un mito costruito nel dopo-guerra dalla Lost Cause. Se questo mito è
durato tanto, e dura ancora -dice Gallagher- è a causa della
popolarità goduta da Lee già durante la guerra civile e l'importanza
posseduta dal generale visto come l'incarnazione del nazionalismo
Confederato e quindi non è stato frutto di una invenzione dei
sostenitori della Lost Cause. Gallagher, a sostegno della sua tesi,
cita non solo l’apprezzamento che Lee otteneva da parte dei
Confederati, ma anche i riconoscimenti che durante la guerra
pervenivano al generale da parte dell’Unione.
Va sottolineato inoltre che non bisogna valutare i fatti storici
come per es. le battaglie perse dai Confederati con le percezioni di
detti avvenimenti fatte a posteriori, bensì bisogna valutarle
tramite le percezioni effettivamente sentite dai contemporanei in
quel preciso momento storico in cui sono avvenute.
La campagna del Maryland del 1862 e Gettysburg sono appunto due dei
casi in questione: la percezione dei contemporanei non è stata
quella di ritenerle dei punti critici di svolta della guerra. Per
es. per quanto riguarda Gettysburg, la maggior parte dei Confederati
non l’ha vissuta come una calamità. Invece, la perdita di Vicksburg
è stata considerata, nella valutazione dei contemporanei, come una
perdita significativa per la causa del Sud.
Va infatti separata la storia fatta di esperienza vissuta, dalla
memoria, che a volte, per dei precisi fini politici, distorce la
verità storica.
Anche lo storico Ethan S. Rafuse, rifugge dagli attacchi che gli
storici moderni revisionisti hanno mosso contro le strategie di Lee;
segno evidente che gli storici ritengono che ci sia ancora molto da
dire sul generale, nonostante egli sia stato uno dei condottieri più
studiati della ACW.
Rafuse sostiene che, dato il vantaggio schiacciante del Nord in
termini di uomini e materiali, Lee ha perseguito quella che lo
storico in questione definisce una "strategia di esaurimento".
Questa strategia, egli scrive, aveva il compito di distruggere la
volontà e le risorse che permettono ad una nazione nemica di
condurre la guerra nel tempo. La volontà di lottare di Lee era un
obiettivo vitale per la strategia militare della Confederazione.
Secondo Rafuse, la perdita di vite umane da parte dell'Unione doveva
diventare tanto costosa da essere inaccettabile per la società del
Nord. Ciò spiega le invasioni del Maryland e della Peensylvania da
parte di Lee.
Il parere di Stephen W. Sears
A completamento di questa indagine storiografica su Rober E. Lee, si
reputa opportuno fare un accenno alle considerazioni effettuate
dallo storico Stephen W. Sears sulla figura del generale.
Le osservazioni del Sears sull'operato in battaglia di Lee sono
molto penetranti, egli è considerato uno degli studiosi della ACW
più equilibrati e imparziali. Stephen Sears è l'autore di molti
libri pluripremiati sulla guerra civile. Il New York Times Book
Review lo ha definito "senza dubbio lo storico vivente per
eccellenza del teatro orientale della guerra."
Sears ha fatto, tra l'altro, la seguente disamina di tutte le
campagne effettuate dal generale.
Gli storici Harry T. Williams e l'inglese JFC Fuller hanno accusato
Lee di essere troppo aggressivo e strategicamente provinciale,
interessato solo al teatro di guerra della Virginia. Lee è stato
definito non-moderno ,e l'ultimo dei grandi generali vecchio stile.
Invece, secondo lo storico Stephen Sears, Lee non era né
provinciale, né vecchio stile. Ha capito esattamente come il Sud
avrebbe potuto vincere la guerra e ciò che era necessario per
vincere, e lui ha fatto ogni sforzo per ottenere questa vittoria. E
'stato un concetto decisamente moderno.
I Meridionali avrebbero potuto vincere la guerra attraverso
l'intervento straniero, come i loro antenati avevano vinto la guerra
d’indipendenza, o avrebbero potuto vincere sul campo di battaglia e
costringere così il Nord ad intavolare la pace. D'altra parte, la
Confederazione avrebbe potuto ottenere la sua indipendenza con una
serie di vittorie, o solo con una grande vittoria, all’Est. La
distruzione dell'esercito principale dell'Unione e guardiano di
Washington, l'Armata del Potomac, ottenuta in una Sharpsburg o in
una Gettysburg, offriva la migliore occasione per costringere
l'amministrazione Lincoln a chiedere la pace. Anche raggiungere una
situazione di stallo, sia pur sanguinosa, contro l’esercito
dell’Unione, come Lee aveva quasi raggiunto nella campagna estiva
del 1864, avrebbe potuto servire per guadagnare almeno una pace
negoziata e lo status quo prebellico, con il ritorno del Sud
nell'Unione con i suoi "diritti" e la sua peculiare istituzione
intatta.
