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Le interpretazioni della storiografia sulla guerra civile
Testo di Stefano
Di Matteo

Pubblicato il 09/01/2010

La produzione accademica e non, sulla guerra civile è vastissima ed è in continua crescita. La trattazione che segue sulle varie interpretazioni in merito alle cause e agli scopi della guerra, allo svolgimento delle operazioni militari, nonchè sulla leadership militare (Grant e Lee) e politica (Lincoln e Davis) risulta essere assai diversificata e quest'ultimo aspetto si crede sia la dimostrazione di quanto interesse negli Usa il conflitto abbia suscitato e continui a suscitare sia da parte degli storici che dei commentatori, i quali trovano spesso, come si evince dai loro scritti recenti, delle analogie tra la guerra civile ed alcune vicende della politica moderna americana.
Si avverte, al riguardo, che con il presente scritto non si ha la pretesa di illustrare per esteso tutta la pubblicistica sull'argomento, ma solamente di citare quegli storici o scrittori che, nel corso degli anni, hanno messo in evidenza le teorie che risultano essere le più significative in merito a ciò che l'ACW ha rappresentato per tutti gli americani.

Appena la guerra civile ebbe termine,cominciarono da subito le interpretazioni e le giustificazioni sui vari aspetti della guerra medesima che vennero fornite da parte degli storici e degli scrittori in genere.
La prima corrente risale al 1866, definita della “Lost Cause”- corrente meridionalista che ebbe una grandissima rilevanza e continua ancor oggi a mietere un vastissimo successo da parte del pubblico - dovuta allo scrittore Edward Pollard. Detta corrente ha sostenuto che il Sud avesse combattuto la guerra in difesa della loro società e dei loro costumi e tradizioni. Si era trattato di un conflitto nato per difendersi dalle spinte centralizzatrici del governo Federale, a difesa delle autonomie dei singoli Stati meridionali. Solo con la forza della tecnologia e non con l'abilità militare, il Nord era riuscito a sconfiggere la Confederazione. La schiavitù era stato un pretesto utilizzato dai Nordisti al fine di provocare la guerra. Il Sud aveva perso la guerra, ma avrebbe meritato di vincerla se la medesima si fosse combattuta a parità di mezzi e di materiali, essendo stata la leadership militare del Sud superiore a quella dei Nordisti. Detta corrente glorificava, fino a farlo diventare un vero mito della Lost Cause, il gen.Confederato Robert.E.Lee (per una disamina più approfondita di detta corrente, si rimanda all'articolo specifico sull'argomento “Il mito della Lost Cause” di Stefano Senesi, contenuto in questo sito).
Invece, una corrente legata all'Unione, nata nei primi due decenni dopo la guerra, ha interpretato la medesima come una crociata morale che il Nord aveva intrapreso contro il Sud per eliminare la schiavitù (Isaac N.Arnold, History of Abraham Lincoln and the Overthrow of Slavery (1866), John W. Draper, History of the American Civil War (1868–70), Henry Wilson, History of the Rise and Fall of the Slave Power (1872–77) . Per essi, la guerra era stata causata dal Sud che voleva estendere il suo potere legato alla istituzione della schiavitù per sovvertire i valori americani basati sulle virtù repubblicane.
Verso la fine dell'800, a seguito dei problemi posti durante quel periodo dall'industrializzazione, dall'immigrazione e dalle agitazioni sindacali presenti negli Usa, si è cercato di minimizzare le divisioni create dalla guerra civile che venne vista come un doloroso, seppur necessario, evento che aveva prodotto un'unica identità nazionale.
James Ford RhodesHistory of the United States from the Compromise of 1850 (1893–1919), Arthur C. ColeThe Irrepressible Conflict, 1850–1865 (1934) hanno messo in evidenza il problema istituzionale della schiavitù che era stato rimosso dalla guerra nell'interesse di realizzare l'unificazione nazionale. Rhodes ha sottolineato due aspetti del mondo Sudista, l'economia schiavistica e la coltivazione del cotone che avevano messo i rapporti tra Nord e Sud su una strada di inevitabile collisione. La guerra era stata “irrepressible”, irreprimibile e aveva rappresentato un momento sanguinoso ma inevitabile per lo sviluppo degli USA.
