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•La crisi del 1832 e la "Nullification Ordinance"
Testo di Matteo Bellotto
Pubblicato il
11/07/2010
Capitolo IV, riveduto e corretto della Tesi di Laurea in Economia e
Commercio – ambito Scienza delle Finanze dal titolo “Federalismo
fiscale ed evoluzione dei rapporti finanziari tra i vari livelli di
governo negli Stati Uniti d’America”.
Si desidera dedicare un paragrafo alla
“crisi” istituzionale del 1832 perchè si ritiene che ai fini di
questo lavoro i fatti che si vanno a descrivere siano
esemplificativi dei rapporti tra governo federale e stati, anche
alla luce di questioni finanziarie.
Nel decennio che va dal 1820 al 1830 il South Carolina si trasformò
sia economicamente che politicamente. Sotto l’aspetto politico mutò
il suo fervente nazionalismo in un atteggiamento di diffidenza verso
il governo centrale. Economicamente si passò da un periodo di
prosperità ad uno di stasi, se non proprio di decadenza, in cui tra
le altre cose, la popolazione non riusciva ad aumentare allo stesso
ritmo degli altri stati dell’Unione . Si ingenerò forse a torto o
forse a ragione il pensiero che le tariffe protettive imposte tra il
1816 ed il 1824 avessero colpito il tenore di vita della popolazione
a tutto favore di quella del nord industriale.42 La Carolina del Sud aveva una economia di tipo agricolo-cotoniero,
con qualche porzione di territorio coltivata a tabacco, come del
resto tutti gli stati del sud più profondo che veniva e viene
chiamato tuttora “the cotton belt” (la fascia del cotone), per
differenziarsi dalla fascia di stati sempre facenti parte
teoricamente del Meridione ma situati più a nord e con una
agricoltura basata più sul tabacco e definiti “border states”.43 Lo stato aveva la fortuna di avere sul proprio territorio il grande
porto di Charleston che serviva da scalo merci per le esportazioni
dei prodotti agricoli e per l’importazione dei beni di lusso e non,
provenienti per la stragrande maggioranza dall’Europa. Era logico
quindi che le “tariffe dell’abominio” del 1828 fossero
particolarmente odiose per gli abitanti di questo stato, tanto più
che l’esazione dei diritti doganali avveniva principalmente nei
porti. John C. Calhoun (di cui sopra si è già detto) che era
all’epoca vicepresidente degli Stati Uniti, si rese conto che il
protezionismo era dannoso per l’economia del proprio stato e del Sud
in generale ma che soprattutto, al contrario di quello che si
pensava nei circoli politici del Nord, non rappresentava affatto un
“collante” nazionale ma metteva in luce ancor di più le realtà
sezionali. Il clima politico-sociale non era dei più favorevoli e la
protesta rischiava di sfociare in rivolta. Nel 1832, sotto la
presidenza democratica di Andrew Jackson, si tentò un compromesso
tra i desideri protezionistici e quelli liberisti, con una riduzione
della tariffa media dal 41% al 33,3%, grazie all’interessamento di
Henry Clay e l’ausilio dei voti degli stati dell’ovest.44 Questo non bastò agli esponenti della Carolina del Sud, che nel
frattempo avevano formulato una dottrina politica, opera soprattutto
del senatore Calhoun, che rimase per anni una spina nel fianco del
Congresso dell’Unione e che permise di giustificare giuridicamente
la secessione del 1860-61.
Tale dottrina, detta della “nullificazione”45 si basava su due pilastri; il primo riguardava la sovranità degli
stati e ribadiva un concetto caro ai sostenitori degli “states
rights”, cioé che se gli stati erano sovrani all’atto della ratifica
della costituzione nel 1787-88 lo dovevano essere anche nel 1830. Il
secondo pilastro era una novità politica impressionante, perchè
svuotava di un colpo tutta la Costituzione federale: si prevedeva
che gli stati potessero giudicare in modo autonomo se e quando il
Governo ed il Congresso federali eccedevano i propri compiti ovvero
danneggiassero con la loro condotta la popolazione di singoli stati.
L’organo preposto a questo giudizio non era un tribunale , bensì
l’organo legislativo statale che doveva emanare una legge in merito.