Lee non escludeva la possibilità di un intervento inglese e
francese, ma su quest’ultimo aspetto si è dimostrato realistico:
"Dobbiamo convincerci di combattere le nostre battaglie solo con noi
stessi", scrisse nel dicembre del 1861. "Non aspettatevi di ricevere
aiuto da alcuno.” Non c'era niente di provinciale nella sua
prospettiva. Uno dei suoi collaboratori ha riportato la sua
osservazione che "poiché il dovere tutta la nazione è quello di fare
la guerra fino all'indipendenza, l'intera nazione deve contribuire
per raggiungere questo fine con tutti i mezzi a disposizione e con
il contributo di tutti.".
Che Lee abbia agito spesso in modo molto aggressivo nella sua
strategia e spesso nella sua tattica, è fuori discussione. Il fatto
che egli a volte non avesse altra scelta pratica non è sempre stato
apprezzato da quei critici che, vedono le battaglie della guerra
civile attraverso la lente del senno di poi.
a) La Campagna della Penisola
Secondo lo storico Stephen W. Sears, in ogni occasione, Lee ha
aggressivamente preso l'iniziativa strategica, come ha fatto quando
ha preso il comando per la prima volta nel giugno 1862 durante la
campagna della Penisola.
Nella lotta contro McClellan per Richmond, in the “Seven Days'
Battles”, nell'ultima settimana di giugno, Lee ha adottato
l'offensiva sia a livello tattico che strategico. Mentre la sua
strategia complessiva è stata eccellente, la sua tattica rifletteva
la sua inesperienza: i suoi piani di battaglia erano troppo
complicati, il suo staff non era eccelso e i suoi ordini erano
troppo esigenti. A Malvern Hill, fu un disastro. Ma Lee non aveva
altra alternativa reale se non quella di giocare il ruolo di
aggressore in questa lunga settimana di battaglia. Se restava sulla
difensiva, avrebbe permesso a McClellan di assediare Richmond, e
perdere Richmond sarebbe stato un colpo per la Confederazione, la
quale non avrebbe potuto sopravvivere, anche se alcuni generali da
tavolino sostennero il contrario. In questo caso, l’offensiva di Lee,
pur imperfetta come era, è stata implacabile, e il suo avversario se
ne è dovuto rendere conto. Questa è stata anche la prima esperienza
di McClellan di comando sul campo.
b) Second Manassas (Second Bull Run)
Se Chancellorsville può essere considerato il capolavoro tattico di
Lee, il suo capolavoro strategico è stata la battaglia di Second
Manassas (Second Bull Run) la campagna intrapresa da Lee nel mese di
agosto del 1862. In essa, dimostrando un infallibile senso del tempo
come un elemento nella conduzione di una guerra, ha sbaragliato
l'armata di John Pope, una delle armate Nordiste schierata contro di
lui, prima che l'altra, sotto McClellan, potesse unirsi per
sopraffarlo. Il suo margine nella realizzazione di questa impresa
consisteva in una questione di poche ore, ma Lee rimase
imperturbabile. Second Manassas ha dimostrato quanto bene egli
avesse imparato la lezione di comando tattico durante the Seven Days.
Le sue disposizioni per la battaglia sono state ottime, le sue due
grandi divisioni sotto Longstreet e Jackson erano come pistole nelle
sue due mani, così egli le ha gestite mirabilmente.
c) La battaglia di Sharpsburg (o Antietam)
La decisione di Lee, dopo la vittoria di Second Manassas, di
attraversare la frontiera settentrionale del suo Paese (come egli ha
chiamato il Potomac) e marciare verso il Maryland è stata molto
dibattuta. Era intesa come un invasione? O come un raid? Cosa poteva
sperare di ottenere cambiando la strategia generale della
Confederazione da difensiva a offensiva? La logica di Lee era
semplice e diretta: attraversare il Potomac era l'unico modo per
mantenere l'iniziativa, e il marciare verso il nord offriva la
migliore strada verso la vittoria. Il Generale McClellan, era un
generale abile- disse Lee- ma era molto timido e indeciso. Lee
sarebbe andato a dare battaglia a McClellan e l'avrebbe schiacciato.