Dopo la 1° guerra mondiale, due storici importanti quali Avery Craven, “The Repressible Conflict, 1830–1861” (1939) e James G.Randall, autore del libro "The Civil War and Reconstruction" (1937) hanno sostenuto che la guerra era stata un conflitto inutile causato da una generazione di politici goffa e confusionaria, ”generation of blundering politicians”, che non era riuscita a trovare soluzioni di compromesso e che non aveva saputo tenere presente, tra l'altro, che il fenomeno della schiavitù, a lungo andare, si sarebbe dimostrato, per il Sud, economicamente non redditizio.
Nel 1927, Charles e Mary Beard, in “The rise of American Civilization” hanno scritto che la vera causa della guerra era stata il voler imporre, da parte del Nord, il predominio, sull'economia di tutta la nazione, dell'industria e delle finanze Nordiste. Detti autori hanno gettato le basi della cosiddetta “Progressive School” della storiografia americana fondata sul conflitto degli interessi economici divergenti tra Nord e Sud. La guerra civile è stata definita dai medesimi come “la seconda Rivoluzione Americana” condotta in nome dell'espansione industriale contro l'aristocrazia fondiaria del Sud e le resistenze che detta aristocrazia opponeva alla crescita del paese.
Storici meridionali (Charles Ramsdell e Frank L.Owsley), nel 1930, si sono rifatti alle teorie della corrente della “Lost Cause”, evidenziando che il Sud, costituito da una popolazione fondamentalmente agraria ed anticapitalista, era stato una vittima impotente di un Nord aggressivo, il quale manifestò il suo potere sia a livello culturale che economico.
Dopo la 2° guerra mondiale, sulla scia dei numerosi morti e delle distruzioni che tale guerra aveva provocato, della sconfitta delle ideologie totalitarie e della nascita del movimento dei diritti civili, si è rivista la guerra civile americana sotto il profilo ideologico, mettendo in evidenza il suo aspetto morale, a discapito delle teorie degli storici “Progressive”.
Kenneth Stampp, And the War Came: The North and the Secession Crisis, 1860–1861 (1950) ha insistito, sia pur con ironia, sul fatto che il fenomeno della schiavitù era stato l'elemento fondamentale che aveva scatenato la guerra, intesa come crociata intrapresa dal Nord contro il Sud.
La schiavitù è tornata ad essere al centro del significato e delle cause della guerra con lo storico James M.McPherson,vincitore del premio Pulitzer, autore dei libri, ”Ordeal by Fire: The Civil War and Reconstruction”, (1982) e “Battle Cry of Freedom:The civil War Era” (1988), quest'ultimo libro, del quale sono state vendute 600.000 copie, ha riscosso un grande successo da parte del pubblico. McPherson ha messo in evidenza, superando l'impostazione che descriveva il conflitto come uno scontro tra un Nord avviato alla modernizzazione e un Sud sottosviluppato, la contraddizione ideologica rappresentata dal fenomeno della schiavitù, in una Repubblica liberale ed avanzata, per quei tempi, quale era l'USA prima della guerra civile.
Con la ricorrenza del centenario dell'inizio della guerra civile, 1961, e poi nel 1970 e nel 1980, a seguito dell'eco provocato dalla guerra nel Vietnam, sono nate nuove interpretazioni su aspetti specifici della guerra.
Gli storici Grady Mc Winey e Perry D.Jamieson, Attack and Die, hanno evidenziato come il Sud fosse stato un'entità culturale a se stante con origini etniche celtiche e legato alle tradizioni scozzesi. Viene criticata la tattica militare seguita dal Sud per la propensione avuta dalla Confederazione di prediligere attacchi offensivi, estremamente costosi sotto il profilo della perdita di numerose vite umane.