Il De Tocqueville46, che si
trovava negli USA in quel periodo, riassume la questione in questo
modo: “I nullificatori del Sud pretendono … che gli americani,
unendosi, non hanno inteso fondersi in un solo popolo ma hanno
voluto soltanto formare una lega di popoli indipendenti; donde segue
che ogni stato avendo conservato, se non di fatto almeno per
principio, la propria completa sovranità ha il diritto di
interpretare le leggi del Congresso e di sospendere nel suo seno
l’esecuzione di quelle che gli sembrano contrarie alla Costituzione
o alla giustizia”.
Il 24 novembre del 1832 una convenzione statale straordinaria emanò
una “Nullification Ordinance”, con la quale si dichiarava
l’imposizione di dazi contraria alla Costituzione federale e si
dichiarava nulla, all’interno dello stato, la legge che li aveva
previsti. Inoltre si vietava espressamente agli agenti federali di
riscuotere le tariffe in questione a partire dal febbraio del 1833.
Il Presidente Jackson ed i politici del Nord tentarono un colpo di
forza nei confronti dei nullificatori, soprattutto per timore che la
cosa potesse coinvolgere altri stati meridionali. Ancora una volta
l’attività di Henry Clay fu utile all’Unione, poiché usare la forza
valeva dar ragione al South Carolina, sul fatto che la federazione
era sfavorevole ai suoi interessi. Nel gennaio del 1833 si raggiunse
un compromesso che determinò la sorte delle tariffe per un decennio:
si prevedeva che dal novero dei prodotti colpiti dal dazio ne
venissero stralciati alcuni e che l’imposizione media dovesse
diminuire gradualmente fino al 20% nel 1842, con ritocchi al ribasso
nel 1834, 1835, 1837, 1839, 1841, e 1842. Da ultimo, cosa che fece
molto piacere ai nullificatori, si introduceva la formula della
“home evaluation”, con cui si considerava imponibile standard la
media dei prezzi nei mercati degli Stati Uniti.
La questione terminò con la promulgazione della nuova legge nel
marzo dello stesso anno, accompagnata da una prova di forza
dell’esecutivo federale che emanava anche il “Force Act” con cui si
faceva espresso obbligo all’esercito regolare di intervenire in caso
di mancato rispetto di leggi federali, nello stato “ribelle”. Dal
canto suo la Carolina del Sud ritirò l’ordinanza di nullificazione
ma dichiarò nullo il Force Act.
De Tocqueville47 notava in
merito alla vicenda che il governo federale si era dimostrato quasi
incapace di gestire l’emergenza e “debole” nei confronti di un
singolo stato, deducendo che lo spirito degli americani era a tal
punto geloso delle proprie appartenenze provinciali che voleva un
governo centrale “ridotto ad un’ombra” nelle questioni interne e
forte invece quando si metteva in discussione l’indipendenza
nazionale.
Si è voluto descrivere questo episodio perchè esso sembra
particolarmente esemplificativo dei rapporti intercorrenti nel
periodo preso in esame, tra il governo federale ed il governo dei
singoli stati. Non v’é dubbio che quest’ultimi godessero di ampie
autonomie che giungevano a rasentare l’indipendenza, ed il governo
centrale era privato de facto di alcune prerogative costituzionali,
come per esempio l’opera di coordinamento dei vari governi locali.
Anche la regolazione del commercio interstatale, materia federale
per eccellenza, era considerata complementare alle normative statali
e non sovraordinata, nonostante sentenze contrarie della
magistratura federale. Il governo federale era in pratica limitato
sia dai poteri locali, che avevano una legittimità diretta sulla
stragrande quantità di materie che toccavano quotidianamente i
cittadini, ma anche dalla politica stessa che nel Congresso doveva
trovare continui compromessi, in due direzioni , una tra il popolo e
la Federazione, l’altra tra i governi statali e la Federazione.
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42 Sull’argomento vedi A.de
Tocqueville “La democrazia in America”; Morison e Commager, op.cit.;
Toninelli; Studenski e Krooss op.cit.; D.B. Davis.
43 Sull’ economia e la società vedi anche R. Luraghi “Storia della
Guerra Civile Americana”.
44 Vedi Studenski e Krooss, op.cit. pag. 97 e ss.
45 Vedi Morison e Commager, op. cit.
46 Vedi “La Democrazia in America.”.
47 Vedi opera citata.
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