Ma non tutto è andato come Lee aveva previsto. Un corriere perse una
copia del suo piano della campagna, che fu trovato da un soldato
yankee e portato a McClellan. La conseguenza fu la battaglia di
Sharpsburg (o Antietam), il 17 settembre. Sharpsburg è stata una
battaglia che Lee non avrebbe dovuto combattere: McClellan è stato
così lento ad agire che Lee avrebbe potuto scivolare indietro
attraverso il Potomac se avesse voluto. Porter Alexander, artigliere
nell'esercito di Lee e un osservatore particolarmente astuto, lo ha
definito "il più grande errore militare che il generale Lee abbia
mai fatto." Tuttavia, quando il generale McClellan ha portato il suo
esercito davanti all'Antietam Creek , anche Lee ha portato il suo.
Questo era il reale motivo del motivo per il quale Lee ha
combattuto. Egli era sicuro di poter battere il timido, cauto
McClellan in ogni battaglia, e in effetti, Lee ha guadagnato una
vittoria ,di misura, tattica, infliggendo perdite del 20 per cento
superiori rispetto a quelle da lui subite. Alla fine, il suo
esercito era troppo male in arnese per continuare la campagna, e
quindi Lee ha dovuto ripiegare in Virginia. Il profitto di
Sharpsburg non valeva il costo. Dire questo non vuol dire che Lee
era stato eccessivamente aggressivo ad attraversare il Potomac ed a
marciare verso nord. Con il suo esercito intatto, riposato e
operativo come egli aveva voluto e su un terreno di sua scelta, e di
fronte a un generale di cui era estremamente fiducioso di poter
battere, Robert E. Lee aveva ogni ragione di credere che avrebbe
vinto la battaglia che cercava. In quei mesi autunnali del 1862, le
sue truppe e i suoi luogotenenti erano in buona forma e di ottimo
morale; egli era al massimo delle sue potenzialità, e quando ha
insistito sul fatto che senza la sfortuna dell'ordine perduto
avrebbe schiacciato McClellan, il suo parere è degno di rispetto.
d) Fredericksburg e Chancellorsville
Dopo che il suo esercito era stato fermato nel Maryland, Lee fu
costretto a cedere l'iniziativa strategica per la prima volta da
quando aveva assunto il comando, ma grazie ai due generali che in
seguito lo affronteranno, questo ultimo aspetto non si è dimostrato
uno svantaggio.
Nel mese di Dicembre, il successore di McClellan, Ambrose Burnside,
ha scagliato inutilmente il suo esercito contro l'Armata della
Virginia Settentrionale a Fredericksburg, l'attacco più insensato
della guerra. Cinque mesi più tardi, nel maggio 1863, è stato "Fighting
Joe" Hooker a sfidare Lee. “Lee sarcasticamente lo chiamava "Mr. FJ
Hooker” e ancora una volta ha approfittato del fatto che il suo
avversario era comandante di un esercito in battaglia per la prima
volta. A Chancellorsville, Hooker si perse d'animo e si fermò. Lee
divise le sue forze di fronte a un esercito che lo superava di
numero quasi di 2-1 e inviò Stonewall Jackson, con una delle sue
famose marce, sul fianco. L'attacco di Jackson ha sorpreso gli
Yankees, e la pressione esercitata da Lee su tutti i punti della
linea di battaglia, ha costretto Hooker ad ammettere la sconfitta e
a riportare il suo esercito al suo punto di partenza. Per Lee la
grande vittoria è stato segnata da il ferimento mortale di Jackson;
con Jackson morto- egli disse- aveva perso il suo braccio destro.
e) Gettysburg
All'apertura della campagna di Gettysburg un mese dopo
Chancellorsville, Lee è stato ancora una volta in grado di tenere
l'iniziativa strategica, e si trovò ancora una volta contro un
generale, George G. Meade, che comandava un esercito in battaglia
per la prima volta. Nei primi due giorni di combattimenti a
Gettysburg, Lee si trovò vicino a vincere la sua “Canne”. Il suo
morale era alto, continuò l'offensiva e così commise l'errore
mortale della carica di Pickett. Questo attacco offre il miglior
argomento per i critici dell'aggressività di Lee, "Tutto questo è
avvenuto per colpa mia, sono io che ho perso la battaglia", ha detto
ai soldati superstiti di Pickett. Eppure, così imponente era la sua
reputazione in quel luglio del 1863 che il generale Meade non si è
lanciato all'inseguimento quando Lee si ritirò in Virginia. "Gettysburg",
scrisse lo storico Shelby Foote , "è stato il prezzo pagato al Sud
per avere RE Lee."