Gli storici David H.Donald, Drew Faust, Paul Escott, Emory Thomas, e gli autori di “Why the South Lost the Civil War” (Richard Beringer, Herman Hattaway, Archer Jones, William N. Still) hanno sostenuto che la Confederazione fosse stata un tipico esempio di una nazione, appena nata, che si è saputa costruire, anche a livello industriale, durante la guerra civile. Secondo gli autori del sopra citato libro Why the South Lost the Civil War, il Sud ha perso la guerra, tra gli altri motivi, perché il nazionalismo del Sud era debole, anzi quasi inesistente verso la fine del conflitto. Viene sostenuta la tesi che la ragione principale della Confederazione era quello di difendere la schiavitù. Una volta che la schiavitù era diventata insostenibile, molti meridionali ritennero che avevano più da guadagnare riunendosi con il Nord anzichè continuare a combatterlo. Siamo di fronte ad una generazione di storici cd. sociali che della guerra civile americana hanno approfondito altre questioni che gli storici militari spesso hanno emarginato, quali i conflitti di classe, il fronte interno, i fenomeni culturali, mettendo in evidenza le tensioni sociali, a loro dire, esistenti nel Sud e le debolezze dei Confederati. Certo, detti autori sono in disaccordo con i pareri espressi da altri autorevoli storici. Per es. Gary Gallagher,The Confederate War, non condivide queste tesi, infatti egli sostiene che detti storici hanno snaturato la visione della guerra che deve essere vista in un ambito più ampio, domandandosi non i motivi perchè la Confederazione ha perso la guerra, ma come mai la Confederazione stessa sia riuscita a durare così a lungo.
Per David H.Donald la guerra non fu un conflitto "tra nazioni distinte", bensì un conflitto provocato da una serie di dissidi e tensioni interne nell'ambito di una medesima Nazione, quella Americana.Conflitto quindi prodotto dalle tendenze centralistiche da una parte e tendenze locali dall'altra, che erano iniziate già ai tempi della Proclamazione dell'indipendenza. Continua l'autore,"I Nordisti e Sudisti scoprirono sui campi di battaglia di avere qualcosa in comune "e di non essere così diversi come volevano far credere.Questa identificazione "rese il conflitto davvero una guerra fratricida". Anche sotto gli aspetti esclusivamente militari della guerra, Donald nota delle caratteristiche comuni, possedute da entrambi gli eserciti, alla ricerca di medesime soluzioni innovative.Donald sostiene anche che la guerra rafforzò il sentimento nazionale, infatti nel linguaggio comune, non si disse più "gli Stati Uniti sono", ma "gli Stati Uniti é".
Raimondo Luraghi, storico italiano autore di numerosi studi sulla guerra civile, Storia della guerra civile americana,1966, ha sostenuto invece che, prima della guerra, una nazione americana ancora non esisteva se non nei progetti del Presidente Lincoln e della classe dirigente del Nord. Quindi, per Luraghi, durante la guerra nessuno dei combattenti ha sentito la medesima come una guerra civile, bensì come un conflitto tra distinte nazioni. Luraghi sostiene che, in realtà, il conflitto non ebbe i caratteri di una vera e propria guerra civile, perchè una guerra di quel genere di solito divide in due le fazioni, le città, le famiglie. In questo caso era logico che chi provenisse dal Sud andasse a combattere per il Sud, chi provenisse dal Nord, andasse a combattere per il Nord, salvo la questione degli Stati confinanti. L'atmosfera generale non fu quella tipica delle guerre civili, non vennero effettuate violente rappresaglie ed esecuzioni capitali che di solito avvengono quando tali guerre finiscono.
Nel 1970, ci sono stati, sotto il profilo militare, gli studi di John Keegan e il dibattito dottrinario da parte degli storici si è spostato sulle strategie globali della guerra: David H.Donald e Harry T.Williams hanno affermato che la strategia iniziale della guerra era stata dominata dalle teorie di Antoine Henry Jomini e Dennis Hart Mahan-studiosi dell'arte bellica- legate allo stile Napoleonico di condurre le campagne militari. Teorie rese obsolete con l'introduzione nei campi di battaglia dei moschetti a canna rigata. Il gen.Grant,nel corso della guerra, aveva ignorato le teorie dello Jomini e Mahan per raccogliere la sfida industriale tecnologica, con l'utilizzo delle comunicazioni tramite il telegrafo e le ferrovie e i battelli fluviali, mezzi che avevano contribuito a condurre il Nord alla vittoria.
Reid Mitchell e Gerald Linderman hanno prodotto degli studi innovativi sul comportamento tenuto in guerra dai singoli soldati.
Un'altra interpretazione storica,da parte di Harry T. Williams in "Lincoln and His Generals" (1952) e il libro,già citato,di McPherson, "Battle Cry of Freedom" e Philip S. Paludan “A People's Contest”: The Union and the Civil War (1988), ha messo in evidenza la modernità della ACW e il suo aspetto di “guerra totale” e l'ha definita un primo esempio di conflitto portato contro i civili oltre che contro obiettivi militari.
Alla fine degli anni 80, gli storici Edward Hagerman, "The American Civil War and the Origins of Modern Warfare (1988)" e gli autori dell'impegnativo studio del 1983 , "How the North Won: A Military History of the Civil War" (Herman Hattaway e Archer Jones) hanno ridimensionato e in parte minimizzato la portata dell'influenza delle teorie dello Jomini sulle strategie utilizzate durante la guerra civile.
Secondo Paddy Griffith, storico militare inglese, "Batte tactics of the Civil War" (2001), la tecnologia moderna vista tramite l'utilizzo del moschetto a canna rigata o attraverso l'uso delle ferrovie, aveva fatto poca differenza sui campi di battaglia del Nord-America formati su piccola scala. Detto storico ha sostenuto invece che il fattore primario sia stato rappresentato dal dilettantismo dimostrato dagli ufficiali dell'Unione e da quelli Confederati. Griffith ha sostenuto che la guerra civile americana, nonostante l'uso di nuove armi e delle tecniche della guerra di trincea, è stata l'ultima guerra in stile Napoleonico.
Mark Grimsley, "The Hard hand of War" (1995), ha sostenuto che l'obiettivo primario del governo federale era stato in ogni momento il ripristino dell'Unione, non la devastazione del Sud .
Anche Mark E.Neely, "The Civil War and the limits of Destruction" 2007, ha contestato la teoria che l'ACW fosse stata una guerra totale che avesse avuto come scopo la distruzione mirata del nemico e deliberatamente rivolta contro la vita e i beni della popolazione civile. Neely non è d'accordo con la visione comune, presente in molti studiosi, che la guerra civile, almeno nei suoi stadi più avanzati, era diventata un conflitto insolitamente brutale e distruttivo - foriero della “guerra totale” come praticata nel 20°secolo. Egli sostiene che, al contrario, le Armate del Nord e del Sud hanno combattuto in modo limitato, senza inutili e superflue distruzioni della proprietà e delle vite dei civili e non combattenti. I soldati del Nord e del Sud si sono trattati vicendevolmente con maggior rispetto di quanto invece è successo in altre guerre dove il nemico era di una razza diversa, come indiani o messicani. In primo luogo, egli contrappone la guerra civile con le guerre contemporanee o precedenti condotte dagli Stati Uniti. Neely ricorda i numerosi casi di comportamenti brutali compiuti dagli americani contro il nemico e contro i civili nella guerra messicano-americana della fine del 1840, il conflitto che ha proceduto la Guerra Civile.
Altro aspetto da sottolineare è che negli anni intorno al 1980,si è assistito da parte degli storici accademici ad un disinteresse dello studio degli aspetti propriamente militari, a favore degli aspetti politici e del cd. fronte interno.Uno degli storici che invece continua a dare importanza allo studio delle campagne militari della ACW è il sopra citato Gary Gallagher, che ritiene fondamentale far interagire lo studio degli aspetti militari con gli atri aspetti politici,economici e sociali che ruotano intorno alla guerra.

Un altro importante dibattito dottrinario ha riguardato la leadership militare dimostrata dai due principali condottieri della ACW, Grant per la parte Unionista e Lee per la parte Confederata. L'uno considerato l'antitesi dell'altro. Sono numerose le biografie che sono state scritte su di essi.
Su il gen. Lee vi sono i giudizi espressi da Douglas S. Freeman, nei suoi quattro volumi, R. E. Lee (1934–35), monumentale biografia che esamina tutti gli aspetti della vita e della carriera del generale. Lee viene descritto come una figura aristocratica, grande tattico militare, il quale è riuscito più volte a sconfiggere il Nord anche con le limitate risorse umane che la Confederazione, in inferiorità numerica rispetto al Nord,potesse disporre.
William S. McFeely in "Grant: A Biography" (1981), lo ha descritto come un generale privo di immaginazione, chiamato con l'appellativo “The Butcher”(il macellaio). Grant ha ottenuto la vittoria con tecniche militari di logoramento dell'avversario, sfruttando la superiorità di uomini e mezzi sui quali il Nord ha potuto contare, mettendo in atto la cosiddetta guerra di “attrito”.