L'attenzione si è poi spostata ad Ovest, dove era caduta Vicksburg e
i Federali avevano minacciato di sfondare la porta di Chattanooga
nel profondo sud. Il corpo di Longstreet venne inviato come rinforzo
a ovest, e Jefferson Davis propose a Lee di andare lui stesso
all'Ovest e prendere ivi il comando. Lo avrebbe fatto se il
presidente avesse voluto, disse Lee, ma suggerì che doveva essere un
cambiamento a titolo permanente, altrimenti il “Western high command”
non avrebbe mai sostenuto un generale provvisorio. Altrettanto
preoccupante, chi avrebbe comandato l'Armata della Virginia
Settentrionale in sua vece? Jackson era morto e Longstreet era in
Occidente, e Lee non avrebbe potuto suggerire nessun altro militare
competente per il predetto posto. Davis accettò dette considerazioni
e Lee rimase al suo posto. Nell'indebolimento dell'esercito
Confederazione ,Lee era preminente, ed era insostituibile.
f) Lee vs Grant
Lee si trovò contro Grant nella primavera e nell'estate del 1864,
negli scontri di Wilderness, a Spotsylvania, a Cold Harbor e
Petersburg. Con un esercito costantemente e inevitabilmente
indebolito e contro un generale del suo livello quale era Grant, Lee
ha contrastato ogni progresso e respinto gli attacchi dell'esercito
dell'Unione e ha inflitto quasi due volte al nemico le perdite da
lui subite. A Petersburg l'assedio durò nove mesi. Qui l'Armata
della Virginia Settentrionale è stata tenuta a bada da Grant, che
era il sesto generale che si scontrava contro di essa, ma al tempo
stesso, nonostante gli sforzi dell'Armata del Potomac, la guerra in
Oriente arrivò ad un punto morto. I due generali del teatro
occidentale, Joe Johnston e John B. Hood, non hanno potuto
raggiungere una situazione di stallo analoga, tuttavia, entro la
primavera del 1865, Lee aveva capito che la sconfitta finale era
inevitabile. “This is the people's war,” egli disse- “When they tire,
I stop.”
g) Appomattox
Courthouse
A febbraio del 1865 venne nominato generale in capo di tutti gli
eserciti della Confederazione, ma da allora ci fu ben poco da fare
per lui. In linea con la sua precedente richiesta di mobilitare per
la guerra l'intera nazione del Sud ,egli propugnò l'idea di armare
gli schiavi, che avrebbero poi guadagnato la loro libertà. Per
quanto riguarda i soldati neri confederati, disse "Penso che avremmo
potuto fare altrettanto bene con loro come ha fatto il nemico".
In primavera, Lee sentì il dovere di tentare un'ultima campagna , e
riuscì a districare il suo esercito da Petersburg nella speranza di
unirsi a Joe Johnston in North Carolina e in qualche modo portare
avanti la lotta. Ma si stava avvicinando il momento della resa a
Appomattox Courthouse dove avrebbe incontrato il Generale Grant e
sarebbe stata la fine della guerra.
Il gen. Porter Alexander esortò Lee a non arrendersi, ma invece di
lasciare che gli uomini si disperdessero verso le colline al fine di
portare avanti una “guerrilla war” contro gli invasori yankee. No-
disse Lee,- perché tale lotta avrebbe significato la rovina
definitiva per il Sud, " ne verrebbe fuori una situazione tale da
cui ci vorrebbero degli anni per recuperare il paese. Dobbiamo
semplicemente guardare in faccia la realtà e cioè che la
Confederazione non è riuscita ad imporsi." Con la sua resa, dalla
quale è seguita la resa di tutto il resto delle forze della
Confederazione, Lee ha compiuto uno dei suoi servizi più duraturi
per gli Stati Confederati d'America.
Conclusioni
Concludendo, rimane il fatto che il gen. Lee- al di là degli aspetti
del suo carattere che rientrano nella sfera privata del singolo- può
essere considerato uno dei massimi generali di tutti i tempi,
paragonabile ai grandi condottieri Europei. Le sue vittorie sui
campi di battaglia e le sue intuizioni- la cd. prescienza di Lee-
sono entrate nella storia militare e le sue manovre tattiche sono
ancor oggi studiate nelle migliori Accademie militari.