L'immagine di Lee ha cominciato ad essere ridimensionata nel 1977 con Thomas Connelly, "The Marble Man: Robert E. Lee and His Image in American Society", e Alan T.Nolan, "Lee Considered"; tuttavia il generale continua a godere sempre un ampio credito presso gli storici.
Connelly descrive Lee come un fatalista disposto a cedere alla sua indole intesa ad effettuare costose tattiche offensive sotto il profilo di vite umane. Per l'autore, la fama di Lee durante la guerra era pari a quella degli altri generali Confederati, nonostante il ruolo determinante che Lee avesse avuto durante il conflitto. La sua fama si accrebbe grandemente dopo la fine della guerra; la figura del generale fu utilizzata per fini politici sia dal Sud, in quanto rappresentava l'immagine di riscatto del popolo meridionale, un vero simbolo nazionale. Venne glorificato anche dal Nord che aveva interesse a mettere in evidenza le abilità militari dell'uomo che poi erano riusciti a sconfiggere. Secondo l'autore si trattò di una vera operazione politica e propagandistica per chi poteva averne un interesse. La tesi principale del libro, cioè che Lee non fosse tanto popolare negli anni 1861-65 (la sua fama era ad esempio superata da quella di Stonewall Jackson, secondo Connelly) è stata contestata dal sopra citato Gary W. Gallagher.
Alan T.Nolan, Lee Considered ,1991, ha sostenuto che intorno alla metà dell'anno 1864, Lee aveva capito che la causa della Confederazione era ormai persa e pertanto avrebbe dovuto arrendersi, data anche la grande stima che godeva ancora tra i suoi concittadini, i quali l'avrebbero senz'altro seguito in detta scelta. Per colpa del suo orgoglio, Lee non ha posto fine alla guerra, causando ulteriori lutti al paese. Detto storico ritiene quindi il generale personalmente responsabile per aver continuato la guerra. Nolan sostiene anche che, se Lee avesse continuato a condurre la guerra in posizione di difesa come fece a Fredericksburg, avrebbe potuto vincerla. Per altri storici, es.il già citato Gary Gallagher, la tesi di Nolan relativa alla superfluità di continuare la guerra dopo l'autunno del 1864, viene ritenuta discutibile sotto il profilo dell'analisi storico-mililtare e sostenuta senza disporre di basi solide, non avendo il Nolan tenuto conto di numerose fonti storiche da cui si evince il contrario. Comunque,le tesi del Nolan sono state ritenute significative in quanto hanno prodotto, in merito, un notevole dibattito storiografico .
Grant è stato invece difeso dagli storici Bruce Catton e Brooks Simpson. Egli viene definito come un generale che ha saputo evolvere le sue teorie strategiche e il cui trionfo su Lee nel 1865 è stato una dimostrazione di una migliore gestione strategica e di una maggire abilità operativa rispetto al suo avversario. Lo storico Gordon C. Rhea ha riesaminato la figura di Grant quale “macellaio” ridimensionando notevolmente il numero delle perdite di soldati Unionisti. Per il medesimo autore, in "Cold Harbor" 2002, Grant viene commentato in maniera largamente positiva sia sul piano tattico che strategico.
Lo stesso Keegan da ampio conto delle capacità strategiche di Grant in "The Mask of Command" (trad.it.La Maschera del Comando).

Sono state effettuate da parte degli storici valutazioni comparative sull'operato dei due Presidenti dell'Unione e della Confederazione (Lincoln e Davis) nella loro funzione di Comandanti in capo.
La storiografia ha sempre favorito Lincoln,definendolo miglior stratega globale e modello di saggezza strategica per la sua visione moderna del sistema,sia a livello politico che militare.
Nel 1980 è cresciuta la considerazione degli storici nei confronti di Davis (Ludwell Johnson, Hattaway and Jones, e Steven E. Woodworth), i quali hanno sostenuto che il presidente Confederato fosse riuscito,nonostante tutte le carenze dimostrate dai generali operanti nei teatri di guerra dell'Ovest, a collaborare con i militari, soprattutto con il gen.Lee, calcolando in modo intelligente i rischi delle campagne militari.

I fattori principali delle interpretazioni sopra descritte rendono l'idea del significato politico che la guerra civile ha rappresentato per il popolo americano.