Edward Porter Alexander registrò un aneddoto su Lee, all'inizio
della guerra, che si rivelò una profezia prima che il generale
diventasse famoso come comandante sul campo di battaglia, che è
stato ampiamente citato. Alexander chiese ad un aiutante del
presidente Jefferson Davis se pensava che Lee avesse audacia
sufficiente a condurre un esercito sul campo. "Lee è audacia
personificata", rispose l'uomo. "Il suo nome è audacia, e non dovete
avere paura di non vedere tutto ciò che si vorrà vedere." Lee
possedeva una audacia istintiva per fare tutto ciò che era
necessario per vincere, e se è stato respinto a Malvern Hill e con
la Pickett's Charge, è stato anche responsabile per la brillantezza
dimostrata a Chancellorsville e a Second Manassas e in una dozzina
di altri combattimenti che hanno esteso la vita della Confederazione
al di là di ogni aspettativa ragionevole. Lee combatteva per vincere
e il suo obiettivo primario era la distruzione dell'esercito nemico
e non l'occupazione di territori. Sappiamo bene che non tutti i
generali della guerra civile hanno combattuto nel predetto modo. Il
gen. dell'Unione Henry W. Halleck, per esempio, era soprattutto
interessato a guadagnare territorio quando era al comando sul campo.
Il generale McClellan era famoso per combattere ma in modo da non
perdere. Joseph E. Johnston, quando si oppose a McClellan in
Virginia e in seguito a Sherman in Georgia, si ritirò costantemente
al fine di evitare la sconfitta.
Paul C . Nagel, biografo di Lee, ha fatto un'interessante
osservazione: "In due momenti della sua vita"- scrive Nagel del
generale- "ha mostrato coraggio e fantasia". Questi si sono
verificati sui campi di battaglia della guerra messicana e della
guerra civile. Ma in altri momenti di tempo, Lee sembrava una
persona molto tranquilla e poco incline al combattimento. E' in
occasione della leadership mostrata e del comando esercitato in
battaglia che Lee ha preso coscienza e fiducia in se stesso. Grazie
a questa suprema fiducia nella sua generalship, Lee ha sconfitto
molti generali Nordisti che ha incontrato in guerra, a parte
l'ultimo, US Grant, che possedeva la medesima fiducia in se stesso
come comandante.
Infine, possiamo aggiungere che la strategia globale sul come
condurre la guerra sui vari fronti non spettava certo a Lee, bensì
spettava al presidente CSA, Jefferson Davis. Che poi- come
sostengono gli storici revisionisti- Lee abbia influito sulle scelte
del presidente Davis, dato il suo ascendente su di esso, non può
essere considerato motivo sufficiente per attribuire l’intera
responsabilità su Lee della condotta strategica messa in atto dalla
Confederazione. Mi sembra ragionevole l'osservazione mossa dallo
storico Stephen W. Sears il quale scrive che bisognerebbe analizzare
meno la psiche di Lee e invece studiare di più il suo comportamento
sul campo di battaglia
A mio avviso, le critiche poste alla generalship di Lee da parte
degli storici revisionisti o del "politically correct" sono da
ritenersi eccessive. Detto questo, ritengo che detti storici dei
meriti li abbiano comunque avuti, in quanto, oltre ad arricchire il
dibattito storiografico sulla ACW che per anni si era sclerotizzato
con i miti prodotti dalla Lost Cause, essi sono serviti ad un’opera
di più giusta collocazione del gen.Lee, togliendogli quell’immagine
stereotipata e quasi sacra che gli storici della Lost Cause gli
avevano dato.
In secondo luogo, i revisionisti hanno dato spunto ad altri storici,
quale il Gallagher, di riesaminare la figura del generale sotto una
nuova veste, prendendo quello che vi era di buono della corrente
della Lost Cause.
Fonti:
Raimondo Luraghi- Storia della Guerra Civile Americana
Wolfang Schivelbusch- La Cultura dei Vinti
Articoli tratti dai seguenti siti Web:
H-net- The South- Reviews in h-net.org
Historynet.com
American Civil War essays e research in acwresearcher.wordpress.com
Australasian Journal of American Studies in anzasa.arts.usyd.edu.com
American History in americanheritage.com
Thoughts, essays, and musings on the civil war in
bobcivilwarhistory.blogspot.com